Dalla nave Ocean Viking della Ong Sos Méditerranée è partito un video appello: «Come vedete ci sono tantissimi naufraghi, 572 salvati negli ultimi soccorsi. Queste persone sono allo stremo, hanno subito violenze e torture, chiediamo un immediato porto di sbarco. Abbiamo tantissimi bambini: chiediamo un porto di sbarco immediato». Tra loro donne, bambini e due minori con disabilità. Mentre partiva questo allarme, l’ex ministro dell’Interno e leader della Lega Matteo Salvini twittava: «Non è accettabile che sbarchino tutti, ancora una volta, in Italia. L’ho appena scritto ai ministri dell’Interno e degli Esteri».

Condizioni critiche

Il caldo è forte e il cibo, racconta nel video Viviana, soccorritrice di Sos Méditerranée a bordo, comincia a scarseggiare. Nessuno tra Malta e Italia, i due porti più prossimi, finora gli ha risposto. 

Nei ripetuti salvataggi in poco più di 72 ore, la Ocean Viking ha trovato totale assenza di coordinamento da parte delle autorità marittime e durante i soccorsi ha visto cinque barche di legno vuote: «Sono state intercettate dalla guardia costiera libica nella regione di ricerca e soccorso maltese» si legge nella descrizione inviata dalla Ong.

«Quello a cui abbiamo assistito in mare in questi giorni è straziante» ha detto Luisa Albera, Coordinatrice di ricerca e soccorso di Sos Méditerranée anche lei in mezzo al Mediterraneo. Tutte le persone intercettate «sono state forzatamente e illegalmente respinte in Libia, che non può essere considerata un luogo sicuro secondo il diritto internazionale».

I ripetuti salvataggi

Tutto è partito l’uno luglio. Prima un salvataggio di 30 e14 persone in due operazioni di soccorso, poi altre 21 il 3 luglio, ancora 67 e 71 il 4 luglio. Fino alla notte tra il 4 e 5 luglio, tra domenica e lunedì. La squadra della Ocean Viking ha trovato una barca di legno al largo della Libia: «369 fra uomini, donne e bambini erano stipati su una grande barca di legno che rischiava di rovesciarsi. Le nostre squadre non avvistavano da diversi anni queste grandi imbarcazioni di legno lanciate dalle coste della Libia».

A bordo 183 minori. Inoltre, racconta la Ong, due di loro sono disabili. Uno di loro, parzialmente paralizzato, era a bordo di una barca di legno insieme alla sua sedia a rotelle.

I casi di bruciature da carburante, ustioni da sole, disidratazione e affaticamento dovuti alla traversata sono quasi la prassi in questi casi, anche perché i sopravvissuti hanno riferito di aver trascorso fino a tre giorni in mare aperto prima di essere salvati. Ma i migranti salvati dalle onde hanno raccontato quello che è successo in Libia. Una donna di 36 anni del Camerun ha riferito di essere stata violentata e di essere fuggita con sua figlia da un centro di detenzione libico. Anche un beninese di 23 anni, racconta la Ong, ha parlato di abusi fisici e sessuali. Rapito appena giunto in Libia, da gennaio ha subito ripetute violenze.

Le navi bloccate

In questa situazione di emergenza il governo continua a bloccare le navi delle Ong. Mentre la Ocean Viking operava in mare, la nuova nave di Medici Senza Frontiere (Msf), la Geo Barents, è stata messa sotto fermo amministrativo dalle autorità italiane il 3 luglio: «il Mediterraneo rischia di diventare un buco nero» commenta Sos Méditerranée. Msf aveva salvato 410 persone a inizio giugno, e la Guardia costiera ha contestato irregolarità tecniche, ma anche il numero di persone accolte sulle navi: troppe.

Duccio Staderini, responsabile delle attività di ricerca e soccorso di Msf, accusa: «I controlli dello stato di approdo sono procedure legittime, sviluppate per garantire la sicurezza della navigazione, ma queste ispezioni vengono strumentalizzate delle autorità per colpire le navi umanitarie in modo discriminatorio. L’unica conclusione possibile è che tutto questo è giustificato da motivi politici». Per Medici senza frontiere «le lunghe e meticolose ispezioni delle navi umanitarie hanno l’obiettivo di individuare qualunque tipo di irregolarità per impedire che riprendano la loro azione salvavita. Siamo di fronte a una terribile realtà: mentre le navi umanitarie vengono bloccate, continuiamo a perdere vite nel Mediterraneo». Sos Méditerranée chiede l’intervento dell’Unione europea: «L'Europa non può più rimanere passiva di fronte ai naufragi ricorrenti, sostenendo consapevolmente un sistema di abusi indicibili e favorendo i respingimenti in Libia».

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