«Roberta Tintari è una donna estremamente capace e quando le donne sono capaci hanno una marcia in più, la competenza è un elemento fondamentale. Persona onesta, capace e concreta», diceva Giorgia Meloni, leader di Fratelli D’Italia, presentando la candidatura a sindaca di Terracina, provincia di Latina, di Roberta Tintari. 

Sono passati due anni, Tintari è diventata sindaca, ma questa mattina è finita ai domiciliari con accuse gravissime in un’operazione che vede tra gli indagati anche Nicola Procaccini, parlamentare europeo di Fratelli D’Italia, molto vicino a Giorgia Meloni. Un’indagine che è il continuo di una inchiesta precedente che aveva già coinvolto pezzi della giunta, ma che non aveva sortito alcun effetto nel partito meloniano, anzi. Chi era stato indagato nel primo filone dell’inchiesta ha fatto carriera.  

La giunta travolta

La giudice del tribunale di Latina, Giorgia Castriota, su richiesta della locale procura, ha disposto i domiciliari per la sindaca e per altri cinque soggetti, tra questi anche Pierpaolo Marcuzzi, ex vicesindaco e un assessore comunale. 

In tutto sono una cinquantina gli indagati, rispondono a vario titolo di falso, turbata libertà negli appalti riguardanti l'affidamento in gestione di spiagge e servizi connessi alla balneazione, oltre a frodi, indebite percezioni di erogazioni pubbliche e rilevazioni del segreto d'ufficio. Funzionari, politici e imprenditori travolti dall’inchiesta che rivela irregolarità e illeciti nelle concessioni balneari e nella gestione delle aree demaniali. 

Il provvedimento, eseguito dai carabinieri e dalla capitaneria di porto, ha portato al sequestro preventivo di un camping, di un ristorante e dei beni di un’associazione. 

L’indagine mette sotto accusa la gestione delle concessioni balneari che non era finalizzata, secondo gli inquirenti, all’interesse pubblico, ma rispondeva a un sistema criminale. Tutto è partito dall’operazione ‘mare sicuro’, condotta nel 2019 dalla Guardia costiera. 

«Nell'ambito dell'attività di indagine è emersa una pluralità di fatti di rilievo penali connessi alla gestione dei servizi relativi alla balneazione, ad illegittime sanatorie riguardanti opere e manufatti insistenti sul pubblico demanio marittimo, a lavori ed opere pubbliche eseguite e commissionate dal comune di Terracina, nonché alla illegittima acquisizione e gestione di fondi economici strutturali», scrive in una scarna nota la locale procura.

Il fedelissimo di Giorgia Meloni

Tra gli indagati c’è anche Nicola Procaccini, già sindaco di Terracina dal 2011 fino al 2015 e dal 2016 al 2019 e oggi parlamentare europeo del partito meloniano. Procaccini è stato anche portavoce della ministra Giorgia Meloni quando l’attuale leader di Fratelli D’Italia era ministra della Gioventù nel governo di Silvio Berlusconi. 

Proprio Procaccini aveva scelto nella sua folta schiera di collaboratori al parlamento europeo Pierpaolo Marcuzzi nonostante l’indagine a suo carico. Marcuzzi, infatti, è stato già arrestato nel gennaio scorso con le accuse di falso ideologico e tentata truffa aggravata, reati per i quali la procura ha chiesto il processo. Marcuzzi era stato anche sospeso dal partito, ma Procaccini lo ha premiato portandolo in Europa. 

Una sospensione-premiazione, Procaccini lo conosce bene avendolo avuto in passato nella sua giunta a Terracina. Ora Marcuzzi è nuovamente ai domiciliari mentre Procaccini è indagato turbata libertà degli incanti e induzione indebita a dare o promettere utilità, ma si mostra sereno e certo di dimostrare la sua estraneità alle contestazioni.

Proprio una settimana fa, Procaccini rivendicava la sua scelta. ««La mia stima per Pierpaolo è risaputa. E, visto che per le ragioni che tutti conosciamo non può occuparsi della città, ho deciso di approfittare della sua grande esperienza sul fronte della pianificazione urbanistica», diceva Procaccini a Latina Oggi. 

Il modello di governo

Fdi e Giorgia Meloni conducono una battaglia feroce contro il reddito di cittadinanza e sostengono le ragioni dei balneari, destinatari di concessioni decennali pagate a prezzi irrisori che si lagnano per l’assenza di personale. L’inchiesta sul sistema Terracina svela un meccanismo di potere che prescinde dai reati, per i quali i giudici dovranno stabilire l’eventuale fondatezza in un processo. 

Un meccanismo che prevede tappeti rossi per i titolari di concessioni, rapporti opachi con i portatori di interesse, cancellazione dell’interesse pubblico in nome e per conto del profitto di pochi. In questo quadro agli ultimi non è concesso neanche il diritto di ‘campare’ con un sussidio, bisogna cancellare anche quella garanzia di dignità. 

Una donna contro

Il sistema Terracina non è certo nuovo a chi da anni ne denuncia storture e irregolarità. Anna Giannetti è presidente del locale circolo di Legambiente ‘Pisco Montano’ e da tempo firma esposti e combatte speculazioni e saccheggi. «Il sistema si sviluppa attorno a tre tentacoli. Il primo riguarda l'occupazione abusiva nell'area portuale che era stata data senza titolo autorizzativo a una famiglia, coinvolta nell'inchiesta che ha portato ai domiciliari, nei mesi scorsi, anche l'ex vicesindaco», dice Giannetti.

Poi c’è il secondo tentacolo che riguarda le concessioni, «dal 2003 il comune non si dota del piano di utilizzo degli arenili così procede con licenze suppletive. L'assenza di pianificazione è voluta per costruire rapporti personali e opachi con i concessionari che si sono allargati con costruzioni illegittime», aggiunge Giannetti.

Il terzo tentacolo sono gli stabilimenti e le speculazioni edilizie, la presidente di Legambiente ha denunciato diverse lottizzazioni, per alcune sono iniziati anche i processi. Una battaglia solitaria che l’ha esposta anche a querele e al classico isolamento, ora arriva l’inchiesta della procura che mette sotto accusa il sistema Terracina, modello di governo della destra di Giorgia Meloni. 

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