Il giudice aveva posto due condizioni: non lo dovevamo intervistare e il ristorante lo avrebbe deciso lui. Nella sua ultima giornata siciliana, esattamente il 28 febbraio 1991, abbiamo mangiato, bevuto e parlato tanto
- È un giovedì esattamente di trent’anni fa, 28 febbraio 1991. Quella è l’ultima giornata siciliana di Giovanni Falcone prima di lasciare Palermo, la sua ultima intervista prima di trasferirsi a Roma.
- Io, Ciccio La Licata, Felice Cavallaro gli avevamo chiesto di andare a pranzo. «Sì, grazie, vengo: ma a due condizioni» ha risposto. La prima: niente interviste. La seconda: «Il ristorante lo scelgo io». Ha scelto il Costa Azzurra, abitualmente frequentato dal capo della Cosa Nostra catanese Nitto Santapaola. Dopo ci raggiungerà anche Piero Grasso.
- Grasso ha raccontato: «I picciotti di Cosa Nostra erano appostati, ma non sono riusciti a trovare il loro capo Nitto Santapaola per avere l’autorizzazione a ucciderci tutti... ce l’ha rivelato un pentito di Cosa Nostra».
Il branzino in crosta di sale lo servono dopo le due e mezza del pomeriggio. Una bottiglia di bianco ghiacciato ce la siamo già scolata, il cestino del pane è vuoto. «Piero sta arrivando, ma intanto noi cominciamo», ci dice mentre infilza il pesce con la forchetta. E, proprio in quel momento, si abbandona. I segni della stanchezza scivolano via dal suo viso, la grande sala deserta lo rassicura, allenta il nodo della cravatta, sorride sornione come sa fare lui. E inizia a parlare: «Io non me ne



