Invidiare gli inglesi è un esercizio inutile. Non è per un bacio del cielo che adesso possono godersi Jude Bellingham, l’ultimo prodigio del calcio mondiale, 20 anni, figlio di un sergente della polizia, comprato dal Real Madrid per 103 milioni di euro, otto gol nelle prime otto partite del campionato spagnolo più altri due in Champions.

Se possono riempirsi gli occhi di Trent Alexander-Arnold, terzino che sa fare l’ala e la mezzala, non è per un capriccio del caso. Se hanno la possibilità di lasciare ogni volta in panchina uno tra Phil Foden e Jack Grealish, non è per la benevolenza delle migliori cicogne sul pianeta Terra. I Foden e i Bellingham, i Grealish e gli Alexander-Arnold, l’Inghilterra li ha costruiti uno per uno. La cosa imperdonabile per noi è che lo hanno fatto dopo aver perso una partita con l’Italia, immaginando noi come modello. In un pomeriggio di inizio giugno di dieci anni fa, battuti per 1-0 a Tel-Aviv, eliminati dagli Europei Under 21, si chiesero come mai nelle loro Academy non nascesse da tempo «uno come Insigne».

Scrisse proprio così il Telegraph. L’Italia aveva Verratti con il numero 4 e Immobile con il 9, l’occhio inglese si posò sul fantasista, non tanto perché Insigne avesse fatto gol, ma per l’irriverenza, la sfacciataggine del dribbling, un monte di giocate che nelle loro nazionali non vedevano più.

La ricostruzione

Non giocavano una semifinale ai Mondiali dal 1990 e agli Europei da 1996. Diedero la guida della federazione a Greg Dyke, un ex laburista, un blairiano, aveva una lunga carriera nel mondo dei media e del giornalismo televisivo.

A Londra lo considerano l’inventore della cosiddetta tv tabloid. Aveva rianimato gli ascolti della BBC al mattino. La tv di Stato lo aveva cacciato dopo il rapporto Hutton, il dossier gonfiato sulle armi di distruzione di massa dell’Iraq. Il calcio era un ottimo modo di riciclarsi.

Fu accolto con sarcasmo. Era il papà di Roland Rat, una specie di Topo Gigio, e gli mettevano il mano il football. Ha funzionato. Dyke cambiò tutti i tecnici, spinse la Premier a organizzare 212 tra festival e tornei per ragazzi di tutte le età.

Il programma Bio-Banding divideva i ragazzini in base ai parametri biologici, non più per età, cominciò la ricerca del talento attraverso la creazione di un sistema di transizione tra le giovanili e il professionismo. Limitò il vincolo.

Nessun minorenne poteva firmare per più di tre anni. Fece costruire il centro di St George’s Park per dei raduni periodici. Aveva scoperto che i quindicenni in Inghilterra allenavano la tecnica solo cinque ore a settimana. I nuotatori della stessa età ne facevano 15. Prese i 6 milioni di sterline con cui veniva pagato il cittì Fabio Capello e finanziò con quelli la crescita dei giovani.

Una nuova generazione

È arrivata in questo modo una generazione di giocatori dalle caratteristiche nuove: terzini moderni, ali all’antica, tuttocampisti. Anzi, vagacampisti, come adesso Jude Bellingham è stato ribattezzato da Jorge Valdano, l’ex stella argentina riconvertita in una specie di filosofo del calcio, con una attesissima rubrica ogni sabato su El Pais. Il vagacampista sarebbe un vagabondo del centrocampo, un tipo che è «bellissimo vedere andare in giro con la sicurezza di sé, tipica di un ventenne.

Siamo di fronte a uno di quei giocatori di livello superiore che non avrebbe bisogno di un allenatore, perché con la sua intelligenza sa rispondere spontaneamente a tutti i problemi. Essendo potente può permettersi di giocare in un campo d’azione molto ampio. Essendo tecnicamente bravo, difficilmente lo vedremo perder palla. Poiché conosce i segreti del gioco, sa sempre trovarsi nelle vicinanze della zona in cui accadono cose sorprendenti.

Sapere cosa richiede il gioco in ogni zona del campo e in ogni momento della partita è ciò che distingue le stelle. So cosa sto dicendo», è stata la sua conclusione, con un riferimento nemmeno troppo nascosto a Maradona, suo compagno di squadra al Mundial 86.

In Spagna sono impazziti per lui perché «può servire l’ultimo passaggio, può raggiungere l’area per rifinire l’azione, può inseguire l’avversario. È un calciatore totale. Ha dei movimenti che ricordano Zidane e a Napoli ha segnato un gol che potrebbe essere stato scritto con la calligrafia di Diego» (Orfeo Suárez, su El Mundo). Il quotidiano sportivo Marca ha invece notato che spesso Bellingham gioca con la lingua di fuori, un segno di genialità, non solo perché è una delle pose più famose di Albert Einstein, ma perché con la la lingua di fuori giocavano pure Michael Jordan nel basket e Pete Sampras nel tennis.

La corsa agli Europei

Questa è l’Inghilterra che stasera all’Italia tocca sfidare a Wembley per continuare a inseguire un posto ai prossimi Europei, quarta uscita del ciclo Spalletti, prima trasferta dopo l’esplosione del caso Betting. Il caso vuole che i due azzurri ascoltati giovedì scorso dalla polizia a Coverciano giochino entrambi in Inghilterra: Nicolò Zaniolo nell’Aston Villa, Sandro Tonali nel Newcastle. «Bet Shock» ha titolato il tabloid Sun l’altro giorno.

Anche loro conoscono il fenomeno. La Premier League ha dato 8 mesi di squalifica a Ivan Toney del Brentford per 262 violazioni alle norme che proibiscono le scommesse. Per essere più coerenti contro la ludopatia, i 20 club hanno votato a favore del divieto di esporre sulle maglie il logo di società del settore. Scatterà dal 2026.

Nel frattempo aziende di betting sono sponsor di sette club. Uno è proprio l’Aston Villa di Zaniolo, mentre il Newcastle di Tonali ha cambiato l’estate scorsa. I nostri due migliori ventenni stasera sono a casa. Guarderemo Bellingham, che possiamo fare. Magari ci viene un’idea. 

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