Nuove prove contro Hannoun. A destra parte lo sciacallaggio

«Gli argomenti del pm sono appena sufficienti per un’analisi politica del fenomeno e non appaiono così circostanziati da fondare una decisione giudiziaria». Era il 2006 quando il giudice del tribunale di Genova «aveva ritenuto che dalle indagini» della procura «non emergesse alcun diretto finanziamento» da parte di alcune associazioni di beneficenza nei confronti di Hamas. Allora per il gip «a nulla rilevava il fatto che l’attività umanitaria venisse svolta dagli indagati anche in favore di parenti di terroristi, posto che questi ultimi erano terzi estranei alle associazioni criminose». Oggi, a vent’anni di distanza, quell’inchiesta sul presunto giro di soldi, che sarebbe stato dirottato da «società benefiche» su organizzazioni criminali, sembra ripetersi. Con un epilogo diverso. «Dall’Italia fondi ad Hamas». L’inchiesta che piace a destra Lo dimostrano i nove arresti ordinati nel giorno di Santo Stefano ed eseguiti sabato – tra loro c’è anche il leader pro Pal Mohammad Hannoun – ma anche le parole del (nuovo) giudice delle indagini preliminari. Giudice che sposa appieno le tesi accusatorie dei magistrati liguri e di quelli della procura nazionale antimafia guidata da Giovanni Melillo: «Secondo la prospettazione accusatoria le più recenti indagini avrebbero permesso di formare un consistente quadro indiziario proprio in ordine alla appartenenza di alcuni degli indagati all’organizzazione terroristica e al suo finanziamento». Arresto di Hannoun, la destra si scaglia contro le piazze per Gaza e le opposizioni. «Propaganda indecente» I documenti Tradotto: alla base della «nuova richiesta di misura cautelare» ci sarebbero «elementi documentali che consentono di ritenere superate le perplessità». Tra questi tabulati e dossier che, come raccontato da Domani, deriverebbero da faldoni trasmessi all’Italia da Israele. Si tratterebbe di documenti «acquisiti dall’Idf nel corso di operazioni militari, come la Defensive Shields del 2000 e la Sword of Iron dopo i fatti del 7 ottobre 2023, nonché di atti extragiudiziali e prove raccolte da soggetti che non agiscono in qualità di forze dell’ordine (...) accompagnate da relazioni utili a confermarne l’autenticità». Sulla base del materiale, compreso quello frutto della cooperazione giudiziaria di Tel Aviv e dei servizi segreti, è dunque «innegabile – secondo il giudice – che il sostegno finanziario, anche se prestato con finalità benefiche, finisce al movimento terroristico». Nel provvedimento giudiziario, che ha portato al sequestro totale di 9 milioni di euro, sono presenti le tabelle con i movimenti bancari delle associazioni di beneficenza, anche quelle che fanno capo ad Hannoun il cui conto, in passato, è stato oggetto di segnalazioni sia dello Shin Bet sia del Tesoro degli Stati Uniti. Le tabelle parlano di finanziamenti alle «istituzioni» di Gaza e alla struttura «dei martiri e prigionieri d’Israele». Si legge che «il denaro portato all’estero in contante per conto dell’associazione di beneficenza potrebbe essere stato destinato almeno in parte all’organizzazione terroristica». Adesso gli inquirenti dovranno collegare con maggiore dettaglio i fondi raccolti in Italia alle azioni di Hamas di cui, sempre secondo le contestazioni, Hannoun farebbe parte. A provarlo sarebbero anche «le immagini contenute nel suo telefono che denotano quantomeno la condivisione dell’ideologia di Hamas». Oppure intercettazioni come quella registrata nella sua abitazione. «Nel prosieguo di un notiziario – si legge nelle carte – si sente la voce della premier Meloni che cita la resistenza domandando se si possa considerare tale Hamas». Così la moglie di Hannoun dice al marito: «Parla di te». «Hannoun è di Hamas». Così le associazioni benefiche finanziavano «attività militari terroristiche» Lo scontro politico Proprio la premier ha commentato con soddisfazione le indagini. Sul caso tutto il centrodestra è compatto. La vicecapogruppo di FdI alla Camera, Augusta Montaruli, ha detto che presenterà un esposto in procura per l’espulsione dell’imam di Torino Shahin che, non indagato, compare negli atti di Genova. Il nome di Shahin nelle carte è il pretesto utilizzato dalla Lega per attaccare il centro sociale Askatasuna sgomberato nei giorni scorsi: «Inquietante trovare nell’ordinanza il nome dell’imam Shahin, quello per cui i “pacifici okkupanti” di Askatasuna hanno deciso di devastare la sede della Stampa». L’inchiesta, alla faccia dei proclami di garantismo del centrodestra, si è subito spostata sul terreno politico. Anche sabato la maggioranza ha attaccato le opposizioni, con alcuni esponenti leghisti che hanno chiesto ai comuni di centrosinistra di revocare le onorificenze alla relatrice speciale Onu Francesca Albanese, rea di essere apparsa in foto insieme ad Hannoun. Per i meloniani è arrivato il momento di “capitalizzare” a livello politico, dopo due anni di manifestazioni in solidarietà di Gaza nei quali l’opinione pubblica ha criticato la “tolleranza” dell’esecutivo di fronte a ciò che accadeva nella Striscia. La deputata Sara Kelany (FdI), tra le proteste, ha chiesto un’informativa urgente al ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. «FdI da anni segnala la pericolosità di questo soggetto – ha detto la deputata – osannato da esponenti dell’opposizione». Giovanni Donzelli ha invece chiesto che a parlare sia il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, e ha attaccato la parlamentare M5s Stefania Ascari che è stata in passato vicino ad Hannoun. «Si tratta di menzogne deliberate, costruite per delegittimarmi», ha risposto lei. L’inchiesta intanto prosegue: gli indagati sarebbero oltre una ventina e potrebbero aumentare. Tra loro una serie di attivisti, tra cui la giornalista torinese Angela Lano. Da martedì gli interrogatori dei nove arrestati, di cui due risultano latitanti. Così le associazioni italiane finanziavano Hamas. Nove indagati, arrestato Hannoun