Il processo per il sequestro e l’omicidio di Giulio Regeni si può fare. È la Corte costituzionale a sbloccare lo stallo che ne impediva la celebrazione. I giudici della Consulta hanno infatti stabilito che è illegittima la norma contro cui si era incagliato il procedimento e per cui il gip di Roma aveva sollevato la questione di legittimità: è l’articolo 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice possa procedere in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell'imputato, è impossibile avere la prova che quest'ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell'imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa.

La norma in questione, adesso dichiarata incostituzionale, ha di fatto finora consentito ai quattro imputati egiziani – Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abedal Sharif, tutti appartenenti ai servizi segreti egiziani - di sottrarsi al processo semplicemente non rendendo noti i loro indirizzi, perciò non era possibile notificare loro gli atti processuali. La Corte di Assise di Roma e la Cassazione avevano stabilito che il processo non poteva cominciare. Ma l’ostacolo normativo dovrà essere adesso disapplicato.

La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.

La famiglia

«Avevamo ragione noi: ripugnava al senso comune di giustizia che il processo per il sequestro le torture e l'uccisione di Giulio non potesse essere celebrato a causa dell'ostruzionismo della dittatura di al-Sisi per conto della quale i quattro imputati hanno commesso questi terribili delitti». È il commento dei genitori di Giulio Regeni, Paola Deffendi e Claudio Regeni, affidato a una nota dell’avvocato Alessandra Ballerini.
«In effetti come ha scritto il gup Ranazzi nella sua ordinanza “non esiste processo più ingiusto di quello che non si può instaurare per volontà di un'autorità di governo”. Abbiamo dovuto resistere contro questa volontà dittatoriale per sette anni e mezzo confidando comunque sempre nei principi costituzionali della nostra democrazia. Ringraziamo tutte le persone che hanno sostenuto e sosterranno il nostro percorso verso verità e giustizia: la procura di Roma e in particolare il dottor Colaiocco, la scorta mediatica e tutto il popolo giallo».

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