Cala il silenzio sul futuro dello stabilimento di Mirafiori a Torino e le ultime notizie sembrano uscire dalla pagine del saggio Divertirsi da morire di Neil Postman: nella storica fabbrica che fu patria di centomila lavoratori, si è svolta una gara podistica a cui hanno partecipato circa 600 corridori. Hanno corso lungo il perimetro esterno lungo 10 chilometri e poi nella pista di prova.

Scomparse le notizie sulla produzione di auto cinesi, scomparsi gli Elkann e i battibecchi col governo, si lavora “al progetto 500 Armani e alla ibrida”: queste le voci che dovrebbero rassicurare i 2800 operai che da mesi sono in cassa integrazione, nonché l'enorme indotto che attende il suo futuro.

Rischio immediato invece per 250 addetti alle mascherine anti covid, la cui produzione è ferma: la cassa integrazione termina a fine gennaio 2025 e al momento manca il ponte per farli giungere al termine del prossimo anno, quando dovrebbe iniziare la produzione della 500 ibrida.

Perfino il fondo governativo pari a 4.6 miliardi di euro che doveva sostenere il comparto automotive, a livello nazionale, è stato spostato dal Governo sulle spese militari e in città si scherza amaramente dicendo che da Mirafiori non usciranno più le auto ma, come negli anni '40, i carri armati.

Città sospesa

Torino pare sospesa tra elementi opposti che non si mescolano, come l'olio e l'aceto: entusiasmo per i grandi eventi di successo che hanno avuto sede in città e dati sconfortanti sul progressivo avanzamento della povertà che pare non voler attenuare la sua presa, nonostante le ricadute, quantificate in centinaia di milioni di euro di Atp Finals, Torino Film Festival, Artissima, nonché i grandi festeggiamenti per il bicentenario del Museo Egizio. Come ai tempi delle Olimpiadi cresce la speranza che il business del tempo libero possa sostituire la vecchia città manifatturiera, o quanto meno puntellarla in maniera robusta qualora lo smantellamento di Mirafiori dovesse continuare o peggio, accelerare.

La differenza tra quel periodo e questo è data dagli immensi investimenti pubblici strutturali che atterrarono sulla città, anche a debito: oggi tutto appare delegato alle forze pure del mercato.

Nell'entusiasmo generale ci ha pensato Evelina Christellin, presidente del Museo Egizio, a ricordare che Torino vive giorni magici ma “è bene non dimenticare chi dorme sotto i portici”.

Christellin ha notato, soprattutto ha fatto notare, che le masse sciamanti di felici consumatori diurni del centro città la notte vengono sostituite da molti clochard che si accampano di fronte alle vetrine dei negozi più prestigiosi, costruendo casupole di cartone dove vivono con i loro cani.

Gruppi di volontari passano nelle gelide notti di questo tardo autunno a controllare le loro condizioni di salute. Eppure, il clima generale è elettrizzato dai successi sportivi e organizzativi recenti.

Il tennis, con le recenti Finals Atp vinte da Jannik Sinner, impazza in città e con esso giunge una pioggia di denaro portata da battaglioni di turisti, numeri da record, certificati dal Boston Consulting Group.

Il valore puntuale dell’impatto economico è di 503,4 milioni di euro, suddiviso in tre componenti: 225,7 milioni di euro diretti, 192,3 milioni di impatto indiretto, 85,4 milioni di indotto.

Le manifestazioni di entusiasmo sono state travolgenti nella piazza adiacente l'hotel dove soggiornavano i tennisti e vicino al palazzetto dello sport dove si è tenuta la competizione. Più sfumato il coinvolgimento nelle periferie.

Gli spettatori presenti alle partite, agli allenamenti, alla grande cerimonia di apertura sono stati oltre 210 mila, prevalentemente italiani. A Londra, precedente sede, furono circa 700.000, ma ovviamente non è un termine di paragone possibile.

La percentuale di stranieri, che era intorno al 39% nel 2023, è scesa al 20% a causa della mancanza di stanze di albergo nonché del “vecchio” palazzetto costruito nel 2006 per le Olimpiadi, troppo piccolo, che verrà sostituito da uno nuovo con una capacità pari a 16.000 spettatori.

I posti di lavoro generati sono stati ben 3341, per un tempo superiore alla durata settimanale dell'evento.

Successi anche dal mondo del grande cinema perché in città sono giunte star da tutto il mondo: Sharon Stone, Angelina Jolie, Ron Howard, Claudia Gerini, Giancarlo Giannini e altri che hanno entusiasmato il pubblico del cinema Massimo. Entusiasta anche l'attore Michele Placido: «Basta lagne, così la città torna ai fasti del primo Novecento». Il grande attore si riferiva alla tradizione “impegnata” del TFF, ora superata da un moderno corso glamour.

Luca Davico è sociologo e ricercatore al Dipartimento interateneo di scienze, progetto e politiche del territorio (Università e Politecnico di Torino), nonché per oltre vent’anni curatore del prestigioso Rapporto Rota – un vero manuale sulle condizioni di salute della città - commenta: «L'élite culturale cittadina ovviamente ama molto i grandi eventi, specie quelli culturali come Artissima o il Torino Film Festival, ma di qui ad annoverarli tra i motori del turismo ne passa: Artissima, ad esempio, rimane tuttora solo la quarta/quinta fiera torinese per numero di visitatori». Turismo e cultura rilanceranno la città? Chissà, se ne parla da un quarto di secolo, e il futuro – come sempre – rimane imprevedibile. Un dato certo però è che, nonostante il turismo a Torino negli anni sia cresciuto, rimane ancora troppo legato quasi solo a cultura ed eventi, tant’è che se calcoliamo l’incidenza sul totale dei posti di lavoro (ossia la quantità di persone che oggi vivono di turismo; dati Istat 2021), Torino rimane all’ultimo posto tra le 15 città metropolitane italiane, con appena un 5 per cento, lontanissima da Venezia che sfiora il 40 per cento.

Impoverimento

Torino, sempre secondo i dati Istat primeggia ostinatamente nel comparto automotive, che copriva nel 2021, quasi il 40 per centodegli addetti.

Tale settore però è in forte contrazione a causa della crisi Stellantis che sta contagiando l'indotto: l'industria manifatturiera di alta e bassa qualità è passata da 209.349 occupati del 2014 a 204.836 nel 2023. Le industrie che operano nella componentistica in Piemonte sono 730, il 33,6 per cento del totale nazionale e gli occupati sono circa 55.000, pari al 50 per cento di circa dell'interno comparto italiano. Anche questo processo regressivo ha un impatto economico e sociale. La quota delle famiglie in grave deprivazione abitativa è cresciuta negli ultimi 2 anni dall’8,7 per cento al 10,8 per cento. Quella delle famiglie in grave difficoltà è passata dal 4,6 per cento al 6,7 per cento. Il problema è così marcato che in Comune si sta discutendo una delibera di iniziativa popolare che prende il nome di “Vuoti a rendere” che trae spunto dal referendum popolare approvato a Berlino che può giungere all'esproprio della case sfitte: a Torino ovviamente non si arriverà a soluzioni così drastiche, ma si discute di un iniziale censimento seguito dalla possibilità di requisizione degli immobili quando sono più di cinque proprietà dello stesso titolare. La requisizione giungerebbe come extrema ratio, laddove passaggi penalizzanti intermedi sul piano fiscale, fossero ignorati.

Gli alloggi vuoti in città sono stimati in circa 40.000.

Quella delle famiglie in grave difficoltà è passata dal 4,6 per cento al 6,7 per cento.

Nella settimana delle Atp Finals la Caritas, in occasione dell'inaugurazione di una struttura ricettiva nel quartiere Mirafiori, a due passi dal vecchio stabilimento, ha fornito alcuni dati sulla situazione socio economica torinese: nel 2024 sono già oltre 19.000 le persone che si sono rivolte ai servizi di accoglienza e assistenza nella Diocesi di Torino, rispetto alle 18.000 del 2023. Aumentano anche del 10 per cento le richieste di pasti, vestiario e supporto psicologico. I barboni, o clochard, che punteggiano il centro cittadino sopratutto la notte sono passati da 900 a 990 solo nell'area torinese.

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