C'è un parere che scotta sul tavolo del sindaco di Milano Giuseppe Sala. Un documento depositato lo scorso luglio, che nei giorni scorsi il primo cittadino ha discusso per la prima volta con il comitato di tecnici e professionisti che lo ha confezionato e con la cerchia ristretta dei maggiori dirigenti di Palazzo Marino.

È scritto in burocratese, molto tecnico, che rischia di renderlo fin troppo accademico e sfuggente. In realtà il suo contenuto è quantomai concreto: l'identificazione del “titolare effettivo” delle aziende con le quali il comune entra in rapporto, che sia per un contratto di fornitura, un appalto o una concessione o un'agevolazione finanziaria.

Ovvero dell'effettivo beneficiario del denaro pubblico o di una concessione magari molto lucrativa. Detta così, la questione potrebbe ancora non infiammare gli animi. In realtà Sala si trova di fronte a un bivio di quelli molto importanti.

Di chi è lo stadio?

Introdurre una normativa sul titolare effettivo, ad esempio, renderebbe impossibile in questo momento dare la concessione a Inter e Milan per la riqualificazione dell'area di San Siro, dove sorgerà il nuovo stadio.

Un affare valutato ad oggi un miliardo e 200 milioni di euro che si bloccherebbe a meno che il Diavolo rossonero non spieghi con precisione a chi è riferibile la sua proprietà, adesso genericamente ricondotta al fondo americano Elliot, che ha affidato all'ex amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni la presidenza.

Ma la complicata serie di scatole cinesi, spesso estere, a monte della squadra rende poco comprensibile risalire a chi abbia investito realmente, magari nascondendosi dietro un fondo d'investimento estero. Comune e club di calcio da molto tempo stanno lavorando per trovare l'accordo definitivo, che passa anche per l'abbattimento del vecchio stadio Meazza e la costruzione del nuovo privato.

Fondi di chi?

Ancor più grossa sarebbe la partita sui sette scali ferroviari che devono essere riconvertiti, tra cui Scalo Romana che ospiterà il villaggio olimpico e l'immenso Scalo Farini nella zona nord della città. Le Ferrovie dello Stato le hanno messe in vendita. Fondi e società Sgr si sono presentate.

In prima fila nella partita c'è la Coima di Manfredi Catella, il Re Mida dell'immobiliare milanese che ha riqualificato già la zona di Porta Nuova, dove sorge ad esempio il Bosco verticale disegnato da Stefano Boeri. Per poter ottenere tutte le concessioni comunali a costruire le società e fondi dovrebbero mostrare i beneficiari effettivi, non sempre così visibili.

E la mafia?

Anche per le tante imprese infiltrate dalla criminalità organizzata che utilizzano prestanome e che contrattano con la pubblica amministrazione sarebbe più complicato vincere appalti o contrattare direttamente le forniture, in un periodo storico nel quale l'emergenza economica ha portato il governo a varare il decreto Semplificazione che alza le soglie per gli affidamenti diretti e rende più facile l'attività di riciclaggio e di corruzione

Insomma, i motivi per prendere seriamente la questione sono molti, e coinvolgono tutta la macchia burocratica, con i dirigenti che sarebbero tenuti a controlli più stringenti e maggiori segnalazioni di aziende “sospette” in primis all'Unità che si occupa dell'antiriciclaggio e che dovrebbe raccogliere anche le informazioni in arrivo dai comuni.

Anac contraria

La legislazione attuale gioca a favore di chi non vorrebbe questo cambiamento, prevedendo che le pubbliche amministrazioni siano esentate dal dover conoscere il titolare effettivo delle società che contrattano con loro.

E anche i ritardi nell'istituzione di un registro dei titolari effettivi consultabile in modo trasparente non aiuta. Il Lussemburgo, per citare un Paese che certamente non ha mai brillato per trasparenza, lo ha già istituito, recependo le norme europee.

Il comune di Milano, attraverso il suo segretario generale Fabrizio Dell'Acqua, si era rivolto a fine 2018 all'Anac per sapere se potesse chiedere il titolare effettivo e se la sua mancanza fosse causa di esclusione di una azienda da un bando di gara. La risposta è stata “no”. Ma questo parere che l'Anac si sbaglia e che, anzi, come il contrasto al riciclaggio e all'economia opaca sia un valore soprattutto se di mezzo ci sono i soldi pubblici. Ora la parola passa a Sala, che potrebbe fare da apripista per tutti i comuni d'Italia. 

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