Il tribunale di Como ha ordinato al cardinale di risarcire 40mila euro a don Perlasca e Ciferri. Becciu finora si era rifiutato ritenendo che la sentenza non rispettasse l’ordinamento canonico. Ma ha perso la causa
Fumata nera per il cardinale Angelo Becciu. Il porporato, allontanato dalla guida della Congregazione dei Santi e dalle sue relative funzioni sotto il pontificato di Francesco, dovrà pagare quanto stabilito da una vecchia sentenza del tribunale civile di Como al monsignor Alberto Perlasca e, di conseguenza, a una sua vecchia conoscenza: la signora Genoveffa Ciferri. Lo ha deciso, l’8 gennaio scorso, la corte d’appello del tribunale vaticano, anche a seguito del parere positivo del promotore di giustizia della Santa sede Alessandro Diddi. Si tratta di 40mila euro, a cui è possibile vengano aggiunte altre more.
La sentenza
«La corte di appello», si legge nella pronuncia, «riconosce efficacia ed attribuisce forza esecutiva in questo Stato alla sentenza del tribunale di Como del 10 novembre 2022». Il tribunale di Como come è noto aveva condannato il cardinale a risarcire l’ex capo dell’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato e la sua amica, che in tempi non sospetti aveva denunciato Becciu anticipandogli che sarebbe stato “scardinalato”.
Il motivo è semplice: il porporato «abusò dello strumento processuale» nella causa intentata contro i due per danno non patrimoniale da reato. Un’istanza che i giudici hanno rigettato per l’appunto, condannando Becciu a rifondere le spese processuali a Perlasca, testimone chiave nel processo su Sloane Avenue, e a Ciferri (oltre 20 mila euro ciascuno).
Una «sentenza», scrive neanche due mesi fa la corte d’appello vaticana, «che ha acquisito in Italia forza di cosa giudicata come emerge dalla formula esecutiva apposta dal cancellerie del tribunale di Como il 13 dicembre 2022. La parte convenuta», si legge ancora, «non ha contestato quanto dichiarato sul punto dal patrocinio dell’attore, ovvero che la sentenza non è stata impugnata ed è diventata definitiva». E ancora: «La sentenza proviene pacificamente da un tribunale della Repubblica italiana, Stato riconosciuto dalla Santa Sede, e più precisamente dal tribunale civile di Como in Lombardia».
Dal punto di vista giuridico la sentenza crea un precedente importante in Vaticano: Becciu finora non aveva dato seguito alla decisione dei giudici italiani perché la riteneva – da cittadino d’Oltretevere – non «compatibile con il carattere della responsabilità penale propria dell’ordinamento canonico» che vige in Vaticano. Ma i giudici ora negano che alcun canone sia stato violato ordinando così di pagare Perlasca: il credito di Ciferri è stato infatti ceduto all’amico monsignore già a maggio 2024.
Dall’entourage di Becciu spiegano che l’ingiunzione di pagamento non sarebbe ancora arrivata. E, soprattutto, che i suoi conti allo Ior sono ancora bloccati. «Anche volendo, come potrebbe pagare dunque?», riflettono fonti a lui vicine.
Tradotto: anche se il Vaticano “ordina” a Becciu di pagare, a causa della condanna dell’ex Sostituto alla segreteria di Stato nell’ambito del processo sul palazzo di Londra, i suoi conti risulterebbero «congelati e inaccessibili». «Su quella condanna c’è l’appello in corso. Siamo ancora sotto giudizio vaticano», aggiungono.
Difficile che il cardinale riesca ancora a evitare di pagare Perlasca. L’hanno ordinato i giudici italiani tre anni fa, lo ordinano ora quelli della Santa Sede. A nulla valgono, a fronte di entrambe le decisioni, le “opposizioni” di Becciu che, come si legge negli atti, ha parlato di sentenza (in riferimento a quella di Como) «contraria ai principi del diritto divino e di conseguenza all’ordine pubblico».
Libri e sentenze
Intanto il cardinale (che spera di entrare in un eventuale futuro conclave nonostante la decisione del papa di levargli ogni diritto cardinalizio) ha incontrato il pubblico: l’ha fatto negli spazi del Senato, nell’ambito di un’iniziativa del senatore forzista Maurizio Gasparri, per la presentazione di un libro che lo vede protagonista. Il titolo del volume di Mario Nanni è Il caso Becciu. (In)Giustizia in Vaticano.
Le sentenze sul palazzo londinese che segnalano come la compravendita dell’immobile fu una «operazione estremamente rischiosa e incompatibile con l’atteggiamento sempre doverosamente prudente tenuto dall’investitore» non hanno mai convinto i suoi sostenitori. Che mettono in dubbio anche la condanna in merito ai finanziamenti elargiti dalla Segreteria di Stato alla cooperativa del fratello di Becciu, Antonino.
«Salvo non si tratti di un affare di infima importanza, i beni ecclesiastici non devono essere venduti o locati ai propri amministratori o ai loro parenti fino al quarto grado di consanguineità o di affinità senza una speciale licenza data per iscritto dall’autorità competente», si legge nella decisione dei giudici vaticani.
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