L’affumicatura è una delle tecniche più antiche di cottura dei cibi. Ma non è per tutti. Come spiegano anche Luca Parenti e Filippo Nuti, che da poco più di un mese hanno lanciato Wood a Perugia. Il menù lascia poco spazio al dubbio, qui la carne affumicata secondo la tradizione texana la fa da padrone.

«Tanti sono perplessi, vengono da noi anche con un certo sospetto, ma poi si ricredono: la nostra affumicatura è dolce, diversa da quella che si aspettano i clienti» dice Parenti. I due amici di lunga data hanno trovato nel locale appena fuori dal centro cittadino l’occasione per «mettere insieme un po’ di cose», creare un progetto che mette insieme le capacità di Nuti in cucina con la gestione della sala di Parenti, che in realtà viene da tutt’altro settore. Il risultato è una carta che fa sentire il cliente in un barbecue texano, più che in un locale in Umbria.

L’idea

Il progetto è semplice quanto ambizioso: scardinare una lunga serie di pregiudizi del pubblico italiano, con un prodotto che reclama già un posto nella cultura barbecue italiana. Che, effettivamente, fino a questo momento è rimasta piuttosto di nicchia, considerato che si tratta di tagli di carne, tecniche e condimenti più affini ad altre tradizioni: le affumicature sono un panorama molto variegato ma molto conosciuto, spesso percepito come in contrasto con i sapori più europei.

Nuti lavora però con tecniche meno aggressive sfruttando un fuoco molto ossigenato che dà origine a un fumo poco invasivo. Il pit-master ha anche lavorato a lungo sulle salamoie e i drain che servono per “curare” la carne prima di metterla nell’affumicatore. La combinazione di questi due fattori apre a ribs, pulled pork e pastrami una via verso la ristorazione italiana, anche mantenendo gli abbinamenti classici della carne con sapori come lo zenzero e i ribes.

Il decollo in Italia

Solo negli ultimi anni il barbecue si è guadagnato una certa popolarità anche in Italia. Uno su tutti, l’esperimento del cuoco televisivo Joe Bastianich, che ha portato nelle stazioni di mezza Italia Joe’s American BBQ. Ma ci sono anche realtà più di nicchia che puntano sulla materia prima: è il caso per esempio degli Smokin’ Brothers, tre imprenditori italiani che hanno studiato a fondo le tecniche di affumicatura a freddo del salmone norvegese per poi acquistare il prodotto da un allevamento in Scozia e mettere su la loro smokehouse in Inghilterra. La scommessa ha pagato, e tra i clienti ci sono una lunga serie di chef di alto livello.

L’affumicatura è una tecnica antichissima. Secondo gli studi era diffusa già tra gli ominidi di 250mila anni fa che avevano iniziato ad arrostire la carne che cacciavano: il primo prodotto affumicato è stata la carne, ma i sumeri e forse anche le popolazioni dell’odierna Cina hanno iniziato a trattare il pesce poco tempo dopo.

Soprattutto per le popolazioni nordiche, nella storia è diventata una tecnica di difesa contro l’inverno, quando la disponibilità di carne e pesce freschi era limitata o si rischiavano gravi carestie quando il pescato non bastava a soddisfare la domanda di cibo. Una tradizione che si è imposta in maniera così forte sulle cucine nazionali che ancora oggi si ritrova nell’affumicatura del salmone in Scozia e Norvegia, in quella russa dello storione e quella giapponese dell’anguilla. Anche perché la conservazione sotto sale è stata scoperta soltanto molto tempo dopo.

Considerata la sua lunga storia, l’affumicatura è spesso il risultato di una commistione di culture: quella australiana “southern style”, per dire, combina spunti africani, tecniche tedesche e la passione texana per la carne. La spesa per le pezzature non è ingente, ma bisogna mettere in conto parecchio studio per rendere onore alla tradizione: resta però una cucina alla portata di tutti gli appassionati.

Le nuove tecniche

Oggi entrambi i tipi di affumicatura – caldo, come nel barbecue e freddo, come quello utilizzato nelle smokehouse, in cui la temperatura rimane costante – vengono utilizzati dal giardino di casa alle cucine stellate. Ma, al di là del richiamo primordiale verso il legno che brucia, l’affumicatura è molto meno statica e tradizionale di quello che potrebbe sembrare.

La sperimentazione non si ferma: se il New York Times nei trend di cibo per il 2023 segnala il cibo “empirico”, arricchito cioè di ulteriori stimoli – nel caso specifico l’aspetto olfattivo dell’affumicatura, soprattutto per i cocktail – da qualche anno gli chef hanno immaginato anche i dessert affumicati. Un trend che può insistere sia su combinazioni tradizionali con sapori come cioccolato, caramello e frutta, ma che apre anche strade più sperimentali.

La complessità

Del fatto che l’affumicatura in Italia abbia appena cominciato a fare proseliti è prova anche la scarsità di attrezzature a disposizione dei pit master. Una questione non secondaria, considerato che serve un forno che permetta di gestire l’affumicatura con precisione per quanto riguarda posizione, temperatura e tempi di cottura, per non parlare dell’importanza della scelta del legno con cui alimentarlo. «Oggi affumico con un forno da 500 galloni, pari circa a 700 chili, lungo quattro metri. Ma i miei primi forni li ho realizzati io: quando ho iniziato a dedicarmi a questa tecnica bisognava rivolgersi agli artigiani, ora c’è un po’ più di mercato».

Ma c’è anche la questione del prodotto: Nuti e Parenti lavorano in Umbria, ma non è detto che i produttori locali abbiano sempre a disposizione un taglio adatto alla tecnica dell’affumicatura.

In una prima fase, hanno scelto di privilegiare la qualità del prodotto finale: il pastrami viene realizzato con il black angus americano o canadese, per i piatti a base di maiale si rivolgono a un’azienda che fa parte del consorzio dei produttori del prosciutto di Parma. Insomma, non chilometro zero, ma la certezza che alla fine i piatti che hanno reso questa tecnica sempre più diffusa nei paesi di cultura anglosassone negli ultimi anni arrivino in tavola come tradizione vuole.

Con una certa tolleranza per la creatività dello chef, che ha creato anche sovrapposizioni con la cucina del centro Italia, come i ravioli al pastrami o gli umbricelli al ragù d’oca, sempre trattati da Nuti.

Il pit master ha iniziato nel 2014 con un furgoncino con uno smoker a bordo che portava di fiera in fiera, una realtà itinerante che dovrebbe tornare anche in Wood. Poi, dopo lo studio delle tecniche e il passaggio in cucina, finalmente la partenza del nuovo progetto in Umbria, «dove viene anche voglia di sperimentare cose nuove lontane da quelle che si fanno negli Stati Uniti». E, come si sa, nell’affumicatura non c’è limite alla creatività.

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