«Con molta difficoltà mi disse che avrei dovuto andarmene dalla palazzina di viale Monza, perché io ero mal visto da alcuni soggetti con i quali lei voleva collaborare (...) Erano napoletani, per quanto ne so io affiliati al clan dei casalesi, altri appartenevano al clan zingaro di Roma dei Casamonica».

È il 29 settembre 2021 quando Lele Mora, il popolare ex agente dei vip, racconta agli inquirenti la fine del suo rapporto professionale con Irene Pivetti, l’ex presidente della Camera, impegnata in disastrosi traffici di mascherine. Traffici per i quali l’ex esponente leghista rischia ora il processo. Il pubblico ministero della procura di Busto Arsizio, Ciro Caramore, ha chiesto il suo rinvio a giudizio per frode in forniture pubbliche, appropriazione indebita, riciclaggio e fatture false mettendo in luce i disastri societari e i rapporti pericolosi con uomini legati ad ambienti criminali.

La pubblica accusa ha ricostruito il periodo antecedente all’avventura di Pivetti nel lucroso affare mascherine evidenziando «la difficile situazione economica nella quale versavano le sue società (...) la fame di denaro che ha oggettivamente connotato il comportamento di Pivetti e dei complici (...) non giustificata solo da uno spregiudicato desiderio di profitto (ai limiti della cupidigia), ma altresì dalla necessità di tamponare le poste debitorie originate da precedenti fallimenti imprenditoriali».

Passata l’esperienza politica e archiviata quella televisiva, Pivetti ha percorso la strada degli affari, con risultati che la pubblica accusa riassume in parole lapidarie: «È necessario far emergere l’assoluta incompetenza imprenditoriale della Pivetti, resa palese dall’esito fallimentare delle precedenti esperienze commerciali».

Nelle migliaia di pagine depositate spunta anche il verbale di Lele Mora, un passato da agente dei vip prima della bufera giudiziaria per le notti del bunga bunga. «Io ho conosciuto Pivetti dopo che si era dimessa da presidente della Camera, nel 1994. Venne (...) a chiedermi se avrei potuto rappresentarla, quale agente, nel mondo della televisione. In effetti lei lavorò in una decina di programmi televisivi. Interrompemmo, in seguito, la collaborazione televisiva a causa di problemi giudiziari miei personali, si trattava di una bancarotta», raccontava Mora.

Poi ha spiegato di averla seguita per la nascita di un partito, Italia Madre, durante le elezioni politiche del 2013. Il rapporto continuava e l’ex agente, su richiesta dell’ex presidente della Camera, spostava i suoi uffici a viale Monza, dove si trovava la sede della società di Pivetti, la Only Italia. E poco dopo iniziavano i primi problemi.

Senza luce

«Era una palazzina intera di cinque piani, in locazione. So che i canoni non sono mai stati versati al proprietario (...) Non vennero pagati neppure gli anticipi. Non venne pagata neppure la luce. Venne staccata la luce e per ottenere la riattivazione della corrente fui costretto a pagare io», raccontava Mora.

L’ex agente si occupava di eventi per conto di Only italia e di incontri con imprenditori finalizzati al mercato cinese. I rapporti, però, a un certo punto si sono interrotti e le ragioni sono legate a presunti contatti dell’ex leghista con soggetti legati a bande criminali.

Arrivano i Casamonica

«Io ero mal visto da alcuni soggetti con i quali lei voleva collaborare (...) Erano napoletani, per quanto ne so io affiliati al clan dei casalesi, altri appartenevano al clan zingaro di Roma dei Casamonica. Un certo Antonio, non conosco il cognome (...) mi disse personalmente che io avrei dovuto andare via dagli uffici della signora Pivetti, perché comandavano loro. Penso fosse dicembre del 2018. Mi dissero espressamente che appartenevano al clan dei Casalesi (...) erano in due. Mi dissero che da quel momento comandavano loro e non la Pivetti. Mi dissero che da quel momento i miei accordi con la Pivetti non valevano più. A quel punto io me ne andai via subito (...) Questi soggetti partecipavano anche ad un evento politico a Reggio Emilia, nel quale Pivetti si presentava come leader. Antonio e Giuseppe la accompagnavano, mi ricordo che si erano vestiti per le feste, molto bene», ha raccontato Mora.

Una storia a cui aveva accennato già in tv, ma parlando genericamente di soggetti legati alla Banda della Magliana senza rivelare i contenuti svelati nel verbale e la vera provenienza criminale dei soggetti.

«Presso la sede della Only Italia c’erano altri due soggetti che dissero espressamente di appartenere al clan dei Casamonica. In seguito li ho anche visti in televisione. Trattava di un servizio del telegiornale di un intervento delle forze dell’ordine nei confronti del clan dei Casamonica. Ricordo che era un servizio relativo allo sgombero di immobili disposto dal comune di Roma», chiariva Mora.

L’ex agente ha raccontato anche di conoscere un altro indagato, Luciano Mega, titolare di diverse pizzerie. «Il pubblico ministero si è già visto respingere dal giudice per le indagini preliminari la misura cautelare (non nel merito, ndr) e nello stesso provvedimento il giudice ha sottolineato l’incompetenza del tribunale di Busto Arsizio, sostenendo che dovesse essere inviato a Roma.

Stessa cosa è accaduta davanti al Riesame che non si è espresso in quanto il pm non può appellare sulla competenza. Vedremo cosa dirà il giudice dell’udienza preliminare», dice Vincenzo Lepre, avvocato di Mega.

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