Il 2024 si è aperto con un aumento della tampon tax. Se a gennaio 2023 l’Iva sugli assorbenti era stata diminuita al 5 per cento, come gli altri beni di prima necessità, solo 12 mesi dopo il governo di Giorgia Meloni ha deciso di riportarla al 10 per cento. 

«È doloroso e dispiace», ha detto la presidente di Coop Italia, Maura Latini, che sia stata la prima presidente del Consiglio donna ad alzare di nuovo l’Iva sui prodotti mestruali. E aggiunge: «Credo che i modi e i tempi per recuperare possono essere tanti se il governo deciderà di farlo».

Coop ha rilanciato la petizione per abbattere l’incremento della tassazione. «Ci sembra molto importante – prosegue Latini – che su certi temi non si facciano passi indietro, anche considerando la grande difficoltà che il nostro paese ha nel compiere degli avanzamenti sulla gender equality». 

La giustificazione data è che l’inflazione ha vanificato l’effetto della riduzione dell’Iva, «ma questo ci sembra solo un motivo in più per tenerla stabile al 5 per cento piuttosto che incrementarne ancora di più il costo per le donne», sottolinea Latini. 

La petizione di Coop è stata avviata su change.org nel 2018 con il collettivo di attiviste Onda rosa: 90mila le firme raccolte nelle prime settimane, un numero che è aumentato esponenzialmente alla fine del 2022, con 680mila firme. L’azienda ha poi rilanciato la sottoscrizione a gennaio 2024 raggiungendo le 703mila firme. A partecipare alla campagna anche figure importanti nel panorama sociale ed economico nazionale, tra cui Linda Laura Sabbadini, statistica ed editorialista, Natasha Maesi, presidente nazionale Arcigay, Vera Gheno, sociolinguista, Azzurra Rinaldi, economista e molte altre.

Una petizione simile è stata portata avanti in Germania, dove però i risultati sono stati fissati e non sono soggetti a cambiamento. Due attiviste tedesche, Nanna-Josephine Roloff e Yasemin Kotra, hanno lanciato una raccolta firme che ha raggiunto poco meno di 200mila sottoscrizioni e portato il tema nel dibattito pubblico. Nel 2020 la Germania ha ottenuto un calo significativo dell’Iva per questi prodotti, dal 19 al 7 per cento, un traguardo – scrive Coop – che non è mai stato messo in discussione.

Neutralizzare la tassa

Sugli assorbenti marchio Coop, l’azienda ha quindi deciso, in mancanza di politiche nazionali, di neutralizzare l’Iva e di abbassarla al 5 per cento da gennaio a fine maggio 2024. Un costo di circa un milione di euro: «È un impegno robusto ma che abbiamo deciso di fare per sostenere anche in maniera concreta questa battaglia», ha spiegato la presidente Latini, «è un costo che le cooperative hanno considerato sostenibile».

I dati

L’Italia è tra i 21 paesi al mondo a prevedere un’Iva differenziata per gli assorbenti, come dimostra il monitoraggio condotto da Wash United. Tra questi però ha una delle tassazioni più alte: in Germania è al 7 per cento, in Francia al 5,5, negli Stati Uniti al 8,3. Ma sono 27 i paesi – come il Regno Unito, l’Irlanda, il Canada, l’Australia – dove l’acquisto di assorbenti è esente da Iva. 

Una donna, in base all’ultima stima ufficiale della legge di bilancio, affrontava una spesa media per i prodotti mestruali di circa 70 euro l’anno. Ma sulla base dei più recenti valori di spesa rilevati da Nielsen, l’Ufficio Studi Coop, il valore è di circa 40 euro. Con questo nuovo calcolo, il costo della riduzione dell’Iva per le casse dello stato si ridurrebbe drasticamente, in termini di mancato gettito: dai 36,9 milioni di euro stimati dal governo, a 19,7 milioni di euro. 

Bisogna considerare inoltre che tra il 2021 e il 2023 il prezzo medio dei prodotti per la cura e l’igiene personale è aumentato, mediamente, del 9,2 per cento.

Le vendite di assorbenti sono aumentate in valore, passando da 412,7 milioni di euro a 419, ma il numero di confezioni vendute è diminuito da 198,8 a 198,3 milioni, circa mezzo milione, con un aumento medio dei prezzi per confezione del 2 per cento su base annua.

Un aggravio su una parte della popolazione già fortemente in difficoltà economica, se si considera che 6,5 milioni di donne maggiorenni in Italia sono a rischio povertà ed esclusione sociale, il 25,1 per cento del totale. Sono poi 2,3 milioni le persone che, secondo le ultime stime ufficiali, versano in condizioni di povertà assoluta, il 9 per cento del totale. «Persone spinte a fare maggiori rinunce, limitando più spesso la quantità di prodotti acquistati», fa notare Coop. 

La gender equality interna

In occasione della Giornata internazionale della donna, l’8 marzo, Coop ha presentato anche i dati sull’uguaglianza di genere all’interno del proprio sistema, dove le donne sono il 71,5 per cento. Ma solo il 34,8 dei ruoli direttivi e ricoperto da donne, il 40,9 per cento dei consiglieri nei Cda delle cooperative, il 54,5 per cento dei soci eletti negli organismi rappresentativi e il 58,1 del totale dei soci. L’azienda ha ottenuto la certificazione della parità di genere. 

I dati sul gender gap

In Italia una lavoratrice dipendente guadagna in media 7.900 euro in meno all’anno rispetto agli uomini, in base ai dati Inps. Un divario che cambia con riferimento alla qualifica, dal 14 per cento nei quadri al 41 per cento nel lavoro operaio. Sul piano nazionale, solo il 22 per cento dei dirigenti è donna, ma anche a parità di condizioni contrattuali e ore lavorate la retribuzione delle donne risulta inferiore a quella degli uomini.

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