- «Io non sono riuscito a vederli interamente i video, ho provato brividi. Ma quella scena dei detenuti che passavano sotto i cordoni mi ha impressionato. Successe anche a me, ma erano gli anni ottanta», dice Pietro Ioia, garante dei detenuti di Napoli.
- «Non ho ancora capito come sono riuscito a salire, io non ce la facevo più a camminare. Non ho mai preso così tante botte in vita mia», dice un ex detenuto che ha denunciato.
- «A me non sembra una cosa normale, dopo articoli, dopo denunce, che mio fratello sia rimasto nello stesso reparto con i suoi aguzzini per mesi. Come avrebbe potuto denunciare? Ha avuto paura di ritorsioni», racconta il familiare di uno dei detenuti picchiati.
«Devono fare il presente altrimenti dimostreranno che l’omertà non gli è estranea», dice Pietro Ioia, garante dei detenuti di Napoli. Il “presente” di cui parla è l’obbligo morale che gli agenti picchiatori, non ancora identificati, hanno nei confronti delle vittime e del paese: quello di presentarsi all’autorità giudiziaria e confessare la partecipazione alla mattanza. Sono decine gli agenti, muniti di casco e non riconoscibili, che hanno partecipato al pestaggio del 6 aprile 2020 nel carce



