Ieri è arrivata la prima stretta anti Covid-19 decisa dal governo Draghi. Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge che proroga il divieto di spostamento tra regione fino dal 25 febbraio al 25 marzo e, inoltre, elimina la deroga al divieto di uscire dalla propria abitazione per fare visita a amici e parenti nelle zone rosse.

In quelle gialle, invece, si potranno continuare a fare visite a casa di conoscenti che risiedono all’interno della regione, in quelle arancioni sarà possibile visitare chi risiede nel proprio comune (i residenti di comuni con meno di 5mila abitanti situati in zona arancione potranno allontanarsi dal territorio comunale per un massimo di 30 chilometri). Le visite possono essere effettuate da un massimo di due persone, più eventuali minori o disabili a carico, una sola volta al giorno.

I numeri

La decisione è arrivata dopo che la scorsa settimana l’Istituto superiore di sanità ha confermato che l’epidemia è tornata a crescere, probabilmente anche a causa della circolazione delle nuove varianti più contagiosa del coronavirus.

Il peggioramento dell’epidemia è stato confermato anche dagli ultimi dati sul contagio. Lunedì sono stati registrati 9.630 nuovi casi, in netta crescita rispetto ai 7.351 della scorsa settimana. Era dall’11 gennaio che il lunedì non venivano registrati così tanti casi. Cresce anche il tasso di positività dei tamponi, arrivato al 5,6 per cento, il livello più alto da fine gennaio. I decessi registrati ieri sono stati 274.

A causa di questa situazione e della crescente diffusione delle varianti, sono in zona rossa l’intera provincia di Bolzano e decine di comuni in Abruzzo, Lazio, Lombardia, Umbria e Molise (in quest’ultima regione soltanto fino a ieri). Altre otto tra regioni e province autonome si trovano in zona arancione e tre sono state spostate venerdì scorso in seguito al peggioramento dei contagi rilevato nel bollettino settimanale dell’Iss.

Le regioni vogliono riaprire

Il Consiglio dei ministri di ieri non ha invece preso una decisione sul piano anti Covid presentato nei giorni scorsi dalla conferenza delle regioni, guidata da Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna.

Il documento è la sintesi delle posizioni dei presidenti di regione di centrosinistra (più rigoristi) e di quelli di centrodestra (più “aperturisti”) e consiste in una richiesta al governo di minori restrizioni e di aiuti più consistenti e rapidi per le persone colpite dalle misure di contenimento.

In particolare, il piano proposto chiede al governo di riconsiderare i criteri per stabilire il colore di una regione, dando più importanza al tasso di occupazione degli ospedali, piuttosto che al numero di contagi. Le regioni, chiedono anche di “superare” il sistema a fasce e di adottare restrizioni simili per tutto il paese, una richiesta che Bonaccini aveva già fatto a titolo personale in occasione dello spostamento in zona arancione della sua regione, avvenuto la scorsa settimana.

Continuità

In un’intervista pubblicata ieri, anche il ministro della Cultura Dario Franceschini ha parlato di possibili riaperture, in particolare quelle di cinema e teatri. Mentre comuni e diverse forze politiche, tra cui alcune forze di maggioranza, come la Lega, continuano a chiedere che siano consentite maggiori aperture a bar e ristoranti.

Per il momento, però, il governo non dà segni di essere pronto a consentire maggiori aperture in una fase di crescita dell'epidemia e di presenza di nuove varianti.

Oltre alla decisione di mantenere gli impianti sciistici, presa dal ministro della Salute Roberto Speranza d’accordo con il presidente del Consiglio Draghi, e quella di prorogare il divieto di spostamento tra regioni, il governo avrebbe allo studio anche una stretta dei criteri che determinano il passaggio da una fascia di rischio all’altra.

E rottura

Ieri il governo ha incontrato anche i rappresentati del Comitato tecnico scientifico, il principale organo di consulenza sulla gestione della pandemia. «Ci è stata chiesta attenzione particolare ai rapporti con la stampa, una moderazione nella esternazione delle nostre comunicazioni e niente di più», ha detto al termine della riunione il coordinatore del comitato, Agostino Miozzo, in passato criticato da alcuni per i suoi numerosi interventi su giornali e televisioni.

Anche sulla scuola il governo sembra avere le idee più chiare che in passato. Ai presidenti di regione che nell’incontro con il governo hanno detto di essere preoccupati per gli effetti del contagio, è stato risposto che tenere aperta la scuola per il presidente Draghi «è una priorità».

 

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