La decisione presa da Twitter e Facebook di limitare la circolazione di un articolo che riguarda Hunter Biden, figlio del candidato democratico alla presidenza degli Stati Uniti Joe Biden, ha riacceso il dibattito sul ruolo delle piattaforme nel moderno ecosistema informativo. Sono responsabili di ciò che viene pubblicato sui loro sistemi oppure non dovrebbero curarsene? E se ne fossero responsabili, fino a dove dovrebbe spingersi il loro potere?

L’articolo era stato pubblicato mercoledì dal tabloid New York Post ed è basato sul materiale fornito al giornale da Rudolph Giuliani, avvocato di Donald Trump ed ex sindaco di New York, accusato negli ultimi mesi di diffondere teorie del complotto e di avere rapporti con persone connesse all’intelligence russa.

Nel materiale consegnato al giornale da Giulia, l’elemento più importante fornito è una mail che Hunter Biden avrebbe ricevuto nel 2015 e che proverebbe il suo ruolo nel mettere in collegamento suo padre, all’epoca vicepresidente degli Stati Uniti, e un uomo d’affari ucraino, un evento sempre negato dalla famiglia Biden.

Poco dopo la pubblicazione dell'articolo, Facebook ha annunciato di averne limitato la circolazione sulla sua piattaforma, cioè ha ridotto la frequenza con cui il link alla notizia appare nei feed delle persone. La piattaforma ha spiegato la sua decisione con la necessità di sottoporre l’articolo al factchecking realizzato per Facebook da terze parti. Negli Stati Uniti, Facebook utilizza dieci società differenti per effettuare il factcheking dei contenuti pubblicati sulla piattaforma, tra le altre il sito vincitore del premio Pulitzer PolitiFact e le sezioni di factcheking delle agenzie Associated Press, Afp e Reuters. Normalmente, la limitazione della circolazione avviene solo dopo che le terze hanno verificato il contenuto e viene accompagnata da un link all’articolo di factchecking.

Twitter ha adottato una soluzione ancora più radicale e ha deciso di impedire completamente la condivisione dell’articolo. Soltanto diverse ore dopo l’inizio del blocco, la piattaforma ha spiegato la sua decisione dicendo che l’articolo conteneva informazioni personali, come foto, email e numeri personali, ottenuti in maniera illegale, un’azione che viola i termini del servizio introdotti dalla piattaforma nel 2018. Il ritardo nella spiegazione è stato definito dal fondatore e amministratore delegato di Twitter Jack Dorsey «inaccettabile».

Il New York Post ha scritto che il materiale che ha pubblicato proviene da un computer inviato in riparazione in un negozio del Delaware, lo stato dove vivono Joe e Hunter Biden, ma mai ritirato. Dopo aver cercato di contattare il proprietario del computer senza successo, il proprietario del negozio sostiene di averne esaminato il contenuto e successivamente di averlo consegnato al Fbi, non prima però di aver fatto una copia dell’hard disk. Successivamente, la copia sarebbe arrivata a Giulia. Tra il materiale trovato sul computer ci sarebbe fotografie e video di Hunter Biden, una delle quali, insieme ad altro materiale personale, è stata pubblicata nell’articolo del New York Post. Twitter ha deciso di bloccare la condivisione dell’articolo per via della presenza di questo materiale personale ottenuto in maniera illegale. Twitter ha anche bloccato per alcune ore l’account di Kayleigh McEnany, capo ufficio stampa della Casa Bianca, per aver condiviso l’articolo. Jake Schneider, direttore della campagna elettorale di Trump, ha definito il blocco «assolutamente inaccettabile».

Le azioni dei due social network hanno causato moltissime critiche dagli ambienti conservatori. Twitter e Facebook sono stati accusati di aver preso parte attiva alla campagna elettorale e di avere pregiudizi nei confronti del partito repubblicano. «Facebook e Twitter non sono piattaforme, ma macchine di propaganda», ha scritto il New York Post in un editoriale. Le azioni dei social sono state attaccate anche da commentatori lontani dai repubblicani. Sam Biddle, giornalista di The Intercept, il sito internet fondato da Glenn Greenwald, uno dei giornalisti che hanno svelato lo scandalo delle intercettazioni della Nsa, ha scritto che il comportamento delle due piattaforme è «uno dei più grossi regali» in cui Trump poteva sperare e che Twitter in particolare si è comportata «nel modo più stupido immaginabile».

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