Covid hotel sacrificati in nome del valore immobiliare. È la storia che arriva da Corso Magenta 19, tra le zone più benestanti di Milano, incastrata tra il Castello Sforzesco e l’Università Cattolica. Nel bianco panna di uno dei tanti palazzi signorili ha sede il King, hotel quattro stelle che in tempi normali attira turisti e lavoratori facoltosi.

Con la pandemia il gruppo King-Mokinba srl, che ha in gestione l’immobile in affitto, ha deciso di prestarsi a una giusta causa, per ridare vita alle sue stanze da troppi mesi deserte: trasformarsi in un Covid hotel, spazio organizzato per ospitare personale sanitario impegnato in prima linea nella lotta al virus, così come malati in convalescenza che non hanno altre possibilità di isolamento, tra cui i senza fissa dimora.

Una decisione che non è andata giù alla proprietà dell’immobile, la Denas srl del gruppo immobiliare Cocchi-Bianchi, che ha chiesto di bloccare tutto e ha inviato disdetta del contratto di affitto dello stabile ai gestori.

«L’hotel si trova in diretta adiacenza ad altre attività e immobili residenziali che potranno risentire negativamente della presenza di soggetti ad alto rischio contagio, ovvero portatori di malattia», si legge nella nota presentata all’Ats dal legale della proprietà, che tra i luoghi vulnerabili cita in particolare l’università Cattolica (chiusa), il museo archeologico (chiuso anch’esso) e la caserma della polizia. La trasformazione in Covid hotel per questo motivo «deve essere immediatamente interrotta e non proseguita».

Al gruppo King-Mokinba è arrivata invece una lettera di sfratto, con la motivazione di una rata di affitto non pagata: quella di novembre, in realtà poi saldata il giorno stesso che la proprietà ha sollevato la questione. Il ritardo di pochi giorni per una società che da 35 anni gestisce l’immobile e che alimenta il sospetto che quello della morosità sia solo un pretesto dei proprietari per liberarsi di una presunta situazione scomoda.

Solo quattro hotel Covid

Oggi a Milano i Covid hotel in servizio sono quattro, ma il problema è che per quanto il contagio nella provincia stia rallentando, i posti letto iniziano a scarseggiare. Al Baviera di zona Porta Venezia, sempre gestito dal gruppo King-Mokinba, tutte le 57 stanze sono occupate; alla residenza Adriano 67 stanze su 87 sono piene; la struttura di Linate conta otto stanze libere su 51; l’hotel Lodi Vecchio non ha più posti.

«Stiamo andando in parte in saturazione del sistema», ha detto Rossana Angela Giove, direttrice sociosanitaria di Ats. Motivo per cui ci si sta muovendo per organizzare nuove strutture. Il King Hotel figurava proprio tra queste, addirittura primo in graduatoria. Ma si è trovato nel posto sbagliato con la proprietà sbagliata.

«A fine ottobre abbiamo partecipato al bando per i Covid hotel, abbiamo ricevuto l’idoneità e siamo stati messi in graduatoria», racconta Fabrizio Della Corte, Direttore generale del gruppo King-Mokinba.

La struttura ha così speso diversi soldi per farsi trovare pronta all’accoglienza: materiale per la sanificazione, ristorazione, personale per il presidio sanitario. Poi durante una riunione con la proprietà dell’immobile il quadro è cambiato. «L’amministratore della Denas srl ci ha convocati per una riunione, ci hanno presentato un progetto legato all’ampliamento dell’ultimo piano per la realizzazione di quattro suites. Un incontro propositivo, che è cambiato nei toni sul finale quando abbiamo comunicato che avremmo iniziato a operare come Covid hotel».

Il giorno dopo ai gestori della struttura arriva una lettera di sfratto, mentre l’Ats riceve la nota da parte della proprietà che chiede di bloccare la trasformazione del King in struttura di accoglienza per medici e persone positive. «Già durante la prima ondata avevamo partecipato al bando di Regione Lombardia per l’accoglienza di operatori sanitari e medici.

La proprietà aveva avuto da ridire anche allora al riguardo», sottolinea Della Corte, che rivela un dettaglio forse decisivo: «Il proprietario dell’immobile abita nel palazzo di fianco al King, probabilmente teme di poter essere contagiato o che venga rovinata l’immagine e il valore del suo immobile».

Enrico Bianchi, amministratore della Denas, dice che si tratta di un «grande malinteso»: «Noi non siamo contro il concetto di Covid hotel, tutto quello che hanno fatto i medici in questi mesi è eroico ma il problema è che l’hotel King non ha alcun punto di carico-scarico sul corso principale e si deve passare dalla traversa per l’ingresso, dove ci sono tutti i servizi condominiali e commerciali in comune. L’ambulanza, le persone che lavorano nell’albergo e tutti gli altri inquilini hanno un solo passaggio.

La nostra preoccupazione riguarda la salute, queste persone chiuse per 40 giorni dentro le stanze dell’albergo avranno diritto a prendere una boccata d’aria ogni tanto e quindi si troverebbero a contatto con le altre persone, i negozianti e via dicendo. È una fonte di inquinamento. Noi ci siamo battuti sull’opportunità di mettere una fonte di rischio in mezzo a tutta la comunità. La questione dello sfratto invece ha delle ragioni indipendenti che non c’entrano niente con la storia del Covid hotel».

Casi simili

Qualcosa di simile si era già visto altrove. Dopo la trasformazione in Covid hotel del quattro stelle Michelangelo alcuni abitanti del quartiere si erano fatti sentire con una lettera di diffida. Un’iniziativa ora replicata in Corso Magenta, ma dal lato della proprietà, dunque più incisiva. Quello che si lamenta è l’impatto sanitario nefasto che l’accoglienza di medici e cittadini contagiati potrebbe avere sul quartiere.

Una tesi fondata sul nulla, visto che le altre esperienze di Covid hotel a Milano non hanno causato alcun contagio esterno, semmai solo guarigioni e attestati di riconoscimento.

Il problema sembra più che altro di carattere immobiliare, in un quartiere che anche durante la pandemia non ha conosciuto crisi. Mentre nel terzo trimestre del 2020 più o meno tutto il centro storico meneghino ha visto diminuire il valore degli immobili, l’unico a far registrare il segno più (2,3 per cento) è stato proprio quello di Sant’Ambrogio-Università Cattolica, sottolinea Idealista.

Un’isola felice per gli immobiliaristi senza scrupoli, che per rimanere tale deve fare muro a ogni interferenza esterna. A costo di respingere chi un tempo veniva considerato come eroe e ora si ritrova a essere bollato come untore e minaccia al decoro.

«Un danno per la città non sono di certo i Covid hotel, ma i proprietari di immobili con un così scarso senso civico», ha tuonato l’assessore comunale all’Urbanistica, Pierfrancesco Maran. Intanto anche alcuni abitanti del quartiere non ci stanno a passare per complici di chi non vuole il Covid hotele si stanno organizzando con un comitato. Il gruppo King-Mokinba non ha intenzione di cedere all’ordine di sfratto, e si preannuncia una battaglia legale contro i suoi proprietari.

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