Cosa sono gli studi di genere? In Italia se ne parla poco e ancors meno sono i corsi di laurea che si occupano di questo filone accademico. Per colmare questo vuoto l’università La Sapienza di Roma ha deciso di avviare un corso di laurea magistrale che partirà a settembre. Ma negli ultimi giorni il corso Gender studies, culture e politiche per i media e la comunicazione, prima ancora di iniziare, è stato preso di mira dai contestatori.

Un post pubblicato sulla pagina Facebook del dipartimento di comunicazione e ricerca sociale (Coris), che insieme al dipartimento di lettere e culture moderne e psicologia promuove il corso, è finito sul canale Telegram “BASTA DITTATURA ! UFFICIALE” (scritto proprio così). Gli iscritti al canale, quasi 5mila, non hanno risparmiato i loro commenti.

Il canale Telegram

Dal 4 all’8 agosto, ultimo giorno in cui sono stati pubblicati contenuti sul canale Telegram, è stato riproposta più volte un’immagine che riprende il post Facebook pubblicato dalla pagina ufficiale dell’università accompagnato da una descrizione, aggiunta da chi gestisce il canale, in cui si legge «Riempiamo di merda la Sapienza».

«Il primo corso di laurea sugli studi di genere per formare coglioni che andranno a fare propaganda a favore del cancro femminista. Non restiamo a guardare mentre il cancro femminista ci sta distruggendo la nostra società! Adesso basta! Bisogna contra-attaccare! Non lasciamoci distruggere da una piccola minoranza malata!».

Questo messaggio, con tanto di storture grammaticali, come spesso accade nei canali Telegram che fanno disinformazione e diffondono teorie complottiste, è accompagnato dai numeri di telefono e indirizzi email dell’università. È un modo, già sperimentato in passato, per costruire una campagna di odio capillare volta a intimidire e ad arrecare danno intasando recapiti telefonici e indirizzi utili a chi cerca informazioni.

Le opinioni

Su Telegram ci si può nascondere dietro l’anonimato, così un tale di nome Fabio scrive: «Arrivano a tanto perché sanno che nel gregge di pecoroni molti abboccheranno, e un po’ per volta si porteranno dietro altri imbecilli come loro. Di fatto si stanno comprando il pianeta partendo dalle istituzioni».

Anche sul post Facebook del dipartimento di comunicazione il tenore dei commenti è lo stesso. Anche se, in un certo senso, è mitigato dai commenti di studenti ed ex studenti che si dimostrano invece entusiasti per il nuovo corso.

Ma anche se sui social è più facile essere identificati, diverse persone con nome e cognome non si tirano indietro e commentano con frasi come: «Rido solo all’immaginarmi i soggettoni che assisteranno al corso». O ancora: «Finalmente hanno aperto la scuola per clown».

La risposta delle istituzioni

Sulla questione è intervenuta anche Eleonora Mattia, presidente della commissione regionale Lavoro, formazione, politiche giovanili, pari opportunità, istruzione, diritto allo studio: «Trovo assurde e inaccettabili le minacce ricevute dalla Sapienza per via dell'attivazione del corso Gender studies, culture e politiche per i media e la comunicazione. Sembrerebbero provenire da un gruppo di estremisti già attivi nel movimento No Vax».

«A distruggere la società non è il femminismo» dice Mattia «ma l'ignoranza e la violenza, verbale e virtuale, tanto quanto quella fisica, di chi non riconosce nel sapere, nella valorizzazione delle differenze e nella cultura valori fondanti della democrazia e della convivenza sociale».

Gender studies in Italia

Il corso in Gender studies, culture e politiche per i media e la comunicazione è un unicum in Italia. Adottando un approccio multidisciplinare vuole offrire conoscenze e competenze utili per formare professionisti dei media e delle industrie culturali, capaci di promuovere rappresentazioni e narrazioni di genere inclusive e non discriminatorie. È dunque un corso molto specifico e si rivolge a futuri professionisti della comunicazione.

In generale in Italia la situazione sui gender studies è frammentaria e poco approfondita. Nel mondo accademico sono poche le opportunità offerte. Secondo un’indagine presentata all’Università di Roma Tre, nel 2012 solo 16 università pubbliche su 57 mettevano a disposizione almeno un corso in studi di genere ed erano sei i master di secondo livello legati a queste materie.

Nel 2016, stando ai dati raccolti da Marta Prandelli, ricercatrice all’università di Padova, solo 24 tra le 91 università pubbliche e private presenti in Italia proponevano corsi legati al genere. In questo l’Italia è in ritardo nel contesto europeo. L’attenzione verso questo tipo di studi è in crescita nei paesi del nord, in Germania e Francia.

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