Una frana ha distrutto case e vite a Casamicciola, sull’isola di Ischia. Gli innocenti sono le vittime rimaste sepolte sotto le macerie: fino a questo momento sono otto i morti. Nelle ore successive alla tragedia, commissari, politici, ministri, ma anche costruttori pentiti hanno detto tutto e il contrario di tutto, una babele di dichiarazioni che lascia intendere che ogni genere di soluzione si è perduta tra autorizzazioni, conflitti di competenze, ritardi e abusi perenni in un territorio su cui si è costruito ovunque e da sempre.

Le lacrime durano tre giorni, durante i quali si ricorda l’annosa questione dell’abusivismo, si promettono misure draconiane, si intona il ritornello del “mai più” e si annuncia rigore che dura il tempo necessario a rimuovere il fango, piangere le vittime e aspettare la bella stagione. È già successo molte volte in quel territorio incantevole e fragile.

L’ultima tragedia

Nel 2017 un terremoto di magnitudo 4,0 ha colpito Casamicciola, i crolli delle case hanno ucciso due persone ferendone 42, tra queste due bambini, estratti vivi dalle macerie, un miracolo che non ha insegnato niente. Dopo cinque anni la morte arriva dall’alto, con il crollo di una parte del monte Epomeo che tracima a valle.

Quel terremoto, vista la bassa intensità, non avrebbe dovuto causare vittime e invece la tragedia poteva essere peggiore visto che in una scuola erano caduti mattoni, pareti e calcinacci. Ma il sisma era arrivato di sera quando gli istituti erano chiusi.

Dopo quella scossa anche la sede del comune di Casamicciola è stata dichiarata inagibile, così come altri edifici pubblici. Il comune era sprovvisto del piano di protezione civile, nonostante lo rendesse obbligatorio una legge del 2012. In quei giorni intensi e drammatici, il vicesindaco Giuseppe Silvitelli aveva trovato il capro espiatorio: i cronisti. Li allontanava con urla, insulti e spintoni.

I commissari e il ministro

Dopo cinque anni a Casamicciola la giunta non c’è più, e al suo posto è arrivata la commissaria prefettizia Simonetta Calcaterra, che è stata nominata anche commissaria straordinaria dopo la dichiarazione governativa dello stato d’emergenza. Ma per il terremoto c’era anche un altro commissario, Giovanni Legnini, in passato vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, nominato qualche mese fa. Legnini sciorina numeri e dati, rende chiaro il quadro.

Per quel terremoto ci sono mille edifici coinvolti, un migliaio di pratiche di condono riguardanti le strutture colpite e un piano di ricostruzione che la regione non ha ancora approvato.

«Il piano doveva essere adottato nei prossimi giorni, io ho snellito le pratiche, al momento sono stati approvati una quarantina di progetti sui mille edifici interessati. Ci sono ritardi, ma stavamo sbloccando la situazione, questa tragedia è grave e complica la ripartenza», dice Legnini.

Dopo cinque anni il comune di Casamicciola è ancora inagibile. Ora ci sono due commissari che cercano le risposte mentre dal governo una soluzione l’hanno già trovata: la galera.

«Contro l’abusivismo edilizio basterebbe mettere in galera il sindaco e tutti quelli che lasciano fare, i sindaci non devono lasciare costruire», dice il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, prima di rettificare che non si riferiva a nessun sindaco, anche perché a Casamicciola non c’è. Parlava tanto per dire qualcosa. La frana ha riaperto il decennale dibattito sull’abusivismo edilizio. Sono 28mila le pratiche di sanatoria richieste sull’isola, gli ambientalisti si scagliano contro il decreto Genova, approvato dal secondo governo Conte, con l’avallo di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, ma con la contrarietà dell’allora ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. «Una frase stabilisce che le pratiche di sanatoria inevase fino ad allora vengono giudicate in base al condono Craxi del 1985, rendendo possibile il condono di edifici costruiti in aree a rischio sismico e idrogeologico», ricorda Legambiente.

Il comune di Casamicciola non ha neanche un piano regolatore, quello che disciplina come e dove costruire, e da sempre l’edilizia è la leva per costruire consenso. Nell’ultima campagna elettorale c’era chi con tanto di manifesto chiedeva condono edilizio subito, in primis Severino Nappi della Lega, una proposta caldeggiata anche da altri partiti. «Ma si riferiva agli abusi di necessità, mica alle zone rosse», si difendono i proponenti.

E così la polemica si sposta dall’abusivismo al rischio idrogeologico e finisce in regione Campania sul tavolo del governatore Vincenzo De Luca, che dopo la tragedia ha tuonato: «Bisogna demolire gli alloggi costruiti sui greti dei fiumi, in aree idrogeologiche delicate e insostenibili, in zone a vincolo assoluto, su aree demaniali». Il presidente della regione è anche commissario al dissesto idrogeologico.

«Degli 11 miliardi e mezzo stanziati per il dissesto ne sono stati spesi pochissimi dalle regioni, in un paese che non approva la legge sul consumo del suolo e dove gli abusi non si abbattono, a Ischia è stato eseguito solo il 2 per cento delle ordinanze di demolizione», ricorda l’ex ministro Sergio Costa. E la giostra delle responsabilità ricomincia da capo, fino alla prossima tragedia.  

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