Su Domani arriva il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra.

Il metodo di lavoro di Mario Francese (metodo che costituiva una straordinaria espressione di giornalismo di inchiesta), la sua capacità di cogliere in profondità il significato degli eventi, e la sua leale vicinanza all’autorità giudiziaria - vicinanza che era ampiamente percepibile dall’esterno e determinava, per lui, una forte esposizione a rischio - sono evidenziate dalle seguenti dichiarazioni rese dal giornalista Francesco Nicastro al Pubblico Ministero in data 10 aprile 1998.

«Lo ricordo come un professionista molto serio, impegnato nella ricerca puntuale delle notizie, che trattava con grande onestà intellettuale. Proprio questo suo metodo di lavoro mi colpì e probabilmente lo esponeva molto in un ambiente difficile. Dico questo perché vedevo che si muoveva dando anche l’impressione di non ricorrere a particolari cautele nei contatti con le potenziali fonti di informazione. Il metodo di lavoro del Francese differiva da quello degli altri cronisti per la tendenza dal Francese sempre manifestata all’approfondimento delle notizie ricorrendo ad una pluralità di fonti che lo vedevano spesso in contatto diretto con i protagonisti delle vicende giudiziarie delle quali si occupava. Ricordo che proprio in questi contatti diretti il Francese sembrava, all’esterno, ricoprire un ruolo quasi di partecipazione attiva alle inchieste ed ai dibattimenti. Preciso che ciò poteva apparire all’esterno ma che in realtà il Francese svolgeva il suo lavoro al meglio e, ripeto, con grande onestà. Ricordo ad esempio che egli amava seguire con particolare attenzione i procedimenti nella fase del pubblico dibattimento e ciò faceva prendendo posto, in piedi e con il taccuino in mano, accanto al Pubblico Ministero, a differenza degli altri cronisti che normalmente prendevano posto accanto agli avvocati. Tale suo atteggiamento formale comportava una maggiore esposizione proprio nei confronti degli imputati e del pubblico che seguiva le udienze».

I malumori di Don Agostino Coppola

«Ho ricordo in particolare di alcuni episodi, che ritengo assai significativi, verificatisi in pubbliche udienze. Uno è riferibile al processo scaturito dalle rivelazioni di Leonardo VITALE, nel quale era confluito anche il filone delle indagini sul sequestro di persona dell’ing. Luciano CASSINA. Tra gli imputati figurava padre Agostino COPPOLA, accusato di concorso in quel sequestro e ritenuto dagli inquirenti legato alla cosca mafiosa dei Corleonesi. Mi colpì il modo con cui don Agostino COPPOLA trattava Mario FRANCESE, verso il quale non nascondeva un suo personale malanimo. Attribuivo questo atteggiamento al fatto che don COPPOLA riportava un malumore coltivato nei confronti di FRANCESE dalla cosca mafiosa di appartenenza per il lavoro approfondito del cronista su tutte le vicende che vedevano coinvolti i Corleonesi. E ricordo che proprio in quel periodo già sotto un profilo oggettivo tutti i più importanti casi giudiziari, dal delitto Scaglione all’omicidio RUSSO, conducevano inevitabilmente ai Corleonesi».

«Un altro episodio che ricordo – disse ancora Nicastro – è riferibile al processo per l’uccisione dell’Agente di Polizia Gaetano CAPPIELLO. Durante il dibattimento la Corte d’Assise era impegnata in una ricostruzione dei fatti attraverso l’esame di una mappa della zona di Pallavicino-Tommaso Natale ove era avvenuto l’omicidio. A un certo momento, per agevolare l’individuazione del punto esatto, Mario FRANCESE si avvicinò alla Presidenza. Uno dei difensori lo bloccò con un gesto plateale che provocò anche in me qualche disagio per il fatto che veniva rimarcata pubblicamente e in maniera negativa quella che all’evidenza, soprattutto per chi conosceva il FRANCESE, era un semplice slancio di generosità. Non ricordo di quale avvocato si trattasse, mentre ricordo le parole adoperate: “Ma lei che c’entra!?” Quella volta alla sbarra c’era la cosca di San Lorenzo, in alcuni suoi esponenti».

Aveva fonti di prima mano

Nel verbale di assunzione di informazioni del 23 aprile 1998, il Nicastro ha aggiunto quanto segue: «Varie erano le fonti di informazione del FRANCESE, che proprio negli ultimi tempi le aveva ampliate anche ad ambienti diversi da quelli giudiziari. A tutti i cronisti giudiziari era noto il fatto che il FRANCESE aveva esteso i suoi rapporti anche agli ambienti investigativi, con particolare riferimento al Reparto Investigativo dei Carabinieri ed al Col. RUSSO Giuseppe, tanto che gli articoli più significativi del FRANCESE sui fatti di mafia contenevano elementi, spunti ed informazioni che erano anche l’oggetto delle investigazioni dei Carabinieri. Proprio su tali temi il FRANCESE mostrava di conoscere con grande precisione elementi riferibili anche ad attività non solo criminali, ma riguardanti il settore economico e societario di esponenti di Cosa Nostra. Il suo obiettivo era quello di approfondire, aggiornandola, la conoscenza di fenomeni criminali e vicende di cui si era già occupata la Commissione Parlamentare Antimafia».

«Il risultato di questo lavoro – si legge ancora nelle sue dichiarazioni – in parte fu pubblicato, sotto forma di articoli e di servizi, dal Giornale di Sicilia, sotto la Direzione di Lino RIZZI. Una parte del materiale raccolto dal FRANCESE credo invece che fosse ancora in elaborazione nel momento in cui fu ucciso, tanto che venne poi recuperato, non so in che maniera perché non lavoravo ancora al Giornale di Sicilia, e pubblicato con una serie di articoli costituenti il c.d. Dossier FRANCESE. Se non ricordo male, questo Dossier venne pubblicato sul settimanale del Giornale di Sicilia che era stato concepito anche per il mercato americano».

Le testimonianze dei suoi colleghi 

La particolare competenza di Mario Francese, e la sua esposizione a rischio a causa dei coraggiosi atteggiamenti da lui assunti, sono evidenziate anche dalle seguenti dichiarazioni rese dal giornalista Lucio Galluzzo nel verbale di assunzione di informazioni del 14 aprile 1998: «Mario era un profondo conoscitore di uomini e situazioni, sia della cronaca che della magistratura. (…) Al tempo stesso teneva comportamenti tali da esporlo pericolosamente. Cito, non essendo in grado di focalizzare i tempi in cui i singoli episodi sono avvenuti, anche perché risalenti ad epoca precedente l’inizio del mio lavoro al Giornale di Sicilia, e perciò soltanto narratimi: il suo prodigarsi, in un pubblico dibattimento appena avviato contro la cosiddetta mafia della costa, per trovare un avvocato di parte civile che consentisse la costituzione di parte civile, nei termini di legge, di una donna parte lesa in quel procedimento; un suo intervento in pubblica udienza al processo per l’uccisione dell’Agente CAPPIELLO. Secondo quanto riferitomi, si discuteva dello stato dei luoghi, c’erano opposte tesi tra le parti e ad un certo punto il FRANCESE, intromettendosi tra le parti, fece presente che nell’archivio fotografico del Giornale c’erano foto utili per quell’accertamento. Mi venne ancora riferito di un suo vivace alterco con l’imputato detenuto Agostino COPPOLA. A causa di questo suo modo di intendere il lavoro ritengo che il FRANCESE si trovava esposto a rischi più gravi rispetto ad altri suoi colleghi».

La passione civile con la quale Mario Francese osservava attentamente il fenomeno mafioso si evince anche dai seguenti ricordi manifestati da Lino Rizzi (direttore del "Giornale di Sicilia" dal 1977 al 1980) nel verbale di assunzione di informazioni dell’8 gennaio 1977: «Il FRANCESE, che era buon conoscitore dei fatti di mafia, non perdeva occasione per parlarmene, premettendo spesso la frase “vede, io sono di Siracusa, della provincia babba”, con ciò volendo prendere le distanze da quegli ambienti. Lo ricordo come un buon giornalista, rigoroso e serio nel lavoro».

La sentenza in questione è quella della Corte di Assise di Palermo, presidente Leonardo Guarnotta, contro Salvatore Riina +9

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