Qalche mese fa Jake Dennis ha dichiarato che una delle cose più affascinanti della Formula E è il suono. Un’esperienza sonora davvero unica, secondo l’ultimo campione del mondo, che corre per il team Andretti, «perché è semplicemente il suono del vento».

Un sibilo al posto del rombo di tuono della Formula 1, quasi uno scherzo. Invece, oltre l’esperienza mistica e new age, un vento di cambiamenti e di novità la Formula E lo sta portando sul serio nel mondo del motorsport e non solo. Non è una rivoluzione, quelle richiedono atti poderosi e rovesci. Le accortezze portate dal Mondiale che si corre su monoposto elettriche sono molto più soft.

Alcune le vedremo dal 13 gennaio, quando a Città del Messico prenderà il via la decima stagione del campionato mondiale di Formula E. Un giro del mondo a emissioni zero e in sei mesi, che si chiuderà il 21 luglio con il doppio appuntamento di Londra. Per un totale di 17 gare in 11 città. Rispetto a un anno fa, sono saltate le tappe di Città del Capo, Djakarta, Roma e Hyderabad (che era in calendario ma è stata da poco cancellata), al loro posto si sono aggiunte Tokyo, Misano Adriatico e Shanghai.

L’Italia perde il centro dell’impero, ma conserva il suo posto nel mondiale elettrico con la doppia gara sul circuito romagnolo intitolato a Marco Simoncelli, che metterà a dura prova i veicoli progettati per sfrecciare nel cuore pulsante delle metropoli.

Le origini

Nel 2014, quando partì la grande avventura della carovana a batterie, nessuno pensava che avrebbe fatto molta strada. Sam Bird, uno dei piloti inglesi più gettonati, aveva rilasciato un’intervista alla Bbc: «Alcune persone hanno criticato la Formula E fin dall’inizio. Si sbagliano di grosso. Si mangeranno presto le parole, perché questo è un campionato serio».

Ci sono voluti dieci anni, ma oggi l’e-world su quattro ruote è grande, consolidato e persino in crescita. In termini di sponsor e di pubblico. E ovviamente anche di fatturato. Nel 2022 è stato registrato un nuovo record, con 181 milioni di euro in entrata rispetto ai 169 dell’anno precedente.

Pensare che nel 2014 l’attivo non aveva superato 1,5 milioni di euro (1,43). Niente male. Anche se i costi per tenere in piedi questa manifestazione sono altissimi e il deficit nell’ultimo bilancio ha raggiunto i 65 milioni. I dati sono dell’ultima relazione finanziaria di Formula E Operations, e parlano di rosso totale intorno ai 242 milioni, un saldo negativo accumulato dal 2013 e destinato a salire con i risultati del 2023.

Però i ricavi salgono, e per gli investitori questa è sempre una buona notizia. I partner commerciali della Formula E sono arrivati a 12 (i principali sono Abb, Julius Baer e le aziende saudite Sabic e Saudi Arabian Airlines), mentre il fornitore delle gomme continua a essere il colosso giapponese Hankook, che ha un contratto fino al 2026.

L’anno della ricarica

Dentro ai 45 minuti di gara (contro le 2 ore della F1) gli esegeti della Formula E ci vedono sempre qualcos’altro. Giovanni Sgro, Head of Maserati Corse, dice che al Mondiale partecipano due tipologie di figure: «Quelli interessati al motorsport in una competizione al livello più alto dell’elettrico. E quelli interessati alla tecnologia e all’innovazione».

Rientrata l’anno scorso nel mondo delle competizioni con Folgore, Maserati è un fiore all’occhiello per la Formula E. Ha il team più giovane dell’e-Circus, e i piazzamenti della passata stagione sono una base per l’anno che verrà. «Vogliamo sfruttare quell’entusiasmo», aggiunge Sgro, «per noi sono stati momenti incredibili e vogliamo proseguire nella stagione del nostro compleanno numero 110. Abbiamo imparato la grinta: non giudico le persone dai podi, ma da come si rialzano e vanno avanti».

Maserati vuole la top 5. Ma effettivamente c’è di più dietro l’attenzione per la Formula E, e tutto ha a che fare con squarci di futuro. La novità assoluta di quest’anno sarà l’introduzione dell’Attack Charge, ovvero dei pit stop di ricarica rapida.

Non debutteranno prima degli e-prix di Misano, a metà stagione. Ma la curiosità è tanta, anche per capire le soluzioni adottate dai vari team. Lo sviluppo tecnologico è dunque il punto centrale, chiave, e in un mondo avviato con fatica verso la transizione ecologica tutto può servire. Anche il motorsport.

«C’è un grande trasferimento di tecnologia. Da noi le monoposto vanno di pari passo con la Folgore stradale. Chi segue la Formula E è appassionato di nuove tecnologie, osserva questo campionato anche per capire quale sarà l’evoluzione della mobilità ed è pronto ad abbracciare l’elettrico», spiega Sgro. Maserati è un esempio di eccellenza. Dal 2030 produrrà solo elettrico.

La transizione

Chi dunque si ostina ad affiancare Formula 1 e Formula E rischia di prendere un abbaglio. Un anno fa, a Wired, Eric Ernst, direttore tecnologico Formula E, spiegò che senza la F1 e il seguito di pubblico costruito negli anni «noi non esisteremmo».

L’obiettivo delle due competizioni è però completamente diverso: «Noi vogliamo avanzare nell’adozione della mobilità elettrica, della mobilità intelligente. Vogliamo mostrare quanto sono cool le macchine elettriche».

Cool o no, la necessità della transizione ecologica ha portato effetti anche nel mondo delle monoposto tradizionali (gli avvitatori elettrici, per esempio, o i carburanti e l’ibrido). Questo non aumenterà il flusso di pubblico, forse, ma la base internazionale di fan della Formula E ha comunque registrato una notevole crescita del 17 per cento su base annua, raggiungendo i 344 milioni e superando addirittura la Nascar.

Oggi è il quarto sport motoristico più seguito al mondo. Tanti sono i mercati in crescita in termini di fanbase. La Germania e gli Usa hanno visto un incremento rispettivamente del 45 e del 30 per cento. E l’anno scorso le gare di Formula E hanno attirato oltre 225 milioni di spettatori, segnando un aumento del 4 per cento.

Le prospettive

Tuttavia la Formula E ha aspettative più alte. Per il secondo anno di fila si correrà con la monoposto Gen3. Possiede standard top: 320 km/h (nel 2014 era 225) grazie al suo motore elettrico che eroga circa 350 kW; da 0 a 100 in meno di 3 secondi (2,8; le F1 in 2,6).

Ma chi progetta e studia è già con la testa al 2026, quando verrà introdotta la generazione successiva (Gen4). Quest’anno ci sarà l’esordio in Giappone, nell’ambito del programma Zero Emission Vehicle in cui la Formula E collabora con Tokyo, città che si è posta l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni entro il 2050.

La grande sfida è lì: nella sensibilizzazione che non rinuncia a competere. Julia Pallé, vice presidente per la Sostenibilità in Formula E, ha fatto anche una visita all’ultima Cop28. Pallé ha sempre detto che la sostenibilità non è una strategia per la Formula E, ma è parte della cultura della competizione.

«Entra in tutte le nostre decisioni». Dopo aver misurato la propria emissione di carbonio, la Formula E ha scoperto che il 75 per cento proveniva dagli spostamenti. Ora il campionato utilizza una pianificazione a blocchi per allestire un calendario che limiti i viaggi lunghi.

Viene utilizzato il trasporto marittimo per ridurre le emissioni degli spostamenti aerei. I materiali di gara per il giorno di apertura sono stati inviati in Messico in nave.

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