«Ha tanti dubbi quanti ne ho io»: quel legame tra Borges e Bergoglio

Anticipiamo in forma lievemente ridotta un articolo pubblicato nel sessantesimo numero del trimestrale del Pen Italia, diretto da Sebastiano Grasso. Gli argentini più famosi al mondo sono probabilmente Maradona e Messi. Dopo di loro vengono Borges e Bergoglio. Il grande scrittore e il futuro pontefice si erano conosciuti nel 1965, quando il religioso ventinovenne, non ancora sacerdote, aveva invitato Borges – che di anni ne aveva sessantasei ed era già molto famoso – a tenere alcune lezioni a un gruppo di studenti liceali a Santa Fe, nell’Argentina centrale, dove Bergoglio insegnava letteratura e psicologia. La ricostruzione più attendibile è di uno di quei ragazzi, Jorge Milia, divenuto brillante giornalista e scrittore. Fu la conoscenza del futuro papa con «María Esther Vázquez, una scrittrice che era stata alunna e segretaria di Borges», il tramite dell’invito, ha raccontato Milia in un articolo su «realtà e imprecisioni di un’“amicizia”» pubblicato nel 2013 su La Stampa. A spiegare la «condiscendenza dello scrittore» si dev’essere rivelato decisivo il fatto che l’invito gli fosse giunto proprio da un gesuita, scrive l’allievo di Bergoglio quando il suo antico professore era papa ormai da quasi nove mesi: «Voglio immaginare che questa possibilità dell’ineffabile incontro tra l’agnosticismo e la fede possa aver costituito la ragione che indusse» Borges ad accettare. Le mappe segrete (e religiose) di Borges. «Non mi spiacerebbe essere ebreo» Rispetto umano e intellettuale Delineate in questo modo la genesi e l’accoglienza dell’invito, Milia si è chiesto se si possa «parlare di amicizia» tra i due e ha risposto in modo onesto, ridimensionando il rapporto con eleganza e altrettanta credibilità. «Borges aveva amici pubblicamente noti e di certa fama, ma di numero ridotto. Bergoglio ha amici poco noti, e noi non siamo famosi. Però, entrambi li hanno sempre considerati come un circolo raccolto. Chi potrebbe stabilire se in qualche momento essi abbiano incluso l’altro nel proprio circolo? È improbabile, e da qui deriva che l’idea di una amicizia tra loro appaia fittizia. Quello che senza dubbio ci fu – altrimenti, il rapporto non sarebbe mai esistito – è che entrambi ebbero uno speciale rispetto umano e intellettuale per l’altro. Un riconoscimento che è diverso dall’amicizia, ma che – come essa – implica la stima e l’ammirazione». JORGE LUIS BORGES.ANSA Attentissimo sino alle ultime settimane di vita alla costruzione della propria immagine, Bergoglio aveva voluto ricordare Borges – morto nel 1986 – nelle conversazioni con due giornalisti amici, gli argentini Angela Ambrogetti e Sergio Rubín. Con loro l’arcivescovo di Buenos Aires aveva pubblicato nel 2010 il libro intervista El jesuita, e ancora da loro nel 2023, decennale del pontificato, si sarebbe fatto intervistare nell’interessantissimo El pastor (entrambi editi in Italia da Salani). Nel primo libro lo scrittore è brevemente descritto dal cardinale come «un agnostico che tutte le sere recitava il Padre Nostro perché l’aveva promesso alla madre, e che morì con il conforto religioso». Quasi con le stesse parole Borges è evocato nell’autobiografia affidata dal papa a Carlo Musso (Spera, Mondadori). Elaborato sin dal 2019 e in un primo tempo destinato a essere pubblicato postumo, il lungo racconto è uscito invece agli inizi del 2025, esattamente un mese prima dell’ultimo ricovero, e in questo nuovo libro lo scrittore diventa senz’altro «un uomo di spiritualità». Francesco, quel papa che leggeva Gabriel García Márquez e Jorge Luis Borges Il ricordo di Borges Diverso è il ricordo di Borges. L’epoca a cui risalirebbe è quella più buia dell’Argentina, proprio durante gli anni oscuri del gesuita, ora ricostruiti – senza riguardi ma in modo del tutto convincente – da uno storico laico che conosce benissimo la storia del paese sudamericano ed è autore della prima ricostruzione non apologetica della vita di papa Francesco (Loris Zanatta, Bergoglio. Una biografia politica, Laterza). La memoria dell’incontro tra i due è comunque filtrata dallo scrittore Roberto Alifano in un articolo pubblicato su Infobae nel 2022 e dunque non controllabile. «Che strana e sconcertante suole essere a volte la gente di Dio, Alifano – mi commentò Borges con un gesto di preoccupazione una piovosa mattina d’inverno dell’anno 1979, appena arrivai a casa sua ai vecchi tempi in cui collaboravo con lui –. Bene, le racconto. Ci sono due preti che vengono a trovarmi abbastanza di frequente e non hanno niente a che vedere tra loro – continuò. Lei li conosce entrambi; uno l’ho ereditato da mia madre che era molto devota; mi riferisco a padre Guillermo, che quando lei viveva veniva tutte le settimane a confessarla; l’altro è Jorge, un gesuita che è chimico e ora insegna letteratura nella Universidad del Salvador. María Esther Vázquez me l’ha presentato abbastanza tempo fa; cosicché ci unisce una grande amicizia». Del primo Borges confida di non sapere a volte «come levarselo di torno» perché è «un noioso che insiste per convertirmi e non può ammettere che esista un credo agnostico per il quale propendo». Il ritratto del religioso del quale Alifano non conserva il cognome – vi è solo un cenno ai confratelli della congregazione a cui appartiene padre Guillermo – e che «sermoneggia con esagerata confidenza» è tratteggiato da Borges con ironia. L’altro prete è Bergoglio, «oggi papa della cristianità». È un «ingegnere chimico e un ottimo lettore», e con lui «ci capiamo meglio» premette Borges. Che così avrebbe descritto il futuro pontefice: «Padre Bergoglio è una persona intelligente e sensata; con lui si può parlare di qualsiasi tema: di filosofia, di teologia, di politica. Ma c’è qualcosa che mi allarma un po’; ho osservato che ha tanti dubbi quanto me. E non so se sta bene in un religioso. Mia madre sarebbe inorridita per una cosa simile. Ma forse non è così strano se teniamo conto che si tratta di un gesuita», – commenta «con un sorriso contagioso» Borges ad Alifano – «gente storicamente trasgressiva e che ha persino il senso dell’umorismo, oltre a maneggiare concetti che in alcuni casi sono diversi dalle altre congregazioni della chiesa». Alifano accenna poi ad alcuni incontri tra i due connazionali, ormai entrati nella storia, incontri di cui sarebbe stato testimone. Durante le visite di Bergoglio allo scrittore, in genere di mattina e talvolta continuate nella «Cantina Norte, un ristorante all’angolo dell’appartamento di Borges. Era una vera esperienza ascoltare quei dialoghi arricchenti che potevano riguardare qualsiasi tema che li portasse all’intesa o al disaccordo». Un cenno, quest’ultimo, forse allusivo agli opposti sentimenti politici dei due personaggi, entrambi comunque conservatori: critico e vittima del regime di Perón il già famosissimo scrittore, intrinseco agli ambienti del peronismo di destra l’accorto e autoritario provinciale dei gesuiti. Comunque siano andate le cose, è molto difficile che l’articolo di Alifano possa essere sfuggito a Bergoglio, che seguiva con estrema attenzione tutto quanto accadeva e si pubblicava in Argentina (dove da papa in dodici anni non è mai più tornato), ma certo il pontefice non l’ha mai commentato. Da buon gesuita. L’infallibile principio di autorità. Il papa per il “profeta del passato”