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Non solo Ilva, a Taranto la salute si svende anche in porto

Mentre il dragaggio, appaltato da anni, è bloccato, si approfitta del cosiddetto modello Genova. Così due milioni di metri di cubi di fanghi contaminati finiranno in una vasca che forse non tiene

  • Il dragaggio del porto di Taranto, appaltato nel 2014, è in ritardo di anni: il nuovo concessionario turco del terminal container potrebbe fuggire come fecero gli asiatici nel 2015 lasciando 500 persone sulla strada.
  • Il progetto di Astaldi ha problemi da subito ma l’Autorità portuale non ha mai rescisso il contratto malgrado i pareri di Rup e direzione lavori. Già dotato di poteri commissariali il presidente Prete si appiglia ora al Modello Genova istituzionalizzato dal Dl Semplificazioni.
  • Per fare in fretta, ci si piega ad Astaldi: si dragherà, si spenderanno 17 milioni non dovuti e 2 milioni di metri cubi di fanghi contaminati finiranno in una vasca che forse non tiene. Lo decide l’arbitrato veloce modello Genova, i cui arbitri non sono terzi.

Quanto accaduto al porto di Taranto sei anni fa, quando il gestore del terminal container se ne andò, rescindendo la concessione e lasciando oltre 500 persone senza lavoro, potrebbe ripetersi. Ma la via per sventare il pericolo, oltre a mostrare una delle tante aberrazioni dell’applicazione indiscriminata del "modello Genova", rischia di essere anche più spaventosa in una città già segnata, con Ilva, dal sacrificio di salute e ambiente ad un’industria senza regole. Dopo anni sugli scudi, nel

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