No delivery day e stop delle consegne di cibo a domicilio, i rider della food delivery sono in sciopero in oltre trenta città italiane.

I lavoratori hanno scritto una lettera chiedendo ai clienti e all’opinione pubblica di non fare ordinazioni con consegne a domicilio sulle piattaforme della gig-economy nella giornata del 26 marzo per solidarizzare con la protesta. Lo sciopero è sostenuto dalla Uiltucs e dalla rete nazionale RiderXiDiritti.

Nello specifico, i rider chiedono «un contratto vero e proprio, con tutele reali, concrete garanzie, equità e rispetto del lavoro con una retribuzione adeguata». Sulla scia delle precedenti manifestazioni chiedono un contratto collettivo nazionale. «Ci troviamo – denunciano – in una situazione paradossale, eppure diffusa nel mondo del lavoro contemporaneo, sempre più simile ad una giungla: siamo pedine nelle mani di un algoritmo, eppure siamo considerati lavoratori autonomi; siamo inseriti in un’organizzazione del lavoro senza alcun potere, eppure non siamo considerati lavoratori dipendenti». I rider “attaccano” anche il contratto firmato tra Assodelivery e Ugl che definiscono «truffaldino» e ha l’obiettivo di «evadere la legge e confinarci in questa situazione di mancanza di garanzie» scrivono nella nota.

In un comunicato la Cgil di Roma e del Lazio scrivono: «Siamo vicini ai rider e sosteniamo le loro lotte» scendendo in piazza insieme. «In tutta Europa – spiega il sindacato – le aziende mettono in regola i ciclofattorini e garantiscono diritti, sicurezza e salario. I rider diventano dipendenti e riescono a uscire dal cottimo e dallo sfruttamento. In Italia, invece, Assodelivery continua a sfuggire al confronto e preferisce soccombere in tribunale e rischiare di pagare milioni di multe piuttosto che trattare davvero con le organizzazioni sindacali. La firma del protocollo contro il caporalato, sottoscritto ieri, dimostra che la trattativa sindacale e gli accordi portano buoni risultati».

Anche Europa Verde aderisce allo sciopero a sostegno dei rider e in un comunicato dei coportavoce Elena Grandi e Matteo Badiali, scrivono: «Sfruttamento, paghe da fame, caporalato: sono pratiche non tollerabili, men che meno in una democrazia evoluta come dovrebbe essere la nostra. Facciamo, dunque, appello a tutte le forze politiche – concludono – affinché a questi preziosi lavoratori, che anche durante il lockdown hanno consentito a tantissime imprese di sopravvivere, consegnando il cibo a domicilio, siano garantiti gli stessi diritti di tutti gli altri lavoratori regolari».

A febbraio Just Eat ha annunciato che assumerà migliaia di fattorini considerandoli a tutti gli effetti come dei veri dipendenti. I contratti partiranno nelle grandi città italiane come Roma, Milano, Napoli e Bologna. Inoltre saranno messi a disposizione attrezzature e mezzi di trasporto. Recentemente, invece, la procura di Milano ha chiesto l’assunzione di 60mila rider, ribadendo che la loro autonomia è soltanto fattuale e in realtà sono completamente subordinati alle piattaforme e agli algoritmi.

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