Antonio De Marco ha ammazzato l’arbitro Daniele De Santis e la sua fidanzata Eleonora Manta perché li vedeva troppo felici. Non è il primo caso, Daniela Cecchin nel 2002 aveva fatto di peggio. L’invidia per la felicità altrui la proviamo tutti.
- Li ha uccisi perché erano troppo felici. Com’è possibile? È impossibile. Eppure una domanda, tra noi, nel borbottio dei nostri pensieri, non possiamo non farcela – anche se non vorremo, la domanda s’insinua nella nostra testa.
- Non è capitato anche a noi di invidiare la felicità altrui? Certo.
- Però noi ci siamo limitati a invidiare, con le infinite sfumature che la parola invidia può avere – da un’innocua, bonaria gelosia che ci ha punto un momento e poi non ci abbiamo più pensato, a una tristezza profonda per la nostra condizione comparata a quella altrui, a una sorta di rabbia.
“Li ho uccisi perché erano troppo felici” – sarebbe questa la motivazione del violentissimo omicidio, da parte di Antonio De Marco, del giovane arbitro Daniele De Santis e di Eleonora Manta, la sua fidanzata. È una frase che negli ultimi giorni passa di bocca in bocca, una motivazione che non può essere una motivazione: troppo assurda, e feroce, per essere vera. Prima del duplice omicidio, Antonio De Marco ha 21 anni e studia Scienze infermieristiche a Lecce. È introverso, silenzioso, e torna



