Offensiva in grande stile del Partito democratico che manda segnali inequivocabili ai Cinque stelle ma anche al centrodestra. A Stefano Cappellini di Repubblica parla il segretario Enrico Letta. Dice: «Mario Draghi va comunque protetto e tutelato per il bene del paese». E poi aggiunge che per eleggere il nuovo capo dello stato: «Ci può essere una maggioranza più larga, non più stretta, altrimenti il governo cadrebbe». E quando gli viene chiesto chi potrebbe sostituire Draghi a palazzo Chigi, nel caso fosse eletto presidente della repubblica risponde: «Servirebbe una sorta di doppia elezione, un accordo contestuale anche sul nome del sostituto».

Giuseppe Provenzano è più esplicito nel chiedere lealtà agli alleati Cinque stelle quando dice a Maria Teresa Meli sul Corriere: «Sarebbe inimmaginabile portare avanti un’alleanza politica che si rompe sul Quirinale. Noi siamo il primo partito del campo progressista, i Cinque stelle hanno la rappresentanza parlamentare più ampia. È utile a tutti che il patto regga. E reggerà».

Con Angelo Picariello di Avvenire si confida Rosy Bindi, che pure era sembrata critica verso Draghi al Colle: «Ho sempre ritenuto che dovesse restare al governo, ma di fronte al rischio di una spaccatura tifo perché faccia il capo dello stato. Fondamentale che il mondo per sette anni abbia la certezza che lui c'è».

Nei giorni scorsi era corso questo pettegolezzo in transatlantico: un anonimo grande elettore dei Cinque stelle aveva assicurato Silvio Berlusconi che diversi grillini lo avrebbero votato nel segreto delle urne. Per poi dare la colpa al Pd, in caso di successo.

Con un Silvio Berlusconi eletto così, ci si libererebbe in un colpo solo di Mario Draghi, di Enrico Letta e forse anche di Giuseppe Conte. Che cosa desiderare di più dalla vita? Ieri alcuni dem definivano queste voci “casalinate” che finiscono sui giornali ma che non hanno la sostanza della vera posizione politica. E comunque, nel caso, la risposta è arrivata.

Il messaggio a reti unificate

Siamo arrivati alla vigilia del gran giorno. Il 31 dicembre il capo dello stato Sergio Mattarella rivolgerà un discorso di san Silvestro quanto mai importante. Non solo perché coincide con la fine del suo settennato, ma perché tutti si aspettano di valutare ogni sua parola in chiave di successione. I giornali, già da un paio di giorni, traggono bilanci, ricordano i precedenti, immaginano i possibili contenuti.

D’altra parte sono rimasti solo Quirinale e Vaticano ad avere cronisti specializzati nell’interpretazione e spiegazione delle parole pronunciate. Oggi Stefano Folli su Repubblica, che non ha mai fatto mistero di sperare in un mandato bis di Mattarella, sintetizza la paura dei partiti per la salita di Mario Draghi al Colle così: vogliono «evitare sette anni di governi del presidente». Se alla fine Mattarella cedesse alle ovazioni della Scala e del Maggio fiorentino, che gli hanno chiesto il bis, risolverebbe un sacco di problemi ai leader di partito. Ma certo lui se ne creerebbe qualcuno.

Tamponi a Montecitorio

L’alfa e l’omega del voto al Quirinale passano da Omicron. Ieri Clemente Mastella ha posto una questione: se un grande elettore è positivo, che cosa si fa? Lo si lascia a casa? Ed esce dal computo? I costituzionalisti spiegano che la cifra del quorum non può essere toccata. Lo ha ribadito Gaetano Azzariti, mentre è stato per ora inascoltato il costituzionalista Stefano Ceccanti, che farebbe votare a distanza.

Ma forse il presidente della Camera Roberto Fico e gli uffici di Montecitorio fanno ancora in tempo a studiare delle soluzioni alternative. O no?

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