Quando si pensa al panettone, il dolce che è il simbolo del Natale, di certo non viene in mente il diritto. Eppure tante sono le norme che ne regolano la produzione, la denominazione, l’etichettatura e molto altro. Ed è bene che i consumatori ne abbiano conoscenza, per gustare in maniera più informata e consapevole questo classico alimento delle festività.

Cos’è giuridicamente il panettone

Il panettone rientra tra i prodotti agroalimentari tradizionali (cosiddetti Pat). Un decreto del ministero delle Politiche agricole, Alimentari e Forestali (n. 350/1999) definisce come tali i prodotti «le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo» e ne prevede un apposito elenco.

In attuazione di questo provvedimento, il ministero delle Attività produttive, con decreto del 22 luglio 2005 (aggiornato con decreto dello stesso ministero il 16 maggio 2017), ha disciplinato «la produzione e la vendita di taluni prodotti dolciari da forno propri della tradizione culinaria italiana», definendo specificamente le caratteristiche e la composizione di panettoni, pandori, colombe, savoiardi, amaretti e amaretti morbidi.

Queste precise denominazioni di vendita possono essere utilizzate solo ove siano rispettate le indicazioni del decreto circa gli ingredienti, obbligatori e facoltativi, e il procedimento di produzione.

Può essere legalmente denominato “panettone” solo un «prodotto dolciario da forno a pasta morbida, ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida, di forma a base rotonda con crosta superiore screpolata e tagliata in modo caratteristico, di struttura soffice ad alveolatura allungata e aroma tipico di lievitazione a pasta acida», contenente una serie di ingredienti: tra gli altri, «uova di gallina di categoria “A” o tuorlo d’uovo, o entrambi, in quantità tali da garantire non meno del quattro per cento in tuorlo», «materia grassa butirrica, in quantità non inferiore al sedici per cento», «uvetta e scorze di agrumi canditi, in quantità non inferiore al venti per cento».

Uvetta e canditi possono anche mancare, ma in tale caso «la denominazione di vendita del prodotto» deve indicarne l’assenza. Ci sono poi ingredienti che il produttore ha la facoltà di aggiungere, come ad esempio latte e derivati, miele, malto, burro di cacao.

Nell’allegato al decreto vengono definite le fasi di lavorazione per la produzione del panettone, che sono preparazione della pasta acida, fermentazione, preparazione impasto con dosaggio ingredienti e aggiunta inerti e impastamento, porzionatura, «pirlatura» con deposizione dell’impasto nello stampo di cottura, lievitazione, «scarpatura», cottura, raffreddamento, confezionamento.

I prodotti che non rispettano le prescrizioni non possono essere legalmente definiti come “panettone”, per cui bisogna ricorrere a denominazioni di vendita alternative: ad esempio, “dolce da forno”. Il ministero per lo Sviluppo economico, con la circolare del 3 dicembre 2009, n 7021, ha ribadito che sono da ritenere «ingannevoli e potenziale fonte di concorrenza sleale le modalità di presentazione dei prodotti di imitazione che richiamano in maniera inequivocabile i lievitati classici di ricorrenza (forma del prodotto, forma della confezione, immagine) e che si distinguono da essi solo per il fatto di utilizzare in maniera poco evidente (fondo della scatola, caratteri piccoli ecc.) denominazioni alternative a quelle disciplinate».

L’etichettatura

In tema di etichetta, si applicano le disposizioni del regolamento europeo «relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori» (n. 1169/2011). Quella del panettone deve contenere tutte le indicazioni previste, obbligatorie (ad esempio, la denominazione dell’alimento, l’elenco degli ingredienti in ordine ponderale decrescente, eventuali allergenici, la quantità di alcuni ingredienti, il termine di conservazione minimo o la data di scadenza) e facoltative (ad esempio, l’idoneità di un alimento per vegetariani o vegani). Le indicazioni obbligatorie devono essere apposte in modo facilmente visibile, chiaramente leggibile e indelebile.

Inoltre, gli eventuali ingredienti che potrebbero comportare un rischio allergenico (glutine, frutta in guscio ecc.) devono essere riportati sull’etichetta con «un tipo di carattere chiaramente distinto dagli altri ingredienti elencati, per esempio per dimensioni, stile o colore di sfondo». Deve essere osservato anche il regolamento europeo (n. 828/2014) «relativo alle prescrizioni riguardanti l’informazione dei consumatori sull’assenza di glutine o sulla sua presenza in misura ridotta negli alimenti».

E non è tutto. Dal 1° gennaio 2023 (d.lgs. n. 116/2020 che ha recepito le direttive Ue sui rifiuti, sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio, n. 851/2018 e n. 852/2018), vige l’obbligo di etichettatura ambientale degli imballaggi, tesa a facilitarne la raccolta, il riutilizzo, il riciclaggio attraverso una chiara informazione ai consumatori.

Quindi, dall’etichetta ora si apprenderà in via espressa che la confezione del panettone va gettata nella carta, il sacchetto nella plastica, il laccetto nel metallo e la maniglietta nella plastica, lo stampo di cottura nell’organico se è certificato come compostabile, altrimenti nell’indifferenziato. Quello del panettone è un multi-imballaggio, il cui variegato smaltimento può creare difficoltà in alcune categorie di consumatori, nonostante le indicazioni fornite sulle etichette in conformità a quanto prevede la legge.

Le sanzioni

Le sanzioni previste sono di vario tipo. In particolare, l’uso delle denominazioni di vendita dei prodotti da forno in difformità alle disposizioni dei decreti di riferimento è «punito con la sanzione amministrativa da euro 3.000 ad euro 15mila», nonché con la confisca amministrativa.

Sono applicabili, inoltre, le sanzioni prescritte per la pubblicità ingannevole nel caso in cui siano utilizzate forme e modalità di presentazione idonee a confondere il consumatore, inducendolo in errore circa le caratteristiche del prodotto considerato.

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