Nelle carte delle indagini della procura di Bari su voti, clan e politica spuntano due dati che raccontano il sistema clientelare e affaristico e la rete imprenditoriale coinvolta. Il primo riguarda la guerra tra gli indagati per le clientele, il secondo, invece, il socio dell’imprenditore, finito ai domiciliari per una gara truccata, che, in un’informativa, veniva indicato in rapporti con esponenti della ‘ndrangheta. 

Guerra di clientele

La prima inchiesta della procura di Bari ha coinvolto la consigliera comunale di maggioranza, Maria Carmen Lorusso e il marito, Giacomo Olivieri, finito in carcere e accusato di aver comprato voti dai clan baresi. L’ultima ha riguardato l’ex assessore Alfonsino Pisicchio, indagato per corruzione, accusato di aver agito per favorire un imprenditore in un appalto in cambio di assunzioni per tornaconto elettorale. Cosa c’entrano? Un’intercettazione chiarisce la guerra dei voti e delle clientele. Olivieri era adirato perché nonostante l’impegno profuso tra accordi, assunzioni e voti comprati, alcuni consiglieri lo abbandonavano per passare su altri carri, come quello di Pisicchio.

«Quel pezzo di merda di Neviera (consigliere comunale, non indagato, ndr), calcola con la figlia assunta, lui non eletto, giura fedeltà... come diventa consigliere comunale se ne va con Pisicchio! E quanti regali dobbiamo continuare a fare per questa gente qua? Col sangue nostro! Consigliere comunale sai quanto... sai che cosa comporta? Mille e seicento euro al mese...Perché là una volta che diventi consigliere comunale, lo stipendio lo paga il Comune!», diceva al telefono. Un’altra conversazione d’interesse vedeva protagonisti il solito Olivieri e Bruna Montani, finita in carcere e imparentata con un capoclan. La donna diceva: «Presidente, a me mi hanno chiamata...io ho lavorato, io ho lavorato in mezzo a queste cose, io sono chiara… allora perché a me i politici mi vogliono tutti bene, a me mi ha chiamato Pisicchio...» e Olivieri sentenziava: «Ma sono tutti volta gabbana». Parlava per esperienza personale. 

Te lo devi Recordare

A leggere le carte dell’ultima operazione emerge il nome di Roberto Recordare, imprenditore attivo nelle società aggiudicatarie della gara per le attività di supporto alla gestione e riscossione della tassa sui rifiuti del comune di Bari. In particolare viene evidenziata l’amicizia, oltre che il rapporto societario, con l’imprenditore Giovanni Riefoli, finito ai domiciliari.

«I due sono stati sempre in stretto contatto (via email e/o whatsapp) seguendo insieme tutte le fasi della gara, poi aggiudicatasi», si legge nelle carte. Ma chi è Recordare? Nel 2020 è stato indagato dall’antimafia di Reggio Calabria perché sospettato di essere addirittura «un soggetto riservato della 'ndrangheta» incaricato di riciclare decine di miliardi di euro per i clan. Nell’informativa si leggevano di precedenti di polizia e dei suoi rapporti con esponenti della cosca Gagliostro-Parrella-Romola. Recordare, anche tramite il suo avvocato, ha sempre ribadito di non aver ricevuto neanche un avviso di garanzia e di essere totalmente estraneo a ogni contestazione, visto che le iniziali indagini non hanno avuto alcun seguito giudiziario. 

Torniamo a Bari, nell’indagine è indagato solo Riefoli mentre Recordare è estraneo all’inchiesta. Secondo gli inquirenti il bando di gara sarebbe stato manipolato garantendo favori e utilità per tutti gli attori protagonisti. Il responsabile unico del procedimento, il funzionario Francesco Catanese, ha ricevuto come contropartita l’assunzione della moglie; l’imprenditore, amico di Recordare, ha ricevuto l’appalto; i fratelli Pisicchio hanno ricevuto diverse utilità, Enzo avrebbe incassato soldi, mobili, regali mentre Alfonsino, fedelissimo di Emiliano ed ex assessore, assunzioni pilotate utili in vista del voto. La clientela viaggia di pari passo con il familismo, in un’altra vicenda viene ricostruita l’assunzione del figlio dell’ex assessore in un’impresa amica che era in attesa di un finanziamento regionale. 

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