Prendiamo i quattro navigatori spaziali che si sono imbarcati sulla capsula di Space X e l’Ulisse dantesco. Le due storie hanno diverse similitudini. Nel racconto di Dante, l’irrequieto Ulisse, già stanco della tranquillità domestica dopo il suo lungo peregrinare, riparte per il «folle volo» per scoprire cosa c’è oltre le colonne d’Ercole. I quattro astronauti dilettanti partono dal Kennedy Space Center della Florida su un «legno» del terzo millennio per addentrarsi in un lembo di spazio che non è mai stato toccato da “persone normali”, ma solo da una élite di professionisti spaziali, satelliti e altri marchingegni in orbita. Entrambe le vicende parlano dell’originaria e insopprimibile ricerca di un nonsoché oltre i confini delle cose note.

Nell’immaginario antico e medievale la magnetica soglia fra il qui e l’oltre era il bacino del Mediterraneo, confine del mondo conosciuto; in quello odierno sono i recessi profondi dello spazio, che brulicano di sonde, esploratori e ora anche di turisti, ma continuano a sapere di mistero, tanto che anche il Pentagono, avamposto del potere tecnologico umano, ammette che ci sono là fuori fenomeni osservabili ma per il momento non spiegabili.

A prima vista, la storia del navigatore antico e del viaggiatore spaziale postmoderno afferiscono dunque allo stesso racconto archetipico: l’umanità assetata di sapere si spinge oltre i propri limiti per afferrare qualcosa di più.

I due racconti, però, sono anche profondamente diversi. Il semplice atto di avventurarsi non basta di per sé per rendere Ulisse e i quattro astronauti la stessa cosa. Il senso del viaggio dipende dalla ragione per cui i protagonisti si mettono in cammino, dalle loro intenzioni, dalle aspettative e, in ultima analisi, dallo scopo dell’esplorazione.

Che cosa cerca Ulisse? Che cosa cercano i turisti spaziali? Qui sta la differenza sostanziale. Ulisse spiega la ragione dell’impresa nell’arringa alla «compagna picciola» che lo ha seguito in una terzina famosissima: «Considerate la vostra semenza:/ fatti non foste a viver come bruti,/ ma per seguir virtute e canoscenza». Il capo della spedizione invita i suoi «frati» a considerare la loro «semenza», cioè l’origine, la loro natura di esseri umani, che tende allo scopo di seguire la virtù e la conoscenza. Il desiderio umano di conoscenza si afferra intuitivamente.

La questione della virtù invece è più complicata. Per Aristotele la virtù è ciò che conduce al bene supremo, la felicità, un fine che si persegue per sé stesso e non in funzione di altri beni. È questo l’orizzonte in cui si muove Dante quando usa il termine «virtute». Il viaggio di Ulisse è perciò animato dal tentativo di realizzare ciò per cui lui è venuto al mondo, non in vista di altri beni, come la colonizzazione di terre che eventualmente potrebbe scoprire o gli onori che gli verranno tributati quando tornerà a raccontare l’impresa (in questo caso il viaggio finisce male, ma questa è un’altra storia).

Le ragioni dichiarate del viaggio mordi-e-fuggi dei turisti spaziali sono di altri ordini. Il miliardario 39enne Jared Isaacman, capo e finanziatore del progetto, ha dato alla missione Inspiration4 un inquadramento filantropico. Il viaggio serve per finanziare il St. Jude Children’s Research Hospital, importante centro di ricerca sul cancro pediatrico. Isaacman ha detto che il senso dell’operazione è dare un messaggio molto inspiring, termine affascinante e indeterminato, sulle possibilità per le persone comuni di scorrazzare un giorno in orbita, ma anche un incoraggiamento ad apprezzare «quello che possiamo ottenere qui sulla terra».

Gita di beneficenza

Anche gli altri membri dell’equipaggio selezionati fra una serie di candidature spontanee sono partiti carichi delle loro ragioni specifiche. Sian Proctor è la prima pilota spaziale nera e la sua speranza è dare ispirazione alla «prossima generazione di donne e ragazze di colore», mentre Hayley Arceneaux lavora al Jude Children’s Research Hospital ed è stata malata di cancro quando era bambina, e la sua presenza dovrebbe essere inspiring per tutti quelli che lottano contro la malattia. Si tratta naturalmente di cause giuste e commendevoli che nobilitano quello che altrimenti sarebbe solo un pirotecnico esercizio turistico, ma il suo motore non è l’ancestrale tentativo di realizzare la natura umana – fine che si giustifica in sé stesso – attraverso virtù e conoscenza, quanto il desiderio di promuovere iniziative condivisibili.

Ulisse affronta il viaggio dell’esistenza umana, i turisti dello spazio s’imbarcano in un’affascinante gita di beneficenza.

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