Le tre anime del partito democratico di Pisa, zingarettiana, lettiana e renziana, hanno messo da parte i loro feroci conflitti quando si è trattato di presentare un emendamento alla legge regionale «Disposizioni in materia di scarichi e di restituzione delle acque» scritto su misura per le concerie del distretto di Santa Croce sull'Arno che chiedevano di poter avvelenare in santa pace la bassa Valdarno. Insieme al primo firmatario Andrea Pieroni, consigliere regionale e luogotenente a Pisa del pisano Enrico Letta, lo hanno presentato il capo dei renziani di Pisa Antonio Mazzeo, in seguito promosso presidente del consiglio regionale, e la consigliera zingarettiana pisana Alessandra Nardini, poi promossa assessore regionale all'istruzione. Mazzeo e Nardini non sono indagati.

I tre compagni di partito si vogliono così bene che l'estate scorsa hanno fatto campagne elettorali separate. Il 28 agosto 2020 Pieroni e Nardini hanno fatto un comizio a Pisa accompagnati dai rispettivi sponsor, Letta e Andrea Orlando. E lì Pieroni spiegò una sua teoria sull'economia circolare che, alla luce dello scandalo di questi giorni, suona inquietante: "Alla fine il circuito si deve chiudere e il risultato delle attività produttive deve trovare nuova destinazione e nuova vita". Infatti i fanghi velenosi delle concerie di Santa Croce ha trovato nuova vita come materiale di riempimento per la statale 429 e per l'aeroporto militare di Pisa.

L'emendamento approvato dal consiglio regionale della Toscana il 26 maggio scorso è al centro dell'inchiesta della procura di Firenze che ha portato alla sospensione del capo di gabinetto del governatore Eugenio Giani, Ledo Gori, indagato per corruzione, con l'accusa di essere stato a disposizione di un’associazione a delinquere che avrebbe smaltito in modo illecito, appoggiandosi a un'impresa legata alla 'ndrangheta, i fanghi prodotti dai depuratori nella zona del cuoio. Anche Giani e Gori sono originari della provincia di Pisa, il primo di San Miniato (otto chilometri da Santa Croce), il secondo di Pontedera. Di Pisa è anche Enrico Rossi, predecessore di Giani come governatore, che per 20 anni ha avuto Gori come braccio destro alla regione. Reati o non reati, tutta la politica della provincia di Pisa si muove come una compatta falange per difendere gli interessi dell'industria più importante della zona, le concerie appunto.

Il ruolo di Giani

Domani ha ricostruito il ruolo di Giani, allora presidente del consiglio regionale, nell'approvazione dell'emendamento. Agli industriali inquinatori, emerge dagli atti dell’inchiesta, serve quell'emendamento per esentare l’impianto «Acquarno (impianto di depurazione, ndr) dall’obbligo della procedura di autorizzazione integrata ambientale (Aia)». L’emendamento sarebbe stato scritto da Alberto Benedetti, avvocato dei conciatori, indagato, e affidato a Pieroni che lo avrebbe presentato senza neanche capirne «il contenuto tecnico». Pieroni è indagato per corruzione perché in cambio avrebbe avuto la promessa di 2-3mila euro per la campagna elettorale. L’emendamento aggira la commissione legislativa referente «per la contrarietà nota degli uffici tecnici regionali, inserendolo invece come emendamento presentato nell’ultima seduta di discussione», scrive il giudice Antonella Zatini. L’emendamento, come ha verificato Domani, viene presentato da Pieroni lo stesso 26 maggio. Perché Alessandra Nardini aggiunge la sua firma a quella di Pieroni? Sapeva dell'interesse dei conciatori per quell'emendamento? A queste domande non ha voluto rispondere. Terzo firmatario è Antonio Mazzeo, oggi presidente del consiglio regionale, ripetutamente citato nelle carte dell'inchiesta. Gli indagati hanno un problema con un funzionario regionale di Pisa, Alessandro Sanna, che con il suo zelo crea problemi alle industrie inquinanti. Così incontrano Mazzeo a fine novembre dello scorso anno. Aldo Gliozzi, direttore dell'associazione conciatori, si fa accompagnare da Giulia Deidda, sindaco di Santa Croce. Sono due dei 16 indagati per associazione a delinquere. «Nel corso della riunione con Mazzeo, il Gliozzi informava il politico che nell'ufficio Arpat di Pisa la dirigente "delegava molto Sanna", un funzionario che "limitava categoricamente ogni loro iniziativa" e che "andava promosso" e che "trovava problematiche o le inventava"; nel contesto, la Deidda confermava che "a loro Sanna creava un problema"», scrive la giudice Zatini. Mazzeo ha esercitato pressioni su Sanna dopo quell'incontro? E perché ha firmato l'emendamento incriminato? Nessuna risposta perché dice, testualmente, che «dato che è in corso di svolgimento una indagine, mantiene il doveroso riserbo per rispetto del lavoro della magistratura». L'unico che parla è Enrico Sostegni, consigliere del Pd e quarto firmatario dell'emendamento incriminato: «Ricordo di averlo firmato in aula, la questione interessava il territorio, la genesi non la ricordo. Mi fu chiesto di firmarlo, non ricordo da chi, forse Pieroni». L'ha firmato in aula, al volo, senza sapere la genesi. Ma lui non è di Pisa, è di Empoli. E fa la differenza.

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