A insidiare gli apicoltori del nostro paese ci sono i prodotti dell’Est Europa, di bassa qualità e spesso non rispettosi delle regole Ue. Per riconoscere quelli buoni va guardato il prezzo, ma bisogna essere anche attenti all’etichetta e sostenere i brand con continuità
Questo articolo è tratto dal nostro mensile Cibo, disponibile sulla app di Domani e in edicola
Una crisi silente, che da qualche anno deve anche fare i conti con prodotti contraffatti che danneggiano ulteriormente il mercato. Il miele sta affrontando, quasi da un decennio, un periodo di grossa difficoltà sia a livello nazionale che europeo.
La produzione «è in calo da otto anni», spiega Giuseppe Cefalo, presidente di Unaapi (Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiani), arrivando addirittura non produrre più specialità rare come «il ciliegio o il rosmarino».
Concorrenza sleale
Il motivo di questa crisi? In primis cambiamento climatico, che «incide fortemente sull’allevamento apistico».
Come? «Agisce in due modi: direttamente, modificando il consueto equilibrio delle stagioni e privando le api di un ambiente favorevole – come sottolinea il presidente di Unaapi – e indirettamente, influenzando in negativo lo sviluppo della flora nettarifera, fondamentale per il nutrimento».
Negli ultimi due anni, però, il settore è stato messo in ginocchio da un altro fenomeno. Migliaia di tonnellate di miele a basso prezzo provenienti da paesi extraeuropei sono entrati nel mercato continentale: «Di fatto siamo stati invasi da prodotti adulterati, sofisticati e contraffatti».
Tutta una serie di barattoli che vengono ottenuti attraverso metodi illeciti, che provocano seri danni al settore: «A volte nei nostri supermercati troviamo mieli che non dovrebbero nemmeno essere chiamati tali per legge – denuncia Cefalo –: questi prodotti, solitamente di provenienza asiatica, sono il frutto di un processo industriale di disidratazione del nettare. Una pratica del tutto illecita in Europa».
Ma gli esempi di alterazioni possono essere infiniti: «Molte confezioni contengono prodotti adulterati, ovvero create con l’aggiunta di sciroppi, come quelli di mais – spiega – oppure altri miscelano i pollini microfiltrati con prodotti di provenienza europea. C’è anche chi crea gli zuccheri naturali del miele attraverso processi artificiali». Una gamma infinita di varianti.
E tutto questo porta a un danno anche economico: «Queste merci turbano le regole di un mercato già in crisi. In un mondo perfetto quando un prodotto scarseggia, il prezzo aumenta. Invece il listino del miele, a causa di questa invasione, si abbassa, mettendo ancora più in difficoltà i produttori italiani».
Insomma, una vera e propria concorrenza sleale. E il fenomeno è in crescita.
Lo scorso fine gennaio la guardia di finanza ha sequestrato a Vicenza oltre ventidue tonnellate di miele importato privo di tracciabilità e 3,5 tonnellate di sostanze zuccherine utilizzate in modo irregolare come cibo per le api, dal valore totale di 110mila euro. Il materiale proveniva da Romania, Ungheria, Turchia, Cina e Vietnam e, in assenza di qualsiasi indicazione sulla sua tracciabilità, è stato ritirato dal mercato.
Il cambiamento climatico
Inoltre il 2024 è stato, per certi versi sfortunato. Secondo l’Osservatorio Nazionale del Miele, l’«instabilità meteorologica del mese di maggio» non ha consentito «una minima ripresa su alcuni raccolti primaverili comunque già fortemente compromessi».
Ogni parte del paese ha avuto diverse problematiche che hanno messo ulteriormente in crisi il settore.
Al nord, come viene specificato nel report: «le frequenti condizioni di cielo nuvoloso con piogge e temporali anche insistenti e temperature massime sotto la norma, hanno azzerato o ridotto fortemente i raccolti del miele d’acacia e determinato situazioni prolungate di completa assenza di flussi nettariferi».
Mentre al sud, la siccità prolungatasi molti mesi lo scorso anno, ha compromesso i raccolti di agrumi, portando a «un generale azzeramento o forte riduzione dei flussi nettariferi primaverili». Inoltre l’Osservatorio denuncia anche il tema dei costi di gestione, aumentati per il cambiamento climatico: «Le aziende pagano cifre sempre più elevate per mantenere le famiglie di api in buone condizioni di salute e spesso per salvarle letteralmente dalla morte per fame: arrivando a somministrare anche 10 kg di cibo per alveare».
La cifra fino a pochi anni fa si fermava a pochi più della metà.
I rischi economici
A rischio, però, non c’è solo una categoria di lavoratori: «Se non ci fossero più le aziende apistiche, questi insetti non potrebbero sopravvivere in questo ecosistema, viziato dal cambiamento climatico – evidenzia Cefalo – Sono sempre meno quelle che vivono in natura. Le api hanno un ruolo ambientale importantissimo e senza di noi il loro numero si ridurrà drasticamente in pochi anni».
Poi c’è il lato economico. L’Italia produce ogni anno meno di 20mila tonnellate di miele, cifra lontana rispetto alle 30mila di qualche anno fa.
Il quantitativo però copre solo la metà del fabbisogno nazionale. Nel 2024 il nostro paese ha raggiunto un volume di importazioni di miele pari a 18mila tonnellate, segnando un incremento del 16 per cento rispetto all’anno precedente. Di queste, ben 17mila sono arrivate dal continente europeo, dove l’Ungheria si distingue come principale fornitore, seguita da Ucraina e Romania. I danni di una crisi potrebbero avere effetti, come spiega Cefalo, «di svariati milioni».
Per porre un freno all’emergenza, lo scorso maggio il Consiglio europeo ha emanato la direttiva "Breakfast”, la quale introduce nuove norme volte a garantire una maggiore trasparenza e sicurezza nel settore alimentare, con un focus particolare sul miele, pur estendendosi anche ad altri prodotti come marmellate e succhi. Dal 2026, infatti, sarà obbligatorio riportare sulle etichette l’indicazione completa dei paesi di origine. Nel caso di prodotti composti da più ingredienti (come i cosiddetti mieli miscelati), sarà necessario specificare quali siano e in che percentuali siano presenti, offrendo così al consumatore informazioni dettagliate per effettuare scelte consapevoli.
L’obiettivo principale di questa normativa è contrastare le frodi alimentari, attraverso l’introduzione di controlli più rigorosi e trasparenti.
Per supportare questo sforzo, verrà istituita una piattaforma composta dai massimi esperti del settore, incaricata di validare nuovi sistemi di analisi in grado di individuare eventuali contraffazioni. In aggiunta, è prevista la creazione di un centro di riferimento europeo per il miele, un vero e proprio “superlaboratorio” che fungerà da punto di riferimento per garantire l’autenticità e la qualità del prodotto. A questo punto resta una domanda: come si può riconoscere al supermercato un miele che rispetta tutte le normative? «Ci sono tre regole base – spiega Cefalo –. La prima è il prezzo: se è troppo basso è alquanto sospetto. In genere deve costare almeno di 10/15 euro al chilo a seconda se millefiori o monoflora. Poi bisogna leggere bene l’etichetta, per scegliere consapevolmente. L’ultima invece riguarda la fidelizzazione: bisogna cercare di comprare quasi sempre lo stesso brand, per aiutarlo anche a reggersi in piedi».
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