Irraggiungibile sembra il Bayern mercoledì sera per la Lazio, con i suoi 11 campionati consecutivi vinti in Germania e perché è sempre tra le favorite in Champions. Irraggiungibile sembra il calcio tedesco per quello italiano, quando si parla di impegno.

Un movimento che non ha paura di prendere posizione. Che si tratti dell’apertura ai fondi di investimento stranieri, della condanna ai movimenti di estrema destra o della crescente commercializzazione dello sport, il pubblico negli stadi della Bundesliga non perde l’occasione per far sentire la sua voce. Lo fa lanciando dagli spalti palline da tennis e monete di cioccolato. Nell’ultimo weekend, a Dortmund, Stoccarda e Berlino hanno dovuto interrompere le partite per decine di minuti in attesa di ripristinare l’ordine. Nelle curve c’erano striscioni con la scritta “no agli investitori” oppure “cofinanziati dal denaro insanguinato saudita”. Ad Amburgo qualcuno ha incatenato una porta in campo in segno di protesta.

A far infuriare i tifosi da oltre due mesi è stata la votazione che potrebbe cambiare le sorti del loro calcio, l’apertura agli investimenti di private equity in cambio di una quota dei diritti televisivi per i prossimi due decenni.

Il no ai private equity

È stata approvata dalla maggioranza dei 36 club di A e B. Una scelta motivata dalla lega con «l’obiettivo di mantenere competitivi e finanziariamente stabili i campionati, garantendo l’equilibrio tra integrazione sociale e crescita economica».

La stima dei possibili introiti ammonta a un miliardo di euro, ma il cambio di rotta rischia di minare l’integrità della cosiddetta regola del 50+1, una forma di coinvolgimento diretto dei tifosi nella proprietà. Consente loro di detenere sempre la maggioranza del diritto di voto, in modo da impedire a investitori esterni di prendere il sopravvento.

Spalancare le porte ai finanziamenti potrebbe scardinare l’equilibrio, dando più voce in capitolo a chi sarebbe tentato di privilegiare i propri interessi sulla passione popolare.

Il no all’estrema destra

È solo l’ultima delle proteste. Il calcio si è schierato in massa settimane fa contro il partito di estrema destra Alternative für Deutschland. In risposta ai presunti piani segreti di deportazione di milioni di migranti, gli ultras si sono fatti sentire nelle manifestazioni di piazza al grido di «niente calcio per i fascisti» e «il calcio accoglie i rifugiati». In molte curve della Bundesliga il calcio è considerato uno strumento per la conquista della democrazia al pari di scuola e lavoro.

Non è una sorpresa che siano stati i club a incoraggiare i tifosi alla partecipazione di piazza contro Afd, condannato da molti allenatori, tra cui Xabi Alonso del Bayer Leverkusen, proprio il timoniere della squadra che potrebbe interrompere il dominio del Bayern Monaco. «Bisogna essere chiari e difendere i valori democratici, viviamo in una nazione molto aperta in cui tutti hanno il diritto di venire e portare il meglio, abbracciandone la cultura a prescindere dal paese di origine».
La lotta ai neonazisti e al razzismo è diffusa. Il Borussia Dortmund porta i tifosi di ogni età a visitare i campi di concentramento. I progressi si manifestano lentamente, ma l’azione congiunta ha contribuito a eliminare gran parte dei problemi che affliggevano le curve in Germania negli anni ’80 e ’90, come i cori antisemiti. Secondo un sondaggio realizzato da SWG, il 60 per cento degli italiani ritiene che le offese in uno stadio – razziste e non – siano un aspetto normale del tifo.

Un forte ammutinamento si è verificato qualche anno fa pure contro il Monday Night, la partita del lunedì sera, tradizionale in Inghilterra, introdotta poi anche in serie A. I disagi legati agli spostamenti in orari disagevoli e in un giorno feriale hanno scatenato proteste, boicottaggi, periodi di prolungato silenzio: nel 2018 gli ultras del Werder Brema rimasero muti per 18 minuti e 30 secondi in una partita casalinga contro l’Hertha Berlino.

I fischi hanno cercato di disturbare l’esperienza televisiva, al punto da obbligare la Federcalcio a incontrare i tifosi e fare un passo indietro. In Germania non hanno paura di schierarsi, ogni giorno contro, senza alcuna paura.

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