È un uno-due micidiale per il gruppo Toto, il concessionario dell'Autostrada dei Parchi A24 e A25, circa 350 chilometri che collegano Roma con l'Abruzzo. Alcuni giorni fa la Procura dell'Aquila ha richiesto il rinvio a giudizio del patron del gruppo, l'anziano Carlo Toto, e di tre manager: l'amministratore delle autostrade, Cesare Ramadori, il direttore di esercizio Igino Lai e Gianfranco Rapposelli, amministratore della Infraengineering, società specializzata in studi di architettura e ingegneria. Ieri è stata la volta dei magistrati di Teramo che hanno ordinato un sequestro di 26 milioni di euro dalle casse aziendali. Nell'un caso e nell'altro il motivo dei provvedimenti è lo stesso: scarsa o nulla manutenzione sul tracciato autostradale, in particolare sugli oltre duecento tra ponti e viadotti di un percorso che in larga parte si snoda a cavallo degli Appennini.

L'aggancio con la tragedia del ponte di Genova è evidente: in quel caso nell'agosto di due anni fa venne giù il ponte Morandi e ci furono 43 vittime a causa dell'incuria ormai acclarata nella manutenzione da parte di Autostrade per l'Italia del gruppo Benetton. Sui viadotti dell'autostrada dei Parchi non ci sono stati eventi clamorosi, ma la scarsa manutenzione secondo gli inquirenti è ugualmente evidente e il rischio che si verifichi una nuova tragedia è purtroppo elevato. Lo stato delle infrastrutture è descritto nei minimi dettagli nella nota con cui la Guardia di Finanza di Teramo dà notizia del sequestro dei 26 milioni. Il primo viadotto preso in esame è stato quello di Casale San Nicola nel comune di Isola del Gran Sasso.

I soporalluoghi e le foto del manufatto hanno evidenziato «lo stato di grave degrado (ossidazione dei ferri dovuta anche a cedimento strutturale dei copriferri)». Le indagini sono state estese ad altri viadotti: Cretara, San Nicola 1 e 2, Le Grotte, Cerchiara, nello stesso comune di Isola Gran Sasso e in quello di Colledara. Anche su queste infrastrutture sono stati trovati numerosi punti critici sulle pile e sugli impalcati: «Ammaloramento evidente dello strato di calcestruzzo posto a protezione dei ferri d’armatura (il cosiddetto strato copriferro), danneggiamento delle canaline di raccolta e dei discendenti che convogliano le acque di dilavamento provenienti dalla sede autostradale, grave stato di ossidazione dei ferri delle armature esposti agli agenti atmosferici a causa della mancanza dello strato copriferro». Gravissimi i reati contestati ai dirigenti del gruppo Toto: attentato colposo alla sicurezza dei trasporti e disastro colposo, indempimento dei contratti di pubbliche forniture.

Rispetto alla tragedia di Genova e al comportamento dei manager dei Benetton nel caso del gruppo Toto ci sono però anche delle differenze. La prima e più evidente è che Autostrade per l'Italia ha micragnato sugli interventi di manutenzione concordati nel Piano economico finanziario (il Pef) sottraendosi deliberatemente a obblighi contrattuali assunti nei confronti dello Stato concedente. Così come emerge anche dalle recenti intercettazioni dei manager ciò è stato fatto per consentire agli azionisti, in primis la famiglia Benetton, di incrementare i già elevatissimi profitti.

Per la Strada dei Parchi il discorso è diverso: in questo caso il Piano economico finanziario manca proprio, nel senso che il ministero dei Trasporti e il gruppo Toto hanno ingaggiato un braccio di ferro durissimo durato anni proprio intorno al Pef. Il concessionario ha presentato un Piano che prevedeva tra i 3 miliardi e i 4 miliardi e 700 milioni di euro di investimenti per le manutenzioni straordinarie dell'autostrada ritenuta per legge strategica, cioè indispensabile per i collegamenti di emergenza con la capitale nel caso di nuovi terremoti. In cambio chiedeva sostanziosi incrementi tariffari (3 per cento) e l'allungamento della concessione per un decennio, dal 2030 al 2040. Il Pef è stato tenuto fermo per 6 anni al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti negli uffici della Vigilanza autostradale allora guidati da Mauro Coletta.

I motivi di questa impasse non sono mai stati chiariti. Di certo mentre i Benetton sono stati sempre tratattati in guanti bianchi al ministero, il gruppo Toto ha avuto grandi difficoltà a instaurare un'interlocuzione passabile con la dirigenza ministeriale e con gli stessi ministri. Questa chiusura ha coinciso in larga parte con il periodo del governo di Matteo Renzi, tanto che c'è addirittura chi mette in relazione proprio le chiusure ministeriali con un altro episodio che coinvolge a livello giudiziario il gruppo abruzzese e cioè il versamento nelle casse di Open, la Fondazione di Renzi, di ingenti somme attraverso la società Renexia (che si occupa di energie rinnovabili).

Nell'aprile del 2017 il gruppo Toto è stato autorizzato con un decreto a fare manutenzione sui viadotti con un sistema di finanziamento sui generis, sospendendo il pagamento del canone di concessione di 55 milioni di euro l'anno all'Anas e dirottando quei soldi sui lavori. Il Pef però non è stato ancora approvato. Secondo il ministero guidato da Paola De Micheli (Ps) la mancata approvazione è dovuta al fatto che esso «non è in linea con le direttive europee sugli aiuti di stato per la parte che attiene alle risorse pubbliche per la messa in sicurezza antisismica». Nel frattempo il Parlamento ha approvato la nomina di un commissario per la gestione delle risorse pubbliche antisismiche e un secondo commissario è stato nominato dal Consiglio di Stato.

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