Impunità, protezione di uomini vicini al potere e negligenza: sono i tre fattori che hanno svolto un ruolo cruciale nell’assassinio della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia. È quanto emerge da un’inchiesta di 437 pagine pubblicata giovedì e a cui hanno lavorato tre giudici maltesi: Michael Mallia, Joseph Said Pullicino e Abigail Lofaro. Il contenuto del rapporto è chiaro: «Si è creata un’atmosfera di impunità, generata dalle più alte sfere dell’amministrazione all’interno della Castiglia, i cui tentacoli si sono poi estesi ad altre istituzioni, come la polizia e le autorità di regolamentazione, portando a un crollo dello stato di diritto».

Una constatazione che ha suscitato lo sdegno della popolazione e della società civile che dopo la pubblicazione del rapporto si è ritrovata davanti la sede del governo in segno di protesta. “Mafia state” e “Giustizia” sono le scritte più frequenti nei cartelli imbracciati dai maltesi. L’imbarazzo ha colpito in pieno il governo e il partito laburista che è al potere dal 2013. Nella mattinata di venerdì il primo ministro Robert Abela ha annunciato le sue scuse davanti al parlamento, affermando che da quando è entrato in carica a gennaio 2020 la situazione è migliorata notevolmente. «Sono il primo ministro di un paese che vuole andare avanti. Voglio dare alla gente una svolta positiva. Impareremo dai nostri errori, ma continueremo ad andare avanti» ha detto Abela. Sulla questione è intervenuto anche il presidente della Repubblica, George Vella, che ha chiesto al governo e al parlamento di adottare le raccomandazioni pubblicate dai giudici nello scottante documento. «Accettiamo le scuse – dice Paul – ma sono sicuro che debbano essere rivolte a tutto il paese, perché ha subito un grande trauma». Un trauma che si manifesta concretamente nella via centrale di La Valletta dove è ancora vivo il memoriale in onore di sua madre, situato davanti il palazzo di giustizia. I passanti gli rendono omaggio accendendo delle candele o posando un mazzo di fiori sulla piccola scalinata, mentre c’è chi più volte ha tentato di vandalizzarlo in passato.

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L’impunità

Sebbene non c’è alcuna evidenza di un coinvolgimento diretto di membri delle istituzioni maltesi nell’omicidio della giornalista investigativa, i tre giudici sottolineano che il governo non ha considerato i rischi reali alla sua incolumità e non ha preso provvedimenti per proteggerla. Il risultato di questa inazione statale è che gli assassini che hanno piazzato la bomba nell’automobile di Daphne Caruana Galizia, esplosa sotto casa sua il 16 ottobre del 2017, hanno agito in un clima favorevole tantoché si sentivano protetti da uomini vicini al potere. «I rischi alla propria vita erano palesi a tutti tranne alle autorità nazionali» ha detto ieri Paul Caruana Galizia, uno dei figli della giornalista durante un briefing con i media. «La pubblicazione dell’inchiesta è un importante passo avanti che restituisce a mia madre la sua umanità e incolpa la propaganda politica di quegli anni».

Dal 2013, infatti, il governo dell’allora primo ministro Joseph Muscat ha preso di mira e ha attaccato più volte la giornalista maltese che attraverso le sue inchieste ha denunciato il sistema corruttivo in cui vari membri dell’esecutivo di centro sinistra erano implicati. Caruana Galizia era diventata l’unica vera opposizione nel paese, come affermato dallo stesso Muscat, ma l’apice dello scontro tra il governo e la reporter è avvenuto nel 2016. La pubblicazione dei Panama Papers ha rivelato importanti legami illeciti tra il mondo politico e quello imprenditoriale dell’isola: conti offshore, tangenti e appalti pubblici sono finiti nel mirino della magistratura che da anni indaga tra i corridori delle istituzioni maltesi. Erano affari da tenere lontano dai giornalisti e che hanno portato, si legge chiaro nel rapporto, anche all’uccisione di Daphne Caruana Galizia.

I relatori dell’inchiesta hanno criticato duramente anche le indagini degli investigatori per aver subito continui rallentamenti e depistaggi. «All’epoca la polizia, sotto il commissario Lawrence Cutajar, non fece quasi nulla. Certamente non hanno fatto quello che avrebbero dovuto fare» si legge infatti nel documento. Soltanto grazie alla confessione di importanti testimoni si è riusciti a costruire la dinamica dell’omicidio e ad arrestare noti esponenti della malavita maltese accusati di aver fornito l’esplosivo, alcuni dei quali hanno avuto in passato legami con il clan Santapaola di Catania. Una svolta alle indagini è arrivata nell’autunno del 2019 dopo che l’intermediario dell’omicidio, un tassista di nome Melvin Theuma, ha individuato il magnate Yorgen Fenech come il mandante dell’assassinio della giornalista dopo alcuni suoi articoli sulla 17 Black, una società di sua proprietà. Secondo Daphne Caruana Galizia, la 17 Black, registrata a Dubai, sarebbe stata il mezzo attraverso cui Fenech versava delle tangenti milionarie a due società offshore di Panama di proprietà di Keith Schembri e Konrad Mizzi, che all’epoca dei fatti erano rispettivamente il capo di gabinetto di Muscat e il ministro dell’Energia. Fenech è stato arrestato mentre era in fuga a bordo del suo Yatch, ma ha sempre respinto le accuse.

La necessità di riforme

Il rapporto scritto dai giudici restituisce anche un quadro drammatico sullo stato di salute della democrazia del piccolo stato europeo, puntando il dito, ancora una volta, contro le istituzioni per essere state incapaci di tutelare e difendere la libertà di stampa. «Lo stato ha l’obbligo di difendere in ogni modo possibile la vita dei giornalisti e il diritto fondamentale alla libertà di parola, anche quando un giornalista esprime opinioni dure contro il governo» si legge tra le pagine. Non è un caso, infatti, se molti giornalisti negli anni hanno preferito non firmare le loro inchieste e hanno ricorso spesso all’anonimato. Ora, però, è giunto il momento di implementare le raccomandazioni fornite dal rapporto attraverso nuove riforme governative per avere una maggiore trasparenza tra legami politici e imprenditoriali. «Il modo migliore per onorare mia madre è essere trasparenti e implementare in maniera completa e indipendente le riforme chieste dal rapporto» ha affermato Paul Caruana Galizia che ha anche ringraziato la società civile per la mobilitazione nel chiedere verità e giustizia. Ma la strada è ancora lunga, sebbene gli esecutori materiali dell’omicidio (Vince Muscat e i fratelli George e Alfred Degiorgio) e il loro intermediario sono in carcere, i mandanti politici sono ancora a piede libero. «Ci sono ancora persone che devono essere ritenute responsabili per le loro azioni» ha concluso Paul, indirizzando il messaggio ai ministri del vecchio esecutivo che dopo la pubblicazione del rapporto hanno preferito non commentare la notizia.

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