Ogni mattina per quattordici anni ha condotto una trasmissione dal titolo eloquente: “Dove sei Matteo?”. Gli inquirenti cercavano l’ultimo boss corleonese, Matteo Messina Denaro da Castelvetrano, ma non erano i soli. C’era anche un giornalista a dargli la caccia, si chiama Giacomo Di Girolamo e ogni giorno raccontava atrocità, misteri e collusioni che garantivano lunga latitanza al padrino. Già allora aveva capito che occuparsi del proprio territorio non porta mai applausi, ma insulti e isolamento. Un isolamento che è tornato a circondarlo, la sua colpa è quella di aver scritto un’inchiesta sul nuovo re di Trapani: l’imprenditore Valerio Antonini.

Con l’isolamento è tornato il silenzio della città e qualcuno ne approfitta e va oltre. C’è chi ha provato a forzare la serratura della redazione, c’è chi lo ha insultato sui social e, da ultimo, allo stadio sono apparsi due striscioni oltraggiosi che lo hanno dipinto come «scribacchino», «prezzolato», «cantastorie». «Tp24 cantastorie, giù le mani dal presidente Antonini. Di Girolamo Tp24 scribacchino prezzolato», questo si leggeva sui due striscioni esposti allo stadio Basciano di Trapani.

Il giornalista ha firmato con il collega Nicola Biondo un’inchiesta su Antonini, l’imprenditore romano che in poco tempo ha acquistato le società di calcio e basket proiettandole verso glorie e fortune inaspettate. E così, di fronte ai trionfi sportivi, i giornalisti si sono trasformati nei nemici della città. Uno schema mortificante e sempre in voga, il nuovo re della città dei due mari aveva commentato così l’inchiesta sul suo conto: «Non chiamatelo Giacomo Di Girolamo, ma Gdg, così non perdete tempo», prima di aggiungere: «Stiamo facendo un’inchiesta per capire il mandante». Anche a Trapani cercano i mandanti, neanche lì hanno capito che i giornalisti trovano le notizie e quando sono vere le pubblicano. E l’ascesa di Antonini è certo una notizia, di più, un racconto imperdibile.

Il regno di Antonini

L’imprenditore romano ha tracciato una parabola inimmaginabile. Ha comprato casa vicino al tribunale, un tempo alloggio del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto, poi ucciso dalla mafia, ha acquisito la titolarità delle società di calcio e basket, ha comprato una tv che sogna di trasformare in emittente nazionale, e vuole accaparrarsi l’aeroporto locale, di proprietà della regione.

Una storia da raccontare, e così Di Girolamo e Biondo hanno chiesto un’intervista ad Antonini, che non si è sottratto, squadernando la sua rete di relazioni, parlando di Diego Armando Maradona, dei dittatori sudamericani e dell’amico, prossimo testimone di nozze, Luigi Bisignani, che ha patteggiato per l’affare P4 dopo la condanna negli anni Novanta per la maxi tangente Enimont.

Una storia fantastica quella di Antonini, come le sue fortune, il suo è un fatturato milionario grazie all’attività di broker di grano e mais. «Ha iniziato la sua carriera nel mondo degli affari collaborando con il Gruppo Casillo. Nel 2020, ha fondato Quanton Commodities Ltd, una casa di trading inglese specializzata nel commercio internazionale di cereali, che sotto la sua guida ha raggiunto un fatturato di oltre 300 milioni di euro, con più di 1,7 milioni di tonnellate di prodotti agricoli scambiati», si legge sul sito del Trapani calcio dove si trova l’organigramma in cui figura l’avvocato Roberto Schifani, figlio del presidente della regione Sicilia, con il ruolo di general counsel.

Sono le relazioni, però, che fanno sognare in grande Antonini, in particolare quella con Diego Armando Maradona. «Grazie a lui ho potuto conoscere personaggi come Fidel Castro, Ugo Chavez, Evo Morales, Rafael Correa. Fu Maradona a presentarmi Fidel, quando era a Cuba per disintossicarsi. Tutto questo mi ha chiaramente agevolato e mi ha permesso di vendere nel corso degli anni per il gruppo Casillo quasi 10 milioni di tonnellate di merce nel mondo», ha raccontato Antonini. In un video della Cnn si vedevano abbracciati Maradona e il dittatore venezuelano Maduro, nell’ombra spuntava proprio Antonini.

Sorprende in tutta l’avventura di Antonini il suo spirito da camaleonte, vive a Miami mentre fa affari con i regimi nemici degli Usa, abbraccia i leader comunisti mentre approda in Italia avvicinandosi a Forza Italia e a Silvio Berlusconi, e si stava anche candidando alle elezioni nel 2018. In fondo i soldi hanno messo sempre d’accordo tutti, e lui, il nuovo imperatore di Trapani, residente da pochi mesi in Italia, ha chiaro il concetto.

«Avevo trovato un sistema che mi permetteva di comprare da società americane e io come intermediario vendevo a paesi ai quali loro direttamente non potevano vendere. Ho lavorato con Venezuela e Iran, nemici giurati degli Stati Uniti, ma non ho mai avuto problemi. Anzi, mi sono trovato molto meglio con paesi del genere che in altri, anche in termini di profitto», ha raccontato. Anche l’Iran, dal quale il nostro vanterebbe un credito milionario, credito che spiega con una formula tanto incomprensibile quanto convincente. «Il 2022 è stato un anno particolare. Ho fatto oltre 120 milioni di euro di fatturato sull’Iran, operazioni non portate a bilancio, perché l’Iran non mi ha ancora pagato buona parte di questa merce. E per non incorrere in tassazione sugli utili abbiamo differito al 2023. Quindi, se si aggiunge questa cifra al mio fatturato si arriva a 300 milioni di euro».

Antonini ha le idee chiare, Trapani lo adora, ha unito la città, dal sindaco agli ultrà arrivano solo parole di encomio. Un clima che spiega bene l’insofferenza per le domande e per i giornalisti, rei di aver rovinato il sogno con dubbi, quesiti e il ricordo di un passato non di sola gloria. Erano gli inizi degli anni 2000 e uno sconosciuto imprenditore Zichai Song, detto ‘o cinese, rilevava la squadra di calcio di Palma Campania, comune in provincia di Napoli. Con lui arrivava anche Antonini, direttore generale e uomo di fiducia. Annunciarono glorie e successi, è finita con il tracollo: un incubo con seguito di guai giudiziari per il cinese prestato al calcio. Ma Antonini ha la risposta pronta per spiegare quella pagina fallimentare del suo passato: «Lì non ero io il presidente, qui oggi a Trapani il capitale è mio». E se lo dice lui.

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