Quando il premier Giuseppe Conte sabato notte ha firmato il Dpcm che ha chiuso bar e ristoranti la sera, Donato Attolico ha chiuso la sua braceria a Bari, in Puglia, ha deciso di donare tutto quello che aveva in dispensa in beneficenza e aspettare tempi migliori per riaprire. Lui è a favore non solo della chiusura dei ristoranti ma anche di un ipotetico lockdown. 

Tornare a chiudere tutto per lui è «un atto dovuto per la società. Le cose vanno viste razionalmente. Se le terapie intensive sono arrivate a una percentuale di saturazione troppo alta, succederà prima o poi che qualcuno si fa male e non c’è posto perché ci sono i malati di Covid-19». 

Il ristorante di carni che ha aperto con la sua famiglia da circa nove anni, spiega, è un locale serale: «Visto i costi alti nel delivery per poter fare l’asporto, abbiamo deciso di chiudere l’attività e donare lavorati e semilavorati e dolci che avevamo già pronti». Costine in salsa barbecue, galletti, straccetti, verdure: «ci eravamo già riforniti, avevamo i frigoriferi pieni», tutto è andato alla mensa della Cattedrale Santa Chiara.

Non vuole quantificare: «Non gliela faccio monetaria, non voglio. Inoltre questa attenzione ci coglie di sorpresa, non abbiamo neanche tanta attenzone per i social network». Lui non ha bisogno di spiegazioni sul perché la stretta sia partita dai ristoranti: «Non puoi pensare di fare questo lavoro senza i rischi connessi, è un luogo di aggregazione. Nei ristoranti ci si aggrega».

A Bari come altrove però si agita la protesta: «Ieri mi sono affacciato, ma io penso che sia giusto il nuovo provvedimento». Perché,«per quanto disperato è un atto dovuto per la società»

«Non dovevamo arrivare a questo punto,  sono arrabbiatissimo perché siamo arrivati alla seconda ondata, ma abbiamo tutti una madre, una figlia, un fratello, un padre». Il presidente della regione, Michele Emiliano, intanto, ha chiuso pure le scuole da venerdì, e per lui «finalmente l’ha fatto».

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