Fin quando non ha perso conoscenza, Omid, un ragazzo afghano di 20 anni, ha ricordi nitidi di quello che è successo nelle prime ore del 26 febbraio. «Erano circa le 3 del mattino quando i trafficanti ci avevano detto di raccogliere le nostre cose e di preparare gli zaini perché eravamo arrivati. Qualche minuto dopo il fianco sinistro della barca ha urtato una roccia o qualcosa di simile. In poco tempo l’acqua mi è arrivata ai piedi e poi all’altezza dell’ombelico. Ho detto ai miei genitori di salire sul tetto dell’imbarcazione il prima possibile, affinché fossero più al sicuro, e in un attimo la pancia della barca si è riempita d’acqua». Omid è uno dei circa 180 migranti che erano a bordo della Summer Love, la barca naufragata a pochi metri dalle coste di Steccato di Cutro. Quella notte sono morte almeno 94 persone, tra questi anche i suoi genitori e 35 minori. Oltre dieci sono i dispersi. 

A tre mesi di distanza la procura di Crotone ha iscritto i nomi e cognomi dei primi indagati nell’ambito dell’inchiesta sul naufragio avvenuto quel 26 febbraio scorso a 40 metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro. Inoltre sono in corso una serie di verifiche negli uffici della guardia di finanza e della guardia costiera. «Più che ricerche vere e proprie, stiamo effettuando controlli a campione su elementi che ci sembravano mancanti per completare l’indagine», ha detto il procuratore Giuseppe Capoccia. Le perquisizioni si sono concentrate nei confronti di almeno tre ufficiali della guardia di finanza a cui vengono contestate misure opache e poco trasparenti sia nella redazione delle relazioni finali sull’operato del corpo in quella sera sia nelle comunicazioni. Secondo la procura gli agenti hanno utilizzato anche cellulari personali privati per comunicare tra loro, l’obiettivo è rintracciare le chiamate e i messaggi per capire le motivazioni dei ritardi nei soccorsi.

Un’inchiesta internazionale – a cui Domani ha collaborato insieme a Lighthouse Reports, Süddeutsche Zeitung, Le Monde, El Pais e Sky News – mostra attraverso documenti inediti, fonti confidenziali, immagini satellitari, modelli 3d e decine di testimonianze le falle nella catena di comando che hanno portato prima al naufragio e poi al rimbalzo delle responsabilità tra le tre autorità coinvolte. Subito dopo il naufragio la premier Meloni ha detto alla stampa: «Se avessimo potuto, avremmo salvato i migranti», l’inchiesta evidenza come fin dall’inizio siano stati sottovalutati tutti i segnali di pericolo, decidendo di non intervenire con un’operazione di ricerca e soccorso in mare (Sar) ma con una di law enforcement.

Il documento interno di Frontex

La mappatura della Summer love e i documenti interni di Frontex

Il 22 febbraio scorso un’imbarcazione metallica bianca è partita dalle coste turche di Cesme verso l’Italia con a bordo migranti provenienti soprattutto dall’Afghanistan (140) e dal Pakistan (20). Dopo poche ore di navigazione gli scafisti sono stati costretti a chiamare rinforzi in seguito a un guasto al motore e i migranti sono stati trasbordati su una nuova imbarcazione, la Summer Love. Secondo i racconti dei sopravvissuti, questa barca di legno era molto più grande, ma più vecchia e meno robusta della prima.

Durante la traversata gli scafisti hanno interrotto la navigazione più volte per via dei problemi al motore e costretto i migranti a rimanere sottocoperta per non essere individuati.

La sera del 25 febbraio l’aereo Eagle 1 ha captato alcune telefonate che dalla barca chiamavano verso la Turchia e ha rilevato la nave a circa 40 miglia dalle coste italiane con una velocità di navigazione di 6 nodi. L’Eagle 1 è il velivolo di sorveglianza di Frontex, l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere.

Da un documento inedito consultato da Domani e dagli altri partner dell’inchiesta si legge che il pilota dell’Eagle 1 avesse segnalato al centro di controllo di Frontex a Varsavia – già due ore prima dell’avvistamento della Summer Love – le difficoltà a completare il suo «schema di volo pianificato a causa dei forti venti». È una segnalazione importante perché certifica che Frontex era al corrente delle cattive condizioni meteorologiche.

Tutti i dati raccolti durante il pattugliamento dell’Eagle 1 sono stati trasmessi in diretta streaming al centro di controllo in Polonia e messi a disposizione delle autorità italiane. Inoltre, nella sala di monitoraggio di Varsavia erano presenti un rappresentante della guardia di finanza e della guardia costiera italiana.

Alle 22.26, oltre ad avvistare la Summer Love, le telecamere termiche a bordo del velivolo hanno rilevato una risposta «significativa» e «altri segni» che indicavano la presenza di tante persone sottocoperta. Inoltre Frontex aveva segnalato anche che l’imbarcazione non aveva a disposizione i giubbotti di salvataggio. Tutte le autorità italiane competenti erano a conoscenza dell’imbarcazione e della possibilità che trasportasse migranti verso le coste italiane. E da questo momento, però, iniziano le omissioni nei racconti di ciò che è accaduto.

Dopo il naufragio, l’Agenzia europea ha affermato nel suo comunicato di non aver potuto continuare a monitorare la Summer Love perché Eagle 1 era a corto di carburante. Non risulta tuttavia nessuna comunicazione pubblica sulle pessime condizioni meteorologiche. Inoltre, Frontex ha riferito di aver captato solo una chiamata verso la Turchia nell’area prima di avvistare la Summer Love, mentre in realtà il numero è più alto. Un’ulteriore indizio sulla possibile presenza di migranti a bordo, visto che la rotta migratoria che dalle coste turche porta all’Italia è sempre più battuta dai trafficanti.

Frontex ha risposto alle nostre domande. Dall’Agenzia sostengono che non è compito suo coordinare le operazioni di soccorso e stabilire se un’evento possa considerarsi Sar o di polizia. La Summer Love «non era in difficoltà quando l’abbiamo osservata l’ultima volta», dicono. Tuttavia, perché Frontex non ha inviato nuovamente Eagle 1 a pattugliare l’area dopo il rifornimento, sapendo le cattive condizioni meteo? «In quel momento non c’era nessun altro aereo disponibile. Una volta che siamo stati informati dell’operazione Sar, l’agenzia ha offerto ulteriore supporto».

Secondo le regole marittime di Frontex e l’accordo tecnico-operativo del ministero dell’Interno sugli interventi in mare legati al fenomeno migratorio, il sovraffollamento di un’imbarcazione, le avverse condizioni meteorologiche e la mancanza di giubbotti salvataggio a bordo sono considerati già dei segnali che presuppongono l’adozione di un’operazione Sar. Nonostante ciò, Frontex non ha segnalato un evidente «pericolo per la navigazione», e le autorità italiane non hanno ritenuto necessario iniziare un’operazione Sar.

La mancata risposta italiana

Modello 3d della Summer Love e video girati dai migranti dall'interno della barca

Circa un’ora dopo, intorno alle 23.20 del 25 febbraio, secondo quanto scritto nei registri interni della guardia di finanza di Vibo Valentia – già pubblicati dal quotidiano La Repubblica – la sala operativa ha disposto che la motovedetta V. 5006 «effettui pendolamenti in zona capo colonne in attesa che il target entri in acque nazionali». A scanso di equivoci, nei registri compilati a mano dall’agente di turno si legge testualmente che l’avvistamento di Eagle 1 è un «natante con migranti». Una certezza esplicitata solo in quel documento redatto a mano. Mentre nella relazione finale e ufficiale su quanto accaduto quella sera, la Summer Love è identificata come un «natante sospetto».

Nel frattempo era stata contattata anche la capitaneria di porto di Reggio Calabria, che aveva riferito «di essere a conoscenza del natante» ma «attualmente non hanno predisposto alcuna imbarcazione». In caso di necessità – si legge ancora nel documento della finanza – la guardia costiera aveva garantito che avrebbe fatto uscire un’unità da Crotone.

Dopo diversi pattugliamenti, intorno alle 3:20 del 26 febbraio le unità della guardia di finanza V 5006 e il P.V.6 Barbarisi sono ritornati verso il porto di Crotone a causa delle avverse condizioni meteo. Venti minuti più tardi, la finanza ha chiesto alla capitaneria di porto di Reggio Calabria se avessero a disposizione i mezzi giusti per navigare con quel tempo. Le vedette erano disponibili, ma non avendo certezza che ci fossero migranti a bordo e senza richieste di soccorso la guardia costiera ha deciso, ancora una volta, di non intervenire nonostante l’orario di navigazione, le chiamate satellitari verso la Turchia e la rotta di provenienza della nave, non potevano far presagire che si trattasse di altro.

Nei giorni seguenti, guardia di finanza e costiera si sono accusate a vicenda e hanno preso di mira le zone grigie dei protocolli della catena di comando. «Questa vaghezza ha permesso alla guardia di finanza di dire “siamo noi a comandare perché questa è un’operazione di polizia”», dice un alto funzionario della guardia costiera che ha deciso di parlare in anonimato. 

«Nel caso di Cutro si sarebbe dovuto applicare il principio di precauzione. Se c’è anche la minima probabilità di un naufragio, allora dobbiamo avere i mezzi per lanciare un’operazione di salvataggio», aggiunge. «Nel momento in cui si torna indietro, significa che le condizioni del mare non sono praticabili, il criterio di precauzione non è stato rispettato e l’evento deve diventare Sar».

La guardia di finanza e la guardia costiera hanno deciso di non rispondere alle nostre domande dato che le indagini sono ancora in corso. Per il vicepremier Matteo Salvini, invece, «Frontex, la guardia costiera e tutte le autorità hanno confermato di aver fatto tutto il possibile e l’impossibile. Nessuno è venuto meno al proprio dovere».

Il naufragio

Secondo quanto riferito in parlamento dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi la prima richiesta di soccorso è avvenuta intorno alle 4 del mattino quando dalla barca un numero turco ha chiamato il 112 chiedendo aiuto. Ma oramai era troppo tardi. La Summer Love si è incagliata a 40 metri dalla riva. L’urto ha diffuso il panico all’interno della nave. Tra le urla dei bambini ognuno ha cercato di uscire dall’imbarcazione. Il resto lo raccontano i sopravvissuti come Nigeena Mamozai, una ragazza afghana di 23 anni che fino a sei anni fa viveva in Pakistan. Con suo marito Seyar si sono sposati lo scorso 29 ottobre e volevano arrivare in Italia. Ora si trova in Amburgo. Anche lei ricorda bene quella notte. Racconta che dopo i tuoni sono arrivate onde sempre più grandi e dentro la barca sono iniziati a cadere i primi oggetti. Un grande piatto ha colpito Seyar dietro la nuca mentre le onde facevano cadere i loro corpi a terra. È l’ultima volta che ha visto suo marito ancora vivo. Dopo il naufragio, Nigeena è andata a Roma e ha incontrato la premier Giorgia Meloni insieme ad altri sopravvissuti. Avrebbe voluto chiederle perché l’Italia non li ha salvati, ma non ci è riuscita. Ricorda un forte mal di testa e di essersi sentita a disagio per via delle tante persone presenti, perciò ha preferito non fare domande.

In mezzo all’acqua fredda, Omid è riuscito ad afferrare una trave di legno della barca andata in frantumi. Nonostante il mare in burrasca è arrivato salvo a riva. Dopo pochi minuti ha perso i sensi: oltre all’acqua salata ha ingerito anche il carburante della nave. I segni di quel viaggio sono ancora visibili sulla sua mano sinistra, ferita da un chiodo conficcato in quel pezzo di legno che lo ha salvato dall’annegamento. Mentre racconta la sua storia fa ancora fatica a muoverla.

I primi soccorritori si sono trovati davanti una scena drammatica: una serie di corpi inermi galleggianti in acqua e altri a riva in chiaro stato di ipotermia. Sulla spiaggia è stato trovato anche il cadavere di uno dei presunti scafisti che hanno guidato la Summer Love fino allo schianto. I corpi degli altri naufraghi sono stati invece disposti all’interno del Palamilone di Crotone dove nei giorni seguenti al naufragio sono arrivati i famigliari delle vittime per il riconoscimento. Al palazzetto dello sport ci è arrivato anche Wahid, il fratello di Omid, che dalla Germania ha guidato fino alla Calabria. Dopo ore di attesa ha riconosciuto il corpo del padre. «È stato uno shock vederlo in quello stato. Sono un infermiere, ho visto tante persone morte ma nessuno così», dice. «Mi hanno fatto entrare nella sala dove c’erano le bare, erano ancora aperte. Si sentivano solo urla e gente piangere. E lì, per la prima volta dopo otto anni, ho rivisto mio padre».

Questione politica

AP

«Molte situazioni di pericolo conclamato vengono ormai registrate come evento migratorio, mentre prima erano identificati come situazione di soccorso. Quando le imbarcazioni si vedono navigare a galla e con i motori in funzione si ritiene, sbagliando, che non abbiano bisogno di assistenza o addirittura di soccorso. Il caso di Cutro rientra senz’altro fra queste ipotesi», dice l’ammiraglio ed ex portavoce della guardia costiera Vittorio Alessandro secondo cui «quell’imbarcazione, così come fotografata e descritta dall’aereo di Frontex, andava incontro alla rovina perché sovraccarica». 

Soltanto le indagini potranno far luce completa sull’accaduto. Ma la sottovalutazione dell’evento è figlia di una scelta politica chiara adottata da quando nel 2019 si è insidiato al ministero dell’Interno Matteo Salvini. Secondo una serie di accessi agli atti di Altreconomia dal 2019 ai primi due mesi del 2023 i migranti arrivati via mare in Italia sono stati 232.660 attraverso 6.300 eventi. In quasi sei casi su dieci dei sono stati eventi classificati come law enforcement e non di ricerca e soccorso (Sar).

«La trasparenza è scomparsa e ci sono ancora molte zone d’ombra», dice la fonte anonima della guardia costiera. Alla domanda sul perché c’è tanta resistenza a mettere in atto operazioni di ricerca e salvataggio, Matteo Salvini ha risposto categoricamente: «Perché è provato che si tratta di viaggi organizzati. Gli eventi Sar rispondono a un soccorso per un evento imprevisto». E ha aggiunto: «In questo caso, i viaggi vengono contrattati online con un punto di partenza e una durata. Sarà necessario rivedere le norme Sar in queste aree».

La rete degli scafisti e dei trafficanti

Oltre alle indagini sulle falle della catena di comando e sulle eventuali responsabilità delle autorità italiane è in corso l’incidente probatorio nel procedimento penale a carico degli scafisti. Gun Ufuk, Sami Fuat, Ishaq Hassnan e Khalid Arslan sono accusati di naufragio colposo, di morte in conseguenza di altro reato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Khalid Arslan e Ishaq Hassnan (un ragazzo pakistano ancora minorenne al momento del naufragio) si sono dichiarati innocenti e hanno mostrato al loro avvocato le ricevute dei pagamenti per il viaggio, come tutti gli altri richiedenti asilo. «Mio fratello viveva in Turchia da circa cinque anni e ha deciso di venire qui in Italia da me. Così ho pagato per lui», dice Ahtisham fratello di Khalid Arslan. «Il pagamento è stato di 7.000 euro, di cui 2.500 pagati in anticipo e 4.500 a titolo di garanzia».

Alcuni sopravvissuti hanno identificato Khalid come scafista perché aveva assunto il ruolo di traduttore tra chi guidava la nave e le persone presenti a bordo. Ma per il suo avvocato, Salvatore Perri, non ci sono dubbi: Khalid Arslan è innocente. Oltre ai documenti forniti lo dimostrerebbe anche l’aggressione ricevuta dai due imputati turchi avvenuta all’interno del carcere. «Temeva per la sua incolumità dato che li aveva riconosciuti come coloro che hanno guidato l’imbarcazione per tutto il viaggio», dice Perri.

«Non so se è stata un’aggressione fisica o verbale, allo scorso colloquio era venuto scortato da un agente della polizia penitenziaria e non è usuale. Mi ha detto che lo avevano aggredito e aveva paura», aggiunge l’avvocato confermando che Khalid è stato trasferito dal carcere di Crotone.

Ricostruire la rete dei trafficanti che hanno organizzato il viaggio della Summer Love non è semplice. I richiedenti asilo sono partiti da Istanbul il 20 febbraio intorno alle 15 nascosti in un camion e dopo oltre sette ore di viaggio sono arrivati a Cesme. Hanno camminato per tre ore in una una foresta fino a una collina prima di raggiungere una spiaggia rocciosa in una località isolata dove la prima barca era già in attesa.

La maggior parte dei migranti ha pagato il viaggio una cifra tra i 6500 e i 9000 euro attraverso sistemi simili ai money transfer come Ria Payments, che garantiscono protezione e privacy a chi riceve i soldi. I sopravvissuti hanno inviato pagamenti in Pakistan, Turchia e Afghanistan.

«Questa è una rete difficile da ricostruire, perché ci sono decine di trafficanti anche in ogni nazione. Parte del pagamento di Khalid è stato fatto in Pakistan, mentre altri hanno fatto pagamenti in Afghanistan e in Turchia. Una volta arrivati in Turchia dai paesi di origine il viaggio viene gestito da altre organizzazioni, per lo più turche, ma che utilizzano anche manovalanza di altre nazionalità», spiega l’avvocato Perri. Ma una cosa è chiara: i trafficanti avevano emissari anche in Europa.

Il procedimento penale contro gli scafisti farà forse luce sulla rete che ha organizzato il viaggio. Ora si cerca di capire quali siano state le responsabilità politiche e logistiche sulle falle nella catena di comando. Intanto i legali dei familiari delle vittime stanno progettando di presentare il caso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, entro la fine di giugno. In ogni caso, la sottovalutazione dei rischi da parte delle autorità italiane ed europee non riporterà in vita la moglie e i cugini di Ali Namzy, che pochi giorni dopo il naufragio indossava ancora una felpa con la scritta “I love Italy”.

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