Era un’icona del calcio del passato, cresciuto in un’epoca in cui vestire la maglia della Germania (dell’ovest) aveva un significato che superava i confini dello sport. Soprattutto quando si arriva a un passo dalla vittoria di un mondiale, nel 1966, in casa dell’Inghilterra. Uwe Seeler, capitano onorario della nazionale tedesca, è morto a 85 anni giovedì. Lo ha confermato l’Amburgo, la squadra di cui era stato la bandiera.

Oggi in Italia forse in pochi lo ricordano, almeno fra i più giovani (in Germania invece è ancora famosissimo). Ma fra la metà degli anni Cinquanta e gli anni Settanta, Uwe Seeler era conosciuto come uno dei migliori attaccanti al mondo. Complessivamente, tra club e nazionale ha segnato 550 gol in 664 incontri ufficiali, con una media di 0,83 reti a partita.

Uns Uwe

È stato votato per tre volte calciatore dell’anno nella Germania dell’ovest, nel 1960, 1964 e 1970. Lo stesso anno è stato insignito della Croce al merito federale. Nel 1960 ha vinto il campionato di calcio tedesco con l’Amburgo, tre anni prima della nascita ufficiale della Bundesliga, così come un titolo di Coppa di Germania nel 1963.

Ma era soprattutto conosciuto per essere un campione del fairplay, soprannominato “uns Uwe” (il nostro Uwe). Nel 1961 avrebbe potuto trasferirsi in Italia, lo aveva corteggiato l’Inter con un’offerta molto allettante. Ha preferito restare all’Amburgo, ininterrottamente dal 1954 al 1972.

Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ha definito Seeler un “modello” e ha detto che la Germania piange la sua perdita. Su Twitter ha scritto che «non ci ha lasciati solo un grande calciatore, ma anche un grande uomo».

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