«Il successo del piano vaccinale britannico non significa che il nostro lavoro sia finito», ha detto ieri Adam Finn, uno degli scienziati che consigliano il governo del Regno Unito sulla pandemia di Covid-19.

Da alcune settimane i casi nel paese tornati ad aumentare e ora medici e scienziati chiedono di rallentare la sospensione delle misure di contenimento prevista per la fine del mese. Si calcola che al momento l’indice Rt, che misura la velocità di diffusione dei contagi, sia pari a 1,25.

Circa metà dei cittadini britannici ha ricevuto due dosi di vaccino, ma questo non ha impedito ad alcune zone del paese di assistere a un incremento esponenziale dei casi negli ultimi giorni. La responsabilità viene attribuita alla variante B.1.617, la cosiddetta “indiana” o “Delta”, come l’ha ribattezzata proprio ieri l’Organizzazione mondiale della sanità.

Secondo medici e scienziati, l’emergere di questa variante ha reso ancora più necessario completare rapidamente il ciclo di vaccinazione con due iniezioni.

La situazione

Il Regno Unito è uno dei paesi al mondo che hanno distribuito la quantità più alta di vaccini di vaccini, oltre 60 milioni di dosi nel corso degli ultimi sei mesi (in Italia sono state poco più della metà). Oggi, la popolazione più anziana del paese è stata quasi completamente protetta dal virus, riducendo di molto le possibiltà che una nuova ondata sia letale quanto le precedenti (fino ad oggi almeno 128mila persone sono morte di Covid-19 nel paese).

La campagna vaccinale e i duri lockdown adottati a partire dalla fine dell’anno scorso hanno contribuito a ridurre notevolmente l’epidemia e da circa due mesi il paese registra poco più di duemila nuovi casi al giorno, contro il record di 68mila durante il picco di gennaio

Oggi, però, i nuovi casi sono tornati a salire leggermente in quasi tutto il paese. In alcune zone sono tornate a crescere anche le ospedalizzazioni. Le aree più colpite sono la Scozia e la parte nord occidentale dell’Inghilterra, in particolare la città di Bolton, vicino a Manchester.In Scozia, i nuovi casi raddoppiano ogni due settimane, nel Nord Ovest ogni mese. Di fronte a queste cifre, Ravi Gupta, un altro scienziato della squadra che consiglia il governo, ha detto che il paese rischia di trovarsi all’inizio di «una terza ondata».

Ieri, la prima ministra della Scozia Nicola Sturgeon ha annunciato che nella zona più colpita della regione, che comprende la capitale Edimburgo, l’allentamento delle misure di contenimento previsto per la settimana prossima sarà sospeso.

Nel resto del paese, le restrizioni dovrebbero essere completamente eliminate il prossimo 21 giugno. La British Medical Association, il sindacato dei medici britannici, ha chiesto al primo ministro Borish Johnson di sospendere la riapertura in attesa che la situazione divenga più chiara.

«Non possiamo permetterci di ripetere gli errori che abbiamo commesso in passato», ha detto Chaand Nagpaul, presidente del sindacato. L’ufficio di Johnson ha fatto sapere che per il momento il primo ministro non ritiene che ci siano ragioni sufficienti per rimandare la riapertura.

La variante

Nelle ultime settimane, circa tre quarti dei nuovi casi individuati nel Regno Unito sono stati causati dalla cosiddetta variante “Delta” (l’Oms è ribattezzato tutte le principali varianti con lettere greche, per evitare la stigmatizzazione dei paesi nei quali vengono scoperte). Secondo gli scienziati, sarebbe proprio questa variante a spiegare l’aumento dei casi nonostante l’elevata percentuale di persone vaccinate nel paese.

I dati mostrano che, comunque, i vaccini funzionano. A essere contagiati sono soprattutto giovani non vaccinati, mentre l’età media delle ospedalizzazioni si è abbassata notevolmente, visto che quasi tutti i più anziani e vulnerabili sono stati vaccinati con almeno due dosi, che sembrano garantire una protezione efficacie anche contro questa nuova variante.

La variante Delta è stata identificata per la prima volta in India lo scorso ottobre e si è diffusa in maniera significativa nel paese a partire da gennaio. Gli studi su questa variante sono ancora all’inizio e sono stati condotti soprattutto nel Regno Unito, il paese dove viene effettuato il maggior numero di sequenziamenti di nuove varianti.

Stando ai primi risultati sembra che Delta sia più contagiosa di Alfa, la cosiddetta “variante inglese” ormai dominante in tutta europa. Non è chiaro quanto Delta sia effettivamente più contagiosa di Alfa, ma sembra che possa esserlo fino al 50 per cento in più. Alfa, a sua volta, era circa il 50 per cento più contagiosa del ceppo originario di coronavirus.

Vaccini

Al momento c’è ancora molta incertezza su quale sia l’efficacia dei vaccini nei confronti della variante Delta, ma diversi studi preliminari sembrano indicare che una minore resistenza in particolare delle persone che hanno ricevuto una sola dose.

Secondo uno dei pochi studi disponibili, una singola dose di AstraZeneca fornirebbe una protezione quasi nulla. Un’altra ricerca indica invece una protezione pari a circa il 30 per cento in seguito alla prima dose di AstraZeneca o Pfizer. La protezione con due dosi sarebbe invece di quasi il 90 per cento con Pfizer e del 60 per cento con AstraZeneca, valori solo leggermente inferiori alla protezione garantita contro la variante Alfa attualmente più diffusa.

Per questa ragione, a maggio il governo britannico ha accorciato da 12 a 8 settimane il tempo che intercorre tra prima e seconda somministrazione di vaccino. È solo questione di tempo prima che Delta arrivi anche in Italia e sono sempre più numerosi i medici chiedono di ridurre anche da noi l’intervallo tra le somministrazioni come precauzione.

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