La Rwm è una fabbrica di bombe ed esplosivi che sorge nel sud-ovest della Sardegna, a pochi chilometri di distanza dalla città di Domusnovas. All’apparenza è una delle tante industrie del comparto difesa attive sul territorio italiano, ma il nome Rwm porta con sé non poche ombre.

La fabbrica è stata a lungo associata alla guerra in Yemen dopo che i suoi prodotti sono stati usati dalla coalizione a guida saudita contro la popolazione civile e negli ultimi anni se ne è tornato a parlare per questioni più locali, ma non per questo meno importanti.

L’amministratore delegato e altri funzionari della Rwm sono sotto processo insieme ad esponenti del comune di Iglesias e Domusnovas per l’ampliamento abusivo della fabbrica sarda, a cui sono stati aggiunti illecitamente due nuovi reparti e un poligono per i test esplosivi.

Ma la vera notizia è un’altra: di recente la Rwm ha ripreso i test all’interno dell’area prove più volte dichiarata abusiva dal Consiglio di stato e considerata tra l’altro ad alto rischio idrogeologico. 

Ampliamento abusivo

La storia dell’ampliamento della Rwm inizia nel 2016, quando l’azienda decide di ampliare i suoi stabilimenti per fare fronte all’incremento delle richieste che arrivano dall’estero, in particolare da Arabia saudita ed Emirati Arabi Uniti, già impegnati nella guerra in Yemen.

Per procedere con i lavori la Rwm ha bisogno delle relative autorizzazioni da parte dei comuni interessati e dalla regione, comprese le valutazioni di impatto ambientale (Via) visto che la fabbrica insiste su un’area soggetta a vincolo idrogeologico e boschivo.

Nonostante ciò, secondo le autorità competenti i progetti - presentati singolarmente e non come piano unico - possono essere avviati senza Via.

L’azienda ottiene così l’autorizzazione per costruire il nuovo poligono "Campo Prove R140", parte di un più grande progetto per il raddoppio della linea di produzione degli esplosivi PBX e dei relativi ordigni.

Il piano prevede anche la realizzazione di due nuovi reparti, R200 e R210 da costruire senza all’interno del perimetro della fabbrica. A confermare gli obiettivi dell’azienda è anche l’amministratore delegato Fabio Sgarzi, che in un’intervista a La nuova Sardegna del 2018 parla di un ampliamento da 35 milioni necessario per soddisfare le richieste del mercato.

La Rwm d’altronde continua a posizionarsi tra le aziende con il più alto numero di esportazioni, inserendosi tra le prime cinque nel 2016, 2017 e 2018, quando viene annunciato l’ampliamento.

Per l’azienda la crescita della linea produttiva è dunque indispensabile, tanto che Sgarzi afferma che in caso di diniego delle autorizzazioni la Rwm sarebbe costretta a spostare le operazioni presso altre società del gruppo, molto probabilmente in Sudafrica.

Il comune di Iglesias però non si oppone alle richieste dell’azienda e continua a non richiedere una valutazione ambientale, autorizzando i lavori a novembre del 2018. Meno di un anno dopo arriva anche il via libera per la costruzione del campo prove R140, ma a quel punto iniziano a muoversi anche sette associazioni locali - tra le quali Italia nostra, Usb e Comitato riconversione Rwm - che presentano ricorso contro le autorizzazioni.

La prima condanna contro l’ampliamento della Rwm arriva a novembre del 2021. Il Consiglio di Stato definisce illecita la frammentazione del progetto e stabilisce che era necessaria la valutazione di impatto ambientale.

La sentenza dunque annulla tutte le autorizzazioni rilasciate per la realizzazione dei nuovi reparti R200 e R210 e del poligono, ma nel mentre i lavori alla Rwm sono stati portati a termine dato che il Tar nel 2019 non aveva accolto l’opposizione delle associazioni, permettendo all’azienda di proseguire con l’ampliamento.

La Rwm a quel punto presenta ricorso al Tar della Sardegna, ma a luglio del 2023 i giudici confermato il blocco dei nuovi reparti. Nel mentre si attiva anche la Procura di Cagliari, che rinvia a giudizio i vertici di Rwm Italia e i funzionari del comune di Iglesias e Domusnovas che avevano concesso le autorizzazioni.

La ripresa dei test

La storia sembra doversi concludere qui, con la sospensione delle attività della Rwm nelle zone costruite abusivamente e la vittoria delle associazioni. Ma non è così.

A fine agosto gli attivisti che si sono opposti all’ampliamento hanno scoperto che il campo prove R140 è stato utilizzato di recente. Come dimostrano chiaramente le foto, al poligono è stata aggiunta una protezione di sacchetti di sabbia e sulle pareti in cemento armato sono comparse delle crepe causate dalle esplosioni.

Ma come è possibile che l’azienda abbia ripreso i test in un’area dichiarata abusiva da una sentenza del Consiglio di stato?

Come ci spiega Massimo Coraddu, consulente tecnico delle associazioni che si oppongono alla Rwm, è stata proprio la regione Sardegna ad autorizzare l'utilizzo del poligono per i test esplosivi.

La conferma è arrivata dallo stesso ufficio di valutazioni ambientali, che in un incontro con Coraddu e altri rappresentanti delle associazioni ha spiegato che l’azienda ha presentato una richiesta di valutazione ambientale ex-post, chiedendo anche di poter utilizzare nel frattempo i reparti dichiarati abusivi.

Questa procedura è in effetti prevista dalla legge, ma a delle condizioni ben precise. Una di queste è che l’area interessata dai lavori possa essere riportata al suo stato originario, mentre la ripresa delle attività è possibile solo se non vi è il rischio di ulteriori danni ambientali. Ed è su questi punti che le associazioni sono pronte a fare ricorso.

Il poligono – spiegano – è stato realizzato in un’area che secondo la cartografia ufficiale della regione è sottoposta a vincolo idrogeologico, dato che si trova a ridosso di un versante ripido e franoso.

Questo dettaglio è riportato persino nelle carte presentate dalla Rwm per la valutazione ex-post, ma nonostante ciò la regione ha ugualmente accettato la richiesta dell’azienda.

Ma non è tutto. Come sottolinea Coraddu, la Rwm ha sbancato l’area su cui sono sorti il poligono e i nuovi reparti e ha anche rimosso un’area boschiva che serviva proprio per stabilizzare la zona dal punto di vista idrogeologico.

Considerando l’alto impatto ambientale di questi lavori è difficile pensare che l’azienda possa riportare il territorio al suo stato originale, mentre viene da chiedersi come è possibile che secondo la regione Sardegna i test esplosivi non arrecheranno ulteriore danno all’ambiente.

Ma la contestazione delle associazioni non è legata solo al poligono: anche i due nuovi reparti sono problematici dal punto di vista ambientale.

L’azienda, ricorda Coraddu, è attraversata da un fiume e secondo le normative vigenti non è possibile costruire nei 150 metri adiacenti le rive, come invece è stato fatto per realizzare gli ultimi due reparti.

Tutto ciò pone un grave pericolo per la sicurezza dato che il fiume è a rischio esondazione in caso di forti piogge. Al momento i due reparti sono ancora fermi dato che non erano mai stati utilizzati primo dello stop del Consiglio, ma questo dettaglio sarà rilevante per l’ottenimento o meno del Via.

Prossimi passi

C’è però dell’altro. La richiesta di valutazione ex-post non è stata presentata per tutto il piano di ampliamento dello stabilimento, inteso come progetto unico, ma solo per alcune sue parti.

Eppure il Consiglio di stato aveva dichiarato illegittima la frammentazione degli interventi ed espressamente richiesto di sottoporre a valutazione di impatto ambientale il progetto nella sua interezza. Un particolare di cui la regione dovrà tenere conto nel prendere la sua decisione.

Le associazioni locali intanto stanno organizzando un nuovo ricorso amministrativo contro la fabbrica, con l’obiettivo non solo di fermare l’ampliamento della Rwm ma anche di opporsi alla militarizzazione di un’isola in cui basi Nato e poligoni militari occupano più della metà del territorio regionale. 

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