Parte il 13 gennaio, il primo maxi processo alla ‘ndrangheta in Calabria che vede imputate 325 persone tra cui politici, imprenditori e affiliati ai clan. Il nome del processo dice molto del valore non solo simbolico del procedimento giudiziario: «Rinascita Scott».

L’obiettivo è infatti quello di riuscire con la chiusura del procedimento a dare un colpo decisivo alla mafia calabrese e per farlo i pubblici ministeri della procura di Catanzaro, diretta da Nicola Gratteri, hanno raccolto una mole impressionante di materiale che prova le connivenze tra membri dei clan, in particolare quello dei Mancuso di Limbaldi attivi nella provincia di Vibo Valentia, imprenditori e amministratori pubblici. La scelta di inserire “Scott” nel nome del processo si deve invece alla volontà di onorare la memoria dell’agente della polizia antidroga americana Sieben William Scott, morto nel 2013 dopo avere dedicato gran parte della sua vita alle indagini sulle connessioni tra clan italiani e americani.

I numeri del processo

Per capire l’importanza del “Rinascita Scott” basta pensare all’aula bunker costruita appositamente a Lamezia Terme per ospitare il dibattimento. Inaugurata il 15 dicembre, l’aula ha una capacità massima di 947 posti di cui 428 sono riservati agli avvocati, 253 agli imputati a piede libero, 68 agli imputati detenuti in celle mentre 198 sono a disposizione del pubblico e delle parti civili. Una struttura degna delle aule bunker allestite precedentemente per gli altri storici maxi processi alle organizzazioni criminali come quella dell’Ucciardone allestita a Palermo nel 1986 per ospitare il primo maxi processo a Cosa nostra che vedeva imputate 475 persone.

Ma non sono solo i numeri dell’aula bunker a raccontare l’importanze del “Rinascita Scott”. Sono cinque i testimoni di giustizia chiamati a deporre, mentre 58 i pentiti appartenenti alla 'ndrangheta ma anche alla malavita pugliese e a Cosa nostra siciliana. Le parti offese individuate dalla procura distrettuale sono 224, ma meno di trenta si sono costituite parti civili e fra loro figurano diversi comuni del Vibonese. I capi di imputazione sono in totale 438. Circa 600 gli avvocati impegnati nel collegio di difesa degli imputati. 

Il sistema Catanzaro

Dall’inchiesta Rinascita sono emersi i ruoli di alcuni avvocati e dei loro legami con pezzi della magistratura. È uno dei filoni che ha fatto luce sul “sistema Catanzaro” , quello che un pentito di mafia definisce come «una congrega nella massoneria che incorpava avvocati, medici e qualche giudice».

Il sistema garantiva ai legali degli imputati di trattare sul risultato delle sentenze direttamente con i giudici. 

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