I magistrati hanno chiesto il processo per la regina delle influencer. La prima udienza per decidere la sua sorte è il 23 settembre. Con lei rischia anche l’ad di Balocco. Il caso nato dalle inchieste di Domani
Lo schema era semplice e funzionava più o meno così: Chiara Ferragni aveva scelto di collaborare con Balocco e sponsorizzare i suoi pandori con l’apparente promessa di un ricavato che sarebbe andato in beneficenza. I dolci brandizzati dalla regina delle influencer costavano il triplo del normale, ma per molti sembravano soldi spesi per una giusta causa. Meccanismo identico per le uova di pasqua Dolci Preziosi.
Peccato che Balocco avesse effettuato un versamento di 50 mila euro all’ospedale Regina Margherita di Torino già il 2 maggio del 2022, prova che, scrivono i pm, «nessun correlazione sussisteva tra tale pagamento e i profitti derivanti dalla vendita del prodotto». Fin qui la storia è nota. Era stata Selvaggia Lucarelli a far esplodere il caso dopo alcuni articoli scritti su Domani.
Ora Chiara Ferragni rischia seriamente di finire a processo per truffa aggravata, dopo che la procura di Milano le ha notificato un decreto di citazione diretta a giudizio. L’udienza predibattimentale si aprirà il prossimo 23 settembre e dopo si deciderà se si finirà a dibattimento oppure no.
Con lei sono imputati il suo ex collaboratore Fabio Damato, Alessandra Balocco, ad dell’azienda dolciaria, e Francesco Cannillo, presidente di Cerealitalia-ID che dal 2018 controlla Dolci Preziosi. «Sono serena e ancora più determinata», ha commentato l’influencer, «certa che la mia innocenza verrà pienamente dimostrata».
«Ingiusto profitto»
I pm di Milano Eugenio Fusco e Cristian Barilli hanno ribadito le conclusioni a cui erano arrivati a ottobre a chiusura indagini. La procura contesta a Ferragni & Co di aver indotto «in errore un numero imprecisato di acquirenti» tramite «informazioni fuorvianti». Grazie a questa campagna pubblicitaria, che lasciava intendere un collegamento tra l’acquisto del pandoro e il contributo alla raccolta fondi, l’imprenditrice si procurava un «ingiusto profitto».
I guadagni sono a sei zeri, più di due milioni, a cui vanno aggiunti i benefici «da ritorno d’immagine». Le società di Ferragni hanno incassato oltre un milione di euro per pubblicizzare su Instagram l’iniziativa legata al pandoro Pink Christmas, mentre per le uova di Pasqua hanno ricevuto 400 mila euro nel 2021 e 750 mila nel 2022.
Sono innanzitutto le formule pubblicitarie a illudere i consumatori: «Il pandoro di Chiara Ferragni per sostenere l’ospedale Regina Margherita di Torino» o, nel caso delle uova, «Chiara Ferragni partecipa, anche quest’anno, all’iniziativa di Dolci Preziosi e dell’azienda Cerealitalia a sostegno dell’impresa sociale I Bambini delle Fate». Non solo: anche il costo, «9,37 euro per confezione, a fronte di circa 3,68 del Pandoro Balocco tradizionale», contribuiva a rafforzare «la convinzione che la differenza di prezzo andasse a beneficio dell’ospedale».
Ma i 50 mila euro versati erano indipendenti rispetto alle vendite, attestate ad «almeno 362.577» pandori. E nel caso delle uova di pasqua veniva omesso «di riferire che, contrariamente al messaggio promozionale, Cerealitalia-ID Spa (…) si impegnava a corrispondere l’importo di duemila euro mensili a favore dell’impresa sociale I Bambini delle Fate (…)». Anche qui, senza alcun legame tra il pagamento e i profitti delle vendite ma con un denominatore comune: in entrambe le situazioni Ferragni non ha versato niente di tasca propria.
L’accordo con l’Antitrust
Sia i legali di Ferragni che quelli di Balocco si sono detti «stupiti» dalla scelta della procura e hanno insistito entrambi sulla «remissione della querela» da parte del Codacons, contestando la procedibilità della presunta truffa. Lo scorso dicembre l’associazione dei consumatori ha infatti trovato un accordo con l’influencer, che si è impegnata a donare 200 mila euro a favore di un ente per le donne vittime di violenza e a risarcire con 150 euro i 300 acquirenti danneggiati, in cambio del ritiro della denuncia. Ma per i pm sussiste l’aggravante della «minorata difesa» e per questo – perché la truffa aggravata, rispetto a quella semplice, è procedibile d’ufficio – hanno comunque citato a giudizio l’influencer e gli altri coimputati.
C’era poi un altro capitolo, quello civile, risolto da Ferragni lo scorso luglio quando ha scelto di rinunciare al ricorso e quindi di pagare la multa (lei preferisce parlare di «donazione») da 1,2 milioni di euro inflitta dall’Antitrust per «pubblicità ingannevole» e destinarla a «I bambini delle fate». Sorte diversa per Balocco che ha scelto comunque di impugnare la sanzione di 420 mila euro.
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