Non basta neanche l’ennesimo naufragio a cambiare la linea di Giorgia Meloni sull’immigrazione. Un barcone partito da Izmir, in Turchia, che trasportava circa 180 persone, ieri mattina si è spezzato in due al largo delle coste crotonesi, in prossimità di Steccato di Cutro. A dare per primo l’allarme, un pescatore di passaggio nella zona, che ha notato l’imbarcazione distrutta e alcuni corpi che galleggiavano in acqua. 

Alla fine i superstiti e le persone salvate nei soccorsi resi difficili dal mare mosso sono state soltanto ottanta. Le ipotesi degli inquirenti sono che il peschereccio si sia spezzato mentre i migranti stavano già scendendo a riva o si sia arenato in una secca in prossimità della costa per poi capovolgersi. Mentre i superstiti più gravi sono stati accompagnati al pronto soccorso dell’ospedale di Crotone, i restanti sono già stati trasferiti al centro di accoglienza di Capo Rizzuto. Nel frattempo, i soccorritori hanno recuperato 58 corpi. Si teme che in tutto siano morte un centinaio di persone. 

La politica

Messaggi di dolore sono arrivati da tutti i livelli politici. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha affidato il proprio messaggio a una nota: «È una ennesima tragedia del Mediterraneo che non può lasciare nessuno indifferente» si legge. «Nell’esprimere il cordoglio per le vittime, la vicinanza ai naufraghi - cui va assicurata un’adeguata accoglienza - e il ringraziamento ai soccorritori, il presidente della Repubblica sollecita un forte impegno della comunità internazionale per rimuovere le cause alla base dei flussi di migranti».

Su una linea simile la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che in un tweet ha detto di essere «profondamente addolorata» e ha annunciato che «tutti insieme, dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per il Patto sulla migrazione e l'asilo e per il Piano d'azione sul Mediterraneo centrale». 

La soluzione di Meloni per evitare in futuro altre tragedie è racchiusa invece in una nota di palazzo Chigi diffusa in tarda mattinata: «Il governo è impegnato a impedire le partenze, e con esse il consumarsi di queste tragedie, e continuerà a farlo». La chiusa è rivolta a tutti quelli che mettono in discussione il suo approccio: «Si commenta da sé l’azione di chi oggi specula su questi morti, dopo aver esaltato l’illusione di un’immigrazione senza regole». 

Le critiche arrivano da tutta l’opposizione, che chiede , ma anche dalla chiesa. «Prego per ognuno di loro, per i dispersi, per gli altri migranti sopravvissuti» ha detto papa Francesco all’Angelus. Più netta la Comunità di San’Egidio: «Chiediamo soprattutto all'Europa di uscire dal suo torpore e da logiche di chiusura che non favoriscono l'immigrazione regolare, incrementando la cooperazione e attivando subito un "piano speciale" di aiuti e di sviluppo per i paesi di provenienza dei migranti, sull'altra sponda del Mediterraneo e nell'Africa subsahariana».

La strategia di Meloni

Ma il lavoro che Meloni ostenta a parole, nei fatti ha contribuito ben poco a evitare morti e gli sbarchi che la destra tanto vorrebbe limitare. Da inizio anno, sono sbarcate in Italia oltre 14mila persone. Nello stesso periodo del 2022 erano state 5.400 e nel 2021 4.300. Insomma, il decreto ong appena licenziato dal parlamento non ha avuto nessun effetto limitante nei primi due mesi: complicare la vita alle ong che salpano per salvare persone in difficoltà non abbatte i numeri degli sbarchi. Anche perché solo il 10,1 per cento dei migranti arrivati in Italia nel 2022 sono scesi da una nave umanitaria (dati Open polis). Inoltre, il Consiglio d’Europa ha individuato criticità nel rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale, arrivando a chiedere al governo di considerarne ritiro o adeguamento. Vietare alle ong di spostare migranti da una nave all’altra o di effettuare salvataggi plurimi sulla rotta verso il porto assegnato non contrasta solo con l’obbligo di salvataggio, ma non tocca minimamente l’attività di chi si imbarca dalle coste del nord Africa e non viene intercettato dalle organizzazioni umanitarie.

Per intervenire su quel punto, Meloni parla di «esigere il massimo della collaborazione agli stati di partenza e di provenienza». Eppure, è da poco reduce di un tour dell’Africa settentrionale: i suoi viaggi ad Algeri e Tripoli sono stati i primi in assoluto, scavalcando nell’ordine di priorità anche quelli ai partner europei. Soprattutto nel dialogo con la Libia erano attesi passi in avanti sulla questione migratoria. La faccenda, però, è stata liquidata con la consegna di cinque motovedette alla guardia costiera libica per individuare le imbarcazioni che trasportano migranti. Meloni, sottolineando l’aumento delle partenze, aveva chiesto di «intensificare» l’impegno, di trovare «soluzioni più efficaci», con risultati «verificabili». Parole che hanno avuto poco seguito, a differenza degli accordi per la fornitura di gas dal nord Africa. 

Esattamente come hanno avuto poco seguito le iniziative del Consiglio europeo di inizio febbraio, di cui Meloni si era detta «soddisfatta». In quell’occasione, i partner si erano accordati su una «risposta europea», un traguardo che secondo la premier segnava un cambio di passo mai visto prima. Come ricostruisce Pagella politica, in realtà è una formula che è stata utilizzata in diverse riunioni paragonabili. A prescindere dalle parole scelte, le conclusioni del documento, che vertono genericamente sul «rafforzamento dell’azione esterna» e il «controllo delle frontiere» – questioni già sollevate in passato dal Consiglio – non hanno prodotto per il momento conseguenze apprezzabili. 

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