«Vogliamo essere libere, non coraggiose». Negli ultimi giorni questo slogan ha animato in tutta Italia le manifestazioni contro il patriarcato e la violenza sulle donne. Si tratta di una frase che dice molto di come il movimento femminista stia cercando di cambiare la narrazione sulla sicurezza per le donne, non più da considerare “eroiche” nella loro decisione di uscire di casa, ma da agevolare creando le condizioni per cui lo possano fare senza dover correre più pericoli rispetto agli uomini.

Sex & the city

«In questa battaglia il ruolo delle città, di come vengono disegnati i loro spazi, di quali trasporti si decide di potenziare, è cruciale», spiegano Florencia Andreola e Azzurra Muzzonigro. Nel 2022 queste due ricercatrici e architette hanno fondato Sex & the City, un’associazione che si propone di guardare le città «da un punto di vista di genere» così da renderle effettivamente più sicure per le donne.

Per farlo hanno realizzato diversi studi. L’ultimo, in pubblicazione a febbraio e i cui contenuti erano finora inediti, ha messo sotto la lente di ingrandimento Milano, una città in cui la questione securitaria è da mesi prioritaria. Intervistando 1.670 donne milanesi, Muzzonigro e Andreola hanno scoperto che il 63,4 per cento di loro ha subito molestie, il 77,14 per cento si sente spesso insicura di sera/notte e il 22,2 per cento arriva a non uscire di casa per paura nelle ore senza luce.

«Si tratta di dati molto gravi soprattutto quando guardiamo a quelli che hanno a che fare con la percezione. Inoltre smentiscono alcuni luoghi comuni come l’idea che la presenza massiccia di forze dell’ordine o esercito aumenti la percezione di sicurezza. Molte donne ci hanno detto, al contrario, di non esserlo, in quanto queste presenze danno l’idea che sia in corso qualcosa di allarmante», spiegano le due ricercatrici che aggiungono come «il caso milanese sia chiaramente solo la spia di un problema che riguarda tutta l’Italia».

Non solo sicurezza

Ma come fare a rendere le città più sicure per le donne? «La prima necessaria premessa è comprendere come la sicurezza per le donne sia un tema intersezionale, ovvero collegato a diversi fenomeni come le disuguaglianze economiche, le migrazioni e l’accessibilità ai servizi», dicono Andreola e Muzzonigro.

«Nelle nostre interviste è apparso fin da subito chiaro come l’allargarsi della forbice sociale tra ricchi e poveri crei dei problemi anche per la sicurezza delle donne. Per esempio la cattiva gestione dei flussi migratori porta infine a un aumento di violenze e percezione di insicurezza da parte del sesso femminile», spiega Andreola.

Secondo la ricercatrice, un esempio plastico di questa situazione si può trovare a Milano nella zona Loreto-Padova. «Qui a pochi passi dal bar e ristorante “mosso Milano”, uno dei luoghi simbolo della riqualificazione e della gentrificazione milanese, si trova il complesso di via Arquà, una delle vie più insicure della città per la costante presenza di migranti abbandonati a sé stessi.

Per questo capita spesso di assistere a risse o lanci di bottiglie di fronte a uno dei progetti sociali più noti della città. Il problema è che anche luoghi nati con le migliori intenzioni rischiano semplicemente di diventare un’attrazione per giovani radical chic che vengono dal centro, invece di interagire con il proprio quartiere».

I pericoli della gentrificazione

Le due ricercatrici ritengono che la gentrificazione, ovvero il processo che porta a espellere dai quartieri le categorie sociali più povere e marginalizzate, sia molto pericolosa. «In Italia crediamo ancora troppo che il decoro sia sinonimo di sicurezza. Il punto non è la presenza o meno di migranti o prostitute, ma come vengono percepiti e in quali condizioni si trovano. Per esempio a Berlino è normale ritrovarsi nella metro drogati seduti accanto a uomini di affari. La normalizzazione è il primo passo per il cambiamento. Spingere viceversa i migranti, i poveri e le prostitute ai margini delle città servirà solo a renderli più frustrati e insicuri. Con ripercussioni gravi anche e soprattutto per le donne».

Il tema è quello di creare una città capace effettivamente di aggregare e proteggere. «Per questo la città dei 15 minuti, ovvero che permette di raggiungere tutti i servizi essenziali in un raggio di 15 minuti a piedi, è un obiettivo fondamentale per la sicurezza delle donne», dice Muzzonigro che tiene a sottolineare «la necessità di abbandonare l’idea di una città per funzioni, in cui alcuni quartieri si accendono e si spengono in determinate ore. Finendo col renderli privi di presidi, come bar o negozi, per chi potrebbe avere bisogno di aiuto».

Non a caso uno dei problemi principali delle città italiane è la gestione della “notte”. «Questa fascia oraria è spesso giudicata secondaria. E questa situazione preclude alle donne la possibilità di sentirsi sicure. Anche il sesso femminile dovrebbe avere il diritto di divertirsi e lavorare di notte. Invece interi quartieri sono lasciati senza presidi e i trasporti vengono ridotti. E questo è un problema che riguarda tutte le città e che è ancora più grave in provincia», attacca Andreola che cita tra i pochi esempi positivi la città di Bologna, dove la vicesindaca Emily Clancy ha voluto prendersi le deleghe per la “notte” proprio per provare a garantire più sicurezza in quella fascia.

«Chiaramente ogni città e ogni quartiere ha le sue particolarità, ma ci sono alcune azioni che possono essere utili in molti casi. Anche banalmente capire l’importanza di coinvolgere le donne nell’organizzazione degli spazi urbani, il quartiere viennese di Frauen Werk Stadt è stato disegnato da sole donne e ha risposto alle loro esigenze. Noi crediamo che dialogare sia fondamentale, ma che ancora la politica italiana non riesca davvero a farlo», spiegano le due architette.

Milano

Su questo tema si dice d’accordo anche Elena Lattuada, delegata del sindaco di Milano alle Pari opportunità di genere: «I politici italiani fanno spesso fatica a mettersi dal punto di vista femminile. A Milano stiamo lanciando un grande momento di ascolto proprio sul tema della sicurezza delle donne, in cui sentiremo la loro voce per poi prendere i provvedimenti necessari. Ma allo stesso tempo è anche importante per le amministratrici locali trovare momenti per confrontarsi e capire come allearsi su questi temi per farli comprendere anche ai colleghi uomini».

Ascolto reciproco e cambio di narrazione sono quindi le due stelle polari. I primi passi ci sono, ma, secondo Andreola e Muzzonigro, la strada è ancora lunga: «Spesso alle nostre iniziative partecipano solo donne e quando parliamo di questi problemi ci sentiamo dire che le “città sono pericolose”. Quasi a dire che non c’è nulla da fare. Invece è giunto il momento di cambiare. Come dice il motto, “le strade sicure le fanno le donne che le attraversano”».

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