La vendetta dei parenti contro la ragazza, colpevole di aver puntato il dito contro i suoi aguzzini legati alle cosche di ‘ndrangheta. Ora per i familiari sono scattate le misure cautelari. «Ha combattuto da sola contro tutti, è stata determinata e coerente nel suo racconto», ha detto la funzionaria di polizia che ha seguito le indagini
È stata frustata a sangue con una corda. Chiusa in una stanza con la bocca tappata per non far sentire ai vicini le sue grida. La sua colpa? Aver denunciato le violenze subite da un gruppo di giovani vicini alla ‘ndrangheta. Oggi, dopo mesi di indagini e intercettazioni, sono state notificate misure cautelari per la nonna, ai domiciliari, e lo zio della ragazza a cui è stato disposto il divieto di avvicinamento.
I fatti
Le violenze, molteplici, si sono verificate tra il 2022 e il 2023 quando due ragazze di Seminara, nella piana di Gioia Tauro, sono state ripetutamente vittime di abusi sessuali da parte di un gruppo di giovani. La decisione di una delle due ragazze di denunciare l’accaduto, però, aveva suscitato le ire dei suoi familiari. Sono così iniziate minacce e pestaggi da parte della nonna, 78 anni, e dello zio, 47enne, che conoscendo legami degli aggressori con le locali cosche non volevano inimicarsi i clan.
Percosse e minacce erano finalizzate a convincere la giovane a ritrattare per non macchiare la famiglia dell’onta di aver denunciato i rampolli della ‘ndrangheta. Tant’è che il fratello e una sorella della ragazza, all’epoca, avevano invitato lei e la madre, che l’ha sempre sostenuta nella sua scelta, a «buttarsi dalla finestra». «Mi volevano far visitare da una psichiatra – ha raccontata la ragazza agli inquirenti – che certificasse la mia pazzia». Un modo per dimostrare la sua incapacità di intendere e volere e salvare così il nome della famiglia.
Il clima di omertà diffuso
Ma le violenze dei familiari testimoniano anche l’ambiente in cui le ragazze erano immerse. Un ambiente ostile e totalmente assoggettato alle logiche dei clan come testimonia la manifestazione di solidarietà alle due giovani nel giorno delle palme di quest’anno. Davanti alla chiesa di Seminara solo una decina di persone, tutte provenienti da comuni limitrofi, avevano espresso la loro vicinanza alle vittime. E come una beffa per gli organizzatori, che avevano scelto quella data e quel luogo proprio per provare a coinvolgere chi usciva da messa, i fedeli avevano evitato la manifestazione uscendo da una porta laterale.
L’inchiesta delle forze dell’ordine è stata dunque estremamente complicata. «L’ambiente non ha aiutato certamente le due ragazze ad aprirsi con le forze dell’ordine – raccontava Concetta Gangemi, la funzionaria di polizia che ha gestito l’inchiesta. – Le indagini sono state difficili perché le famiglie non volevano esporsi allo scandalo e, addirittura, hanno tentato, nel caso della prima vittima, di farle ritirare la denuncia. La forza emotiva della ragazzina è stata più potente delle violenze subite. Ha combattuto da sola contro tutti, è stata determinata e coerente nel suo racconto».
Oggi è arrivata l’ordinanza di applicazione di misura cautelare personale, emessa dal gip di Palmi su richiesta della locale Procura, per la nonna e lo zio della giovane.
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