Chi non ha mai desiderato scendere da un treno in estremo ritardo, bloccato per qualche guasto o fermo per un problema di un altro mezzo? Forse nessuno risponderebbe negativamente a questa domanda. Peccato che, a meno che non si sia ministri del governo di Giorgia Meloni, sia molto difficile che accada. Quello del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida è un caso più unico che raro tra le 207 fermate di emergenza che – stando al comunicato del 22 novembre di Trenitalia – ci sono state in questi 11 mesi del 2023.

Il ministro viaggiava su un Frecciarossa che avrebbe dovuto portarlo a Napoli prima, per poi raggiungere Caivano, dove era atteso a una inaugurazione. Ma i 110 minuti di ritardo rischiavano di far saltare la presenza alla passerella. «Non mi dimetto, quella discesa dal treno non era per andare in vacanza o andare a trovare la mia famiglia, ma per andare a fare il mio lavoro», si è difeso il ministro dagli attacchi delle opposizioni che ne chiedono le dimissioni.

Persino qualche alleato non è stato tenero con il cognato della premier. «Il comportamento di Lollobrigida credo sia una cosa che bisogna evitare, bisogna cercare di evitare di ingenerare polemiche anche se capisco che ci possono essere delle questioni istituzionali e dei momenti in cui ci sono cose da fare». ha detto il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo.

Che quello di Lollobrigida sia un esercizio di potere è chiaro a tutti. «Le porte si aprono solo in caso di interventi necessari di forze dell’ordine o personale sanitario a bordo», spiega una fonte dell’azienda. Nella nota diffusa il 22 novembre, in risposta alla notizia della fermata straordinaria per il ministro a Ciampino data dal Fatto Quotidiano, Trenitalia ha fatto sapere che sono possibili «fermate straordinarie per coincidenza/riprotezione dei clienti derivanti da gestione anormalità o circolazione perturbata».

«Nelle condizioni generali di trasporto, in conformità al regolamento europeo 782 del 2021, è indicato che, nel caso in cui l’arrivo alla destinazione finale sia previsto con un ritardo superiore a 60 minuti, qualora il viaggio non risulti più utile ai fini del programma originario di viaggio, il passeggero ha diritto al rientro al punto di partenza o ad altra località intermedia di sua scelta», precisa l’azienda.

Il dossier riservato su ritardi

Lollobrigida o meno, di qualche ora o di pochi minuti, la circolazione dei treni non è tra le più oliate. Anzi, la situazione sembra essere peggiorata. Lo dimostra il “Documento puntualità” di Trenitalia. I dati – che Domani ha potuto leggere – riguardano tutte le Frecce, sia Frecciarossa che Frecciargento, e tiene in considerazione il 2021 (anno ancora condizionato dalle restrizioni Covid), il 2022, e i primi mesi del 2023, calcolando la percentuale di ritardi oltre i cinque minuti dei treni.

La differenza tra i primi sette mesi del 2021 e lo stesso periodo del 2023 è notevole: i ritardi aumentano di quasi il 10 per cento ogni mese. A gennaio 2021 i treni puntuali erano l’80,2 per cento, nel 2023 il 71,7. Ad aprile 2021 85 per cento di puntualità, quest’anno il 71,7. Ancora peggiore il confronto tra i due mesi di maggio: 79 contro 59,5 per cento. La diminuzione della puntualità più importante è quella delle Frecciargento: nel paragone tra i primi sette mesi del 2021 e del 2023 il calo è tra il 13 e il 18 per cento. Per i Frecciarossa invece il calo è leggermente più contenuto: tra il 5 e il 14 per cento. Il dato che emerge è che solo 6-7 Frecce ogni 10 arrivano puntuali entro cinque minuti a destinazione.

Le cause, spiegano a Domani da Rfi, sono varie: incide sicuramente il numero di treni (oltre 50mila in questi primi 11 mesi del 2023), «tornati pienamente ai livelli pre Covid»; poi ci sono «cause esterne (maltempo e inondazioni sempre più frequenti, investimenti, persone che attraversano i binari, etc.)»; e poi il numero di cantieri per il rinnovo delle infrastrutture per i progetti Rfi e Pnrr, compresi gli snodi urbani spesso congestionati, con la necessità di nuove stazioni per l’alta velocità.

«Nel 2023 l’indice di puntualità risulta essere in rialzo sia rispetto al 2022 sia rispetto al 2019, ultimo anno pre-pandemia e quindi comparabile con il numero di treni in circolazione oggi», precisano da Trenitalia.

La questione della puntualità del trasporto ferroviario ha allarmato anche il ministro dei Trasporti Matteo Salvini: lo scorso mese di ottobre ha convocato una riunione perché «sulla puntualità dei treni quotidianamente c’è tanto da lavorare». Ferrovie lo scorso anno ha investito 5,9 miliardi, e il Pnrr ne destina altri 28,8 a potenziare la rete. E poi c’è il piano decennale di Rfi: 200 miliardi fino al 2032, di cui 180 in infrastrutture. Insomma, i soldi non mancano per far arrivare i treni in orario.

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