Si sono chiamati «Articolo 52», con un esplicito rimando all’articolo della Costituzione che stabilisce che «la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino», ma il loro fine è quanto di più distante dai valori su cui si basa la Carta. Il primo post sulla loro neonata pagina Instagram non lascia spazio ai dubbi: «Siamo stanchi dei soprusi e delle bande armate che impunite regnano nel caos. La violenza si combatte con la violenza».

Poco dopo appare un video altrettanto eloquente, registrato domenica sera alla Darsena di Milano. Un ragazzo straniero violentemente picchiato da un gruppo di ragazzi come punizione per aver, a detta loro, rubato una collanina. «Ti giuro che non c’entro nulla. Non ho fatto nulla», prova a difendersi il ragazzo. Poi la scarica di pugni e calci che lo fa crollare a terra. Immagini impressionanti già diventate il manifesto del gruppo. La difesa della patria, insomma, passerebbe per ronde di cittadini.

Da Milano al resto d’Italia

Col passare delle ore i follower, «gli adepti del movimento anti crimine» come si sono autodefiniti, sono cresciuti a dismisura tanto da spingere gli organizzatori a creare un gruppo Telegram in cui inviare le segnalazioni e organizzare azioni in ogni città. E sull’app di messaggistica, dove non ci sono le restrizioni dei social, i toni cambiano.

«Ci servirebbero un paio di vagoni diretti nelle Marche. Solo picchiatori. Due o tre weekend di pugni in bocca e si cambia città. Fatemi sapere», propone una delle quasi 4mila persone che, in meno di due giorni, si sono unite. «Come si entra in azione? Voglio fare di più che entrare solo nel gruppo», rilancia un altro utente, con una foto di Matteo Messina Denaro come immagine del profilo.

E così, con il moltiplicarsi delle richieste, si va verso la formazione di gruppi in ogni provincia. «Io direi che bisogna fare ronde in tutta Italia», scrive uno degli utenti più attivi, «persone disposte a rompere la bocca, senza troppe parole. Si va, si rompono i denti e si torna a casa». E nel caso il messaggio non fosse sufficientemente chiaro, aggiunge: «Spray al peperoncino, pugni, calci e mazze da baseball. Gruppi di picchiatori, parliamoci chiaro, i non coraggiosi niente».

Così nel giro di poche ore Milano viene divisa in zone, ognuna con un gruppo di riferimento e un’area specifica da «controllare». Sui gruppi compaiono i primi sondaggi per permettere agli utenti di dare la propria disponibilità oraria per compiere azioni «anti-maranza», mentre gli organizzatori annunciano che a breve si terrà una riunione in presenza «per vedere su chi possiamo contare veramente». E piano piano emerge anche una matrice politica chiara tra sticker nemmeno troppo velatamente nostalgici, chi si presenta con un «buonasera camerati» e chi si vanta di avere «un mezzo busto dello zio Benny» a casa. D’altra parte, il messaggio degli organizzatori era stato esplicito sin dal principio: «Non vogliamo m*rde comuniste e traditori».

Guerra civile autofinanziata

Ed è proprio la presenza di possibili «infiltrati» che preoccupa chi vuole entrare in azione. «Sto gruppo sarà pieno di infami», scrive qualcuno ricordando che «lo possono vedere tutti». Arrivano così gli inviti a non discutere pubblicamente e le indicazioni su come comportarsi durante le ronde per non rischiare ripercussioni. «Copritevi i volti. State attenti sia ai magrebini sia allo Stato perché se voleva aiutarci a quest’ora non stavamo qua», avverte un utente. Gli risponde con una naturalezza disarmante un altro membro: «Ma sì, nel chill. Passamontagna e via».

Perché in fondo, come sottolinea qualcuno, «il rischio fa parte del mestiere». Ma i rischi ci sono e i membri ne sono consapevoli e vogliono prevenirli. Nella giornata di lunedì 10 marzo è stato così diffuso un iban di una banca lituana, con sede a Vilnius, a cui far pervenire donazioni per «finanziare le imminenti spese legali che sicuramente dovremo affrontare».

Quello che emerge dai gruppi Telegram, che continuano a moltiplicarsi, è uno scenario inquietante. Da «guerra civile», come si auspica in uno delle centinaia di messaggi che incitano alla violenza.

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