Ecco tutti i messaggi (finora omissati dai magistrati del papa) tra la lobbista Chaouqui e la sodale di Perlasca, Ciferri. La “papessa” anticipa dettagli dell’inchiesta e interrogatori. «Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine»
«Senza Perlasca, Diddi e io ci attaccavamo e tiravamo forte». Sono giorni difficili per il Vaticano. Proprio ora che papa Francesco è tornato a casa dal Gemelli, dove è stato ricoverato per giorni, documenti e chat inedite potrebbero portare qualche scompiglio Oltretevere. Le carte riguardano il caso del “processo del secolo” al cardinale Angelo Becciu, e sono state depositate da Rodney Dixon, avvocato del finanziere Raffaele Mincione, in una denuncia al relatore speciale dell’Onu Margaret Satterhwaite, che gestisce l’ufficio che vaglia l’indipendenza dei giudici all’interno dei processi.
Mincione, come è noto, è finito nei guai nel 2020 a causa di un’inchiesta della magistratura della città santa, riguardante la compravendita di un palazzo a Londra e la gestione dei fondi della Segreteria di stato, per la quale è andato alla sbarra insieme a funzionari vaticani, a Gianluigi Torzi e allo stesso Becciu. Il processo di primo grado si è concluso a dicembre 2023 con la condanna del porporato – a cui il papa aveva già tolto ogni diritto cardinalizio e l’incarico da prefetto della Congregazione delle cause dei Santi – a cinque anni e sei mesi per truffa e peculato.
Adesso i nuovi atti letti da Domani potrebbero riaprire la pista relativa a quello che, secondo gli avvocati di Mincione, potrebbe configurarsi come un possibile inquinamento delle indagini svolte dai promotori di giustizia Alessandro Diddi e Gian Piero Milano.
La genesi
Questo giornale due anni fa aveva già svelato i retroscena che, all’epoca, hanno portato a incardinare l’inchiesta contro l’ex braccio destro di Francesco. Tutto era partito da un memoriale a firma di Alberto Perlasca, il monsignore un tempo fedelissimo di Becciu diventato poi suo grande accusatore.
Durante le udienze si è scoperto che quel memoriale non era tutto farina del suo sacco. Temi e argomenti contro Becciu «mi sono stati in effetti suggeriti da un anonimo magistrato, che poi ho scoperto essere, solo due giorni fa, Francesca Immacolata Chaouqui», ha ammesso il monsignore riferendosi alla lobbista voluta da Francesco nella Commissione per la trasparenza finanziaria Cosea nel 2013, poi condannata nel 2017 a 10 mesi per rivelazione di notizie riservate nel processo Vatileaks II (anche il direttore di questo giornale è stato imputato e prosciolto).
Chaouqui è una storica “nemica” di Becciu: a lui ha sempre imputato la mancata concessione della grazia da parte del papa. La donna è entrata in scena quando, a tirarla in ballo, è stata anche un’amica di Perlasca, la misteriosa Genoveffa Ciferri, per tutti Genevieve. Ciferri ha sostenuto che a “manovrarla”, affinché Perlasca parlasse contro Becciu, fosse stata la lobbista, a sua volta influenzata – è la tesi dei legali di Becciu – dal promotore di giustizia Diddi e dai vertici della gendarmeria di Stato guidata da Gianluca Gauzzi.
Diddi da parte sua ha strenuamente negato di aver avuto contatti con l’imprenditrice. E ha depositato presso il tribunale vaticano alcune chat della discordia che gli aveva inviato Ciferri subito dopo il primo interrogatorio del suo sodale Perlasca. Interrogatorio che era andato malissimo, tanto da rischiare un’accusa di falsa testimonianza. Ma sui 126 messaggi totali che gli aveva girato Ciferri (dove Chaouqui tira più volte in ballo proprio il promotore come suo suggeritore) Diddi ne aveva omissati 119. Quest’ultimo ha aperto subito un nuovo fascicolo penale sulla corrispondenza, di cui, a oggi, si sono perse le tracce. Un fascicolo che ha però consentito a lui e al presidente del tribunale, Giuseppe Pignatone, di rifiutare seccamente l’acquisizione integrale delle chat chiesta dagli avvocati difensori, per «esigenze di segretezza».
Le chat integrali
Oggi però questo giornale è in grado di svelarle tutte. Non solo le 126 depositate in Vaticano, ma molte altre depositate all’Onu.
Partiamo dal 18 agosto del 2020, tredici giorni prima che Perlasca decida di attaccare Becciu con un memoriale. Mancano dieci minuti alle otto del mattino e Chaouqui pone una serie di domande a Ciferri: «Quante volte sono stati mandati questi soldi per la suora? Come giustificava Becciu l’invio a Cecilia (Marogna, ndr) anziché a una organizzazione per liberare la suora? Domani bisogna fargli tirare fuori la vicenda dei conti personali in Svizzera e Julius bar». Temi che finiranno in effetti nel documento che darà il via all’inchiesta penale.
Ma a quella data, e cioè a indagini in corso, come fa Chaouqui a conoscere i dettagli dell’inchiesta? Tutti temi riguardanti il cardinale – dai denari girati alla diocesi di Ozieri per la cooperativa Spes fino al business della birra di famiglia – di cui la lobbista non avrebbe potuto sapere nulla. Anche Ciferri è sorpresa. «Fantastico come tu faccia a sapere queste indiscrezioni! Comunque non mi permetterò mai di chiederti come fai e con chi ti rapporti. Mi basta aver notato che sono veritiere al cento per cento».
Lo spoiler dell’interrogatorio
Monsignor Perlasca, al tempo indagato – Ciferri vuole che in ogni modo esca dall’inchiesta –, verrà interrogato dai magistrati appunto il 31 agosto 2020. Ma una decina di giorni prima Chaouqui lo annuncia a Ciferri. «Ora riceverà il biglietto di cancelleria del tribunale per la conferma scritta del colloquio del 31 alle 10. Nel testo sarà scritto come da prassi che può notiziare il suo avvocato». Chi informa di questi appuntamenti ufficiali la “papessa”? Poi il 22 agosto, in vista dell’interrogatorio, Chaouqui torna a scrivere: «Un altro focus dei magistrati per l’ipotesi di peculato riguarda la gestione delle spese della Segreteria di stato. Sembra che molto denaro venisse speso per pagare le spese personali del cardinale e di alcuni suoi famigliari e amici, forse monsignor Perlasca può aiutarci a ricostruire. Sono ammanchi di centinaia di migliaia di euro».
Ma come fa Chaouqui a sapere che una delle contestazioni mosse a Becciu è proprio quella di peculato, reato che verrà contestato dal papa al cardinale solo giorni dopo?
Non solo. Nelle chat sono molti i riferimenti all’incontro tra Becciu e Perlasca al ristorante “Lo scarpone”, in zona Gianicolo. Si tratta del noto appuntamento in cui il cardinale viene registrato dal monsignore. Il 3 settembre del 2020, in preparazione della famosa cena, Ciferri scrive a Chaouqui: «Buongiorno Francesca. Scrivimi per bene quella cosa che desiderano i magistrati». «Buongiorno Genevieve, siamo a un punto molto importante, il cardinale sta artatamente cercando di crearsi un ennesimo alibi, serve una prova definitiva della sua infedeltà. Una cena costruita bene su cui far “confessare” Sua eminenza sarebbe preziosa per gli inquirenti», risponde Chaouqui.
La cena effettivamente si fa, tanto che Perlasca prima di attovagliarsi avverte de visu dell’appuntamento il gendarme Stefano De Santis (è colui che ha condotto le indagini e che ha sempre negato di avere rapporti con Chaouqui, smentendo anche la possibilità che il Vaticano abbia registrato in territorio italiano la conversazione tra Becciu e Perlasca). Dopo la cena, si legge ancora nelle conversazioni, gli audio in cui Perlasca legge il memoriale con le accuse a Becciu vengono girati a Chaouqui, che poi ha ammesso di averli «fatti sentire al papa prima del processo».
Tra un consiglio di ricette e un video di Crozza, Chaouqui davanti a Ciferri si mostra sempre informatissima su quello che accadrà. A novembre del 2020 rilancia. «Perlasca verrà prosciolto. Su questo non ci sono dubbi. Il proscioglimento non lo mettere più in dubbio. La situazione è questa e nessuno la può cambiare. Se per tranquillizzarlo vuoi parlare con Diddi o con la gendarmeria non c’è problema», scrive a Ciferri.
Sempre nel mese di novembre di cinque anni fa la lobbista annuncia: «A brevissimo ci sarà una azione penale contro Becciu molto grave». Come fa a saperlo? E il 12 gennaio del 2021 dà anche ulteriori particolari. «Oggi sono in corso interrogatori. Domani saprò».
«Se ne sta occupando Diddi»
Ancora. «Il 25 maggio lo hanno chiamato per la convalida di una firma non sua, di un notaio che lui conosceva, affinché la riconoscesse. In quell’occasione Diddi gli ha detto: “Noi vogliamo tenerla fuori da questa storia Monsignore”. E lui è tornato a casa con le lacrime agli occhi e pieno di riconoscenza...», racconta Ciferri a Chaouqui a proposito delle volontà del promotore che sembrerebbero dare ragione alla lobbista, che le aveva spiegato che se Perlasca avesse parlato sarebbe stato tenuto fuori dal processo.
Infine, a luglio 2021, Ciferri chiede più volte a Chaouqui quando verranno sbloccati i conti di Perlasca. Dice anche che se ne starebbe occupando il commissario della gendarmeria De Santis che Chaouqui, a sua volta, dice di non conoscere bene. «Se ne sta occupando Diddi», risponde la lobbista. Solo qualche settimana dopo il monsignore avrà libero accesso alle sue finanze. Ciferri ringrazia.
Quando scoppia il polverone sul memoriale e le chat “omissate” da Diddi, le due continuano a scriversi. Chaouqui ammette: «Dobbiamo capire cosa devi dire. Per evitare che le chat siano considerate attendibili ove mai si decidesse di dissecretarle. Perché in questo caso avrebbe ragione Becciu. Va disinnescata la bomba. Per me vale ciò che ho detto al processo. Non conosco Diddi. Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine».
Insomma tutti messaggi che parrebbero anche dare ragione a chi ha sempre sostenuto non solo l’assenza di genuinità nell’atto di accusa di Perlasca, ma anche certi “condizionamenti” del monsignore da parte dell’accusa per il tramite della “papessa”.
Ovviamente Diddi ha sempre negato qualsiasi interlocuzione con Chaouqui, e spiegato che le accuse contro Becciu sono provate da bonifici e prove oggettive, non legate al pentimento di Perlasca. Nondimeno, gli avvocati di Mincione vogliono vederci chiaro.
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