L'ultimo giocattolo di Sir Jim Ratcliffe è una squadra di calcio che fattura fra i 600 e i 700 milioni di euro all’anno. Fino a sette anni fa era ancora la più ricca del mondo. Non è caduta in disgrazia, non s’è ridotta in povertà, resta fra le quattro-cinque con gli introiti più alti d’Europa. Ha solo smesso di vincere, e nel calcio d’oggi – «un’attività economica» dice la Corte di giustizia Ue – se non vinci non guadagni. Allo stesso tempo accade che se non guadagni non vinci, così il Manchester United si è avvitato su sé stesso. In primavera saranno passati 11 anni dall’ultima Premier League e 16 dall’ultima Champions, una condizione imbarazzante per un club che gioca in uno stadio auto-definito «il teatro dei sogni», Old Trafford, quartiere vecchio di Stretford. Ora, sarà pure che siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, ma di shakespeariano allo United è rimasta solo la tempesta, la forte pressione popolare che da tempo grava sui proprietari americani, Joel e Avram Glazer, ai quali la cosa più carina mai detta dai tifosi è stata: andatevene. E fate presto.

Il miliardario

Non se ne sono andati, ma adesso hanno schiuso finalmente la porta. In quello spiraglio ha infilato un piede Sir Jim Raftcliffe, uomo dall’imbarazzante benessere, un bambinone dal patrimonio di 18 miliardi e mezzo di sterline, sempre a caccia di nuovi balocchi. I soldi li ha fatti nell’industria petrolchimica con Ineos, che sta per Inspec Ethylene Oxide Specialties, ma in realtà l’acronimo vuole evocare con una certa poesia il latino Ineo (cominciare) e la dea Eos dell’aurora. Insomma: un inizio. I Ratcliffe sono proprio di Manchester. Il papà di sir Jim era un falegname, sua madre un’impiegata al municipio. Lui si è laureato in ingegneria chimica e ha cominciato la scalata lavorando con la Esso. Ha studiato finanza, è entrato in un gruppo di private equity, si è costruito quello che la rivista France Football ha definito «lo storytelling perfetto, la traiettoria di un uomo che ha sviluppato un impero industriale e la sua fortuna con la forza dell’intelligenza e dell’intuito. Un cocktail saggiamente dosato di infanzia alla Dickens, ascesa sociale alla Balzac, avventura alla Jules Verne». Insomma, Sir Jim è una biblioteca che cammina, se fosse Lord sarebbe perfetto. Nel tempo Ineos è diventato un marchio abbastanza grande da potersi permettere di destinare parte dei profitti al divertimento. Ratcliffe ha piegato i sindacalisti e scandalizzato gli ambientalisti. Quando in un’intervista gli hanno domandato se la sua attività non fosse greenwashing, ha risposto che non sa cosa significa questa parola.

Gli investimenti

Si è comprato una barca, non una qualunque, uno di quei lucertoloni con cui adesso si gareggia in Coppa America di vela, e l’ha messa in acqua con la bandiera della Gran Bretagna. Ha finanziato l’operazione Challenge 1:59, l’avventura di Nike con il kenyano Eliud Kipchoge per correre la prima maratona sotto le due ore. Ha rilevato il 33 per cento delle quote della scuderia Mercedes in Formula Uno. È entrato nel campionato di calcio francese prendendosi il Nizza e dandogli un gioco sexy e yéyé con l’allenatore italiano Francesco Farioli.

Soprattutto ha investito in questi anni nel ciclismo, quando nel maggio 2019 ha rilevato il team Sky, dominatore del Tour de France dopo Lance Armstrong con Bradley Wiggins, Chris Froome, Geraint Thomas, Egan Bernal. Hanno rivoluzionato la preparazione, con l’accusa di aver snaturato uno sport soffocandolo di tecnologia. Non solo. L’ex capo medico del team e della federazione britannica Richard Freeman è stato dichiarato colpevole di aver ordinato del testosterone, «sapendo o credendo» che avrebbe migliorato le prestazioni di un ciclista. Il capo delle operazioni era Dave Brailsford, e dinanzi alle sue dichiarazioni di inconsapevolezza il Daily Mail ha scritto che «sarebbe come se l’universo Marvel accettasse una spedizione di kryptonite, senza che nessuno lo dicesse a Superman».

Dave Brailsford è oggi il braccio destro di Ratcliffe nell’operazione di acquisto del 25 per cento del Manchester United, un’operazione da un miliardo e 200 milioni di sterline chiusa con quello che in Inghilterra chiamano «il patto di Natale». Mentre la squadra andava in campo martedì sera e rimontava da 0-2 a 3-2 contro l’Aston Villa, la Borsa di New York ha diffuso i dettagli della proposta di investimento, ora all’esame dei dirigenti della Premier. Un documento di 241 pagine, nel quale ci sono scritte in sostanza due cose. La prima: i Glazer dovranno dar conto a Ratcliffe di ogni eventuale acquisto e casomai dell’esonero dell’allenatore, il contestato ten Hag. L’ultima parola sarà di mister Ineos. La seconda: non saranno pagati dividendi agli azionisti per i prossimi tre anni. I Glazer smettono di guadagnare col Manchester e la cosa ha fatto esultare la curva.

Esulta pure la stampa inglese, specialmente quella conservatrice, che saluta in Ratcliffe l’eroe di casa venuto a issare le vele (oppure a pedalare) per il primo club inglese vincitore di una Coppa dei Campioni, una squadra che dal 1937 ha almeno un giocatore allevato in casa nella formazione titolare. Aver battuto la concorrenza dello sceicco Al Thani fa di lui il paladino di un certo vento nazionalista che spira contro le proprietà straniere, in disgrazia da quando è stato impossibile continuare a tener gli occhi chiusi su Roman Abramovich, quando il suo amico Putin invadeva l’Ucraina. Ovviamente Ratcliffe promette di rifare il teatro dei sogni. Anche materialmente. O rinnova lo stadio o lo ricostruisce, buttando a terra l’attuale struttura vecchia di 113 anni. Servono due miliardi di sterline. Ma per Sir Jim non ci sono giocattoli costosi. 

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