L'attuale presidente del Banco Bpm Massimo Tononi è indagato dalla procura di Milano con l'accusa di false comunicazioni sociali e aggiotaggio in relazione al trattamento dei crediti deteriorati nel bilancio 2015 del Monte dei Paschi di Siena, di cui è stato legale rappresentante tra il 2015 e 2016.

Il nome dell'alto manager trentino, che è stato sottosegretario all'Economia nel secondo governo Prodi (2006-2008) e con un curriculum di prima grandezza che passa dall'Iri alla banca americana Goldman Sachs per arrivare a Cassa depositi e prestiti, è emerso dalla richiesta di proroga delle indagini depositata dai pm al giudice per le indagini preliminari Guido Salvini, che ufficialmente sarebbero scadute il 28 di febbraio.

Una richiesta non attesa dato che l'indagine della procura sui cosiddetti non performing loans della banca senese si trascina ormai da anni e dopo una lunghissima perizia in incidente probatorio sulla bontà del trattamento dei crediti in bilancio sembrava destinata a chiudersi nel mese di marzo.

La richiesta di proroga firmata dai magistrati Giovanna Cavalleri e Roberto Fontana è di tre mesi e servirà a dare modo ai consulenti della procura di ultimare il loro lavoro di revisione sulle modalità di trattamento dei crediti sulla base di una mole considerevole di documentazione che è stata riversata loro dalla Guardia di Finanza, che ha condotto materialmente le indagini.

Gli altri indagati

L'altro nome di spicco che è emerso da questa richiesta di proroga è quello di Marco Morelli, amministratore delegato di Mps dal settembre 2016 al 2020 e che ha un lungo passato nell'istituto senese dove ha avuto ruoli dirigenziali nell'area finanza fin dalla gestione dell'ex presidente Giuseppe Mussari e del direttore generale Antonio Vigni.

I due ex vertici che sono attualmente davanti alla Corte d'Appello di Milano nel secondo grado del processo per i derivati Santorini e Alexandria per i quali sono stati condannati in primo grado. Proprio Morelli, che è un alto dirigente del gruppo assicurativo francese Axa, è stato sentito come testimone in quel processo e ora si ritrova ad essere indagato per la gestione dei crediti.

I due hanno raggiunto nel registro degli indagati Alessandro Profumo, che ora guida il gruppo Leonardo – Finmeccanica, Fabrizio Viola e Paolo Salvadori da tempo indagati in questo troncone del procedimento sui gravi problemi di bilancio che hanno condotto il Monte dei Paschi alla nazionalizzazione del 2017 per evitare il crac definitivo.

Questioni non ancora risolte visto che il governo italiano si appresta a chiedere alla Commissione europea un tempo aggiuntivo per privatizzare la banca (ed evitare l'apertura di una procedura di infrazione dell’Ue) dopo il fallimento dei colloqui con la promessa sposa Unicredit.

Anche Profumo e gli altri sono stati condannati in primo grado per la gestione dei derivati Alexandria e Santorini post cacciata di Mussari e sono in attesa che sia fissato per loro il processo di appello.

In totale gli indagati di questa inchiesta sono adesso 10 per reati che a vario titolo sono di falso in bilancio, falso in prospetto di aumento di capitale e aggiotaggio: tra loro anche Alessandro Falciai e Stefania Bariatti, che sono stati presidenti del cda della banca per periodi più brevi e Daniele Bigi, che risulta imputato anche in un altro procedimento milanese che riguarda i derivati Mps e che è attualmente in udienza preliminare.

La richiesta di proroga della procura ha dato visibilità anche alle indagini condotte negli ultimi sei mesi sui crediti deteriorati Mps del periodo 2012 -2015 e sul biennio aggiuntivo 2016-17, che secondo la perizia in incidente probatorio firmata da Gian Gaetano Bellavia e Fulvia Ferradini avrebbero visto errate contabilizzazioni per oltre 11 miliardi di euro. Crediti che, secondo la perizia e le tesi dell'accusa, sarebbero stati svalutati in bilanci diversi da quelli di effettiva competenza, ingannando così Consob, Banca d'Italia e risparmiatori sull'effettiva consistenza del patrimonio di vigilanza dell'istituto.

Manovre sulle quali era caduta una censura della Banca centrale europea – guidata al tempo da Mario Draghi - che sarebbero servite per abbellire i bilanci prima di chiedere ben otto miliardi di euro di euro agli investitori in due aumenti di capitale del 2014 e 2015.

Una montagna di soldi subito ingoiata dalla banca che ha tutt'ora un enorme bisogno di capitale. Tra gli atti di indagine, oltre a una serie di testimonianze, c'è anche una consulenza dell'esperta di bilanci Stefania Chiaruttini, che fu chiamata dalla procura di Milano per il crac Parmalat del 2003 e che ora sta esaminando un centinaio di posizioni creditorie.

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