Nove persone sono accusate a vario titolo di associazione per delinquere e istigazione a delinquere per aver organizzato e promosso le ronde anti-maranza a Milano e provincia. Dalle indagini della Digos emergono i legami tra alcuni indagati e movimenti neofascisti, in particolare con Forza Nuova
Ora hanno un volto e un nome gli ispiratori delle ronde anti maranza. E c’è anche una matrice nera su tutta questa storia. Ci sono, infatti, i primi indagati che negli scorsi mesi, organizzandosi su social ed app di messaggistica, si sono rese protagoniste di violenti pestaggi ai danni di cittadini stranieri. La Polizia di Stato ha eseguito nove perquisizioni nelle province di Milano, Pavia, Monza e Brianza e Como nei confronti di altrettante persone sospettate di far parte del gruppo “Articolo 52”. Gli indagati, tutti cittadini italiani di età compresa tra i 23 e i 49 anni, sono indagati a vario titolo per il reato di associazione per delinquere e istigazione a delinquere.
Le indagini
Le perquisizioni arrivano a quattro mesi dal primo episodio, risalente ai primi di marzo, quando sulla neonata pagina di “Articolo 52” era spuntato il video di un pestaggio ai danni di un ragazzo straniero accusato dal gruppo di aver rubato una collanina. Dopo quella vicenda erano iniziate le indagini della Digos che avevano portato nel giro di pochi giorni alla chiusura dei canali Telegram utilizzati dal gruppo.
L’attività di indagine, proseguita incessantemente, ha permesso di ricostruire la struttura del sodalizio originario composto prevalentemente da persone residenti nell’hinterland milanese. Il quadro che emerge sembra indicare l’esistenza di una vera e propria associazione stabile, con ruoli ben definiti al suo interno: c’era chi si occupava della logistica delle “ronde”, chi curava la parte mediatica, e chi fungeva da collegamento operativo tra i membri. Le comunicazioni interne erano mantenute tramite profili Telegram anonimi, ma gli investigatori sono riusciti a risalire all’identità degli amministratori principali, anche attraverso il sequestro di dispositivi e account social.
Tra i nove indagati figura un ex steward, un operaio e almeno due individui noti nell’ambiente dell’estrema destra lombarda. Uno di loro, in particolare, era già salito alla ribalta alcuni mesi fa per aver partecipato come ospite, a volto coperto e con nome di fantasia, alla trasmissione radiofonica La Zanzara, dove rivendicava i pestaggi e invocava maggiori poteri per le forze dell’ordine, viste come possibili alleate contro i maranza. Nelle perquisizioni sono stati rinvenuti bastoni telescopici, spray al peperoncino e caschi utilizzati, si ipotizza, per le spedizioni punitive. Ora i magistrati potrebbero valutare anche la sussistenza di reati legati all’istigazione all’odio e alla discriminazione razziale.
I legami con la destra
Oltre alle responsabilità nei pestaggi e nell’organizzazione delle ronde, l’inchiesta della Digos mette per la prima volta nero su bianco la matrice del gruppo: alcuni degli indagati sarebbero, infatti, «appartenenti all’area ideologica dell’estremismo di destra». Una ricostruzione che smentirebbe i proclami dei membri del gruppo che sui social e in alcune interviste avevano sempre dichiarato la loro estraneità a qualsiasi ambiente politico. «Noi non seguiamo nessun movimento politico - aveva dichiarato uno degli indagati in un’intervista radiofonica - siamo solo padri di famiglia stufi di questa situazione».
Dichiarazioni che sembrano essere poco credibili alla luce di quanto fatto emergere dagli inquirenti che, anzi, evidenziano come «alcuni degli indagati abbiano anche partecipato a presidi, quale quello organizzato dal movimento di estrema destra Forza Nuova, contro degrado e immigrazione».
Articolo 52
Le ronde nere “anti-maranza” finiscono dunque ora al centro delle indagini delle forze dell’ordine a quattro mesi esatti dall’inizio del fenomeno comunicato con un violento pestaggio la notte tra l’8 e il 9 marzo. Proprio con quella spedizione punitiva, può essere datata la nascita del movimento chiamato dagli stessi membri “Articolo 52”. Il nome richiama il diritto costituzionale alla legittima difesa, ma il gruppo lo interpreta in chiave offensiva: pattugliamenti notturni, pestaggi e slogan militareschi. «Un’interpretazione evidentemente distorta del dettato costituzionale», insomma, come evidenziato anche dalla Questura.
Ma sui social la pagina del gruppo si diffonde in fretta. Il video del primo pestaggio diventa virale e le migliaia di condivisioni portano presto nuovi follower. Il movimento assume così nel giro di pochi giorni dimensioni preoccupanti. Tutto ruota attorno a un linguaggio bellico: pulizia, onore, patria, ronde. I gruppi diventano luogo di reclutamento e propaganda, non solo di sfogo.
Il 12 marzo arriva la svolta: viene organizzata una riunione su Zoom per organizzare le successive spedizioni, di cui Domani aveva dato conto nei dettagli. Durante la chiamata si discute della possibilità di creare nuclei locali in altre città, si condividono grafiche pronte all’uso, la bozza di un manifesto e si definiscono strategie comunicative e le regole di ingaggio. Oltre un’ora di confronto a cui, però, partecipano anche agenti della Digos che hanno potuto osservare e monitorare i tentativi del movimento trasformarsi in una vera e propria rete di picchiatori strutturata a livello nazionale. Di pestaggi documentati sui social, alla fine, se ne contano tre ma non è da escludere è che i casi possano essere più numerosi e che le immagini non siano state diffuse a causa della crescente attenzione mediatica ed investigativa.
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